SISTEMA AGROALIMENTARE UN PATRIMONIO DI CIBO
Centinaia di prodotti tradizionali e varietà vegetali a marchio Igp, Dop e Doc Un’eccellenza che era in crescita (+1,7% nel 2019) e che ora prova a risollevarsi
Potrebbe essere un elenco senza fine: le olive Bella di Cerignola, la burrata di Andria, la patata novella di Galatina, il pane di Altamura, la focaccia barese, il caciocavallo silano. Il «sistema periodico» dell’agroalimentare pugliese può contare su 623 specie autoctone vegetali a rischio di estinzione, 276 prodotti riconosciuti tradizionali dal Mipaf, 11 prodotti Dop, 9 Igp, 29 vini Doc e 6 Igp, oltre a 632 varietà vegetali anche queste a rischio. Ma attorno a ognuno di questi elementi, come nel romanzo di Primo Levi («Il sistema periodico»), ogni pugliese sarebbe in grado di raccontare una storia diversa fatta di ricordi, tradizioni, abitudini familiari.
Perché l’agroalimentare pugliese questo è: una storia a sé, un «enorme patrimonio» come lo definisce Coldiretti Puglia che registra sul territorio anche 245mila ettari di aree naturali protette, di cui il 75,8% rappresentato da parchi nazionali – del Gargano e dell’alta Murgia – e l’8,3% da aree naturali e riserve naturali marine. Oltre ad essere tra le prime 3 regioni produttrici di cibo biologico con 4.803 produttori. Le provincie che presentano la più alta percentuale di territorio soggetta a protezione sono quella di Foggia (51,5%) e Bari (27,7%) ed è in questi luoghi protetti che la varietà vegetale comprende 2.500 specie. Non si può parlare della Puglia senza parlare dell’agroalimentare e del «U sgranatorie de le barìse», per citare Alfredo Giovine e Alessandra Minervini che lo ha ricordato nella sua guida, appena pubblicata («Bari, una guida», Odos editore), dove a cibo e vino viene riservato un posto d’onore: tielle, frise, latticini, scamorze, rape, fave e cicorie, cialde, taralli, panzerotti, Primitivo di Manduria, Fiano pugliese, olio extravergine. Si parla di Bari per parlare della Puglia che nel 2019 ha esportato prodotti per oltre 2 miliardi di euro. Il valore delle produzioni agricole l’anno scorso è tornato a crescere del 22% rispetto al 2018, principalmente grazie al recupero della filiera olivicola e olearia, dopo le gelate dell’anno prima con un aumento del 128%. Ma ovviamente l’emergenza del Coronavirus ha avuto i suoi effetti con i magazzini di stoccaggio pugliesi pieni di oltre 70 milioni di litri di olio extravergine di oliva (+128% rispetto all’anno scorso). La regione infatti ha un patrimonio di 60 milioni di ulivi su una superficie di 383 mila ettari, con la cosiddetta PLV (Produzione Lorda Vendibile) del comparto olivicolooleario pari al 20% della totale PLV del settore agricolo totale.
L’annata
Il 2019 era stata una buona annata con il valore aggiunto dell’agroalimentare che, in base ai dati Istat, aveva registrato una crescita dell’1,7% insieme all’aumento delle principali produzioni agricole regionali. All’incremento della produzione di olive e olio alimentare, si era aggiunto anche quello della produzione di cereali, grazie all’andamento positivo di frumento, orzo, avena. Aumentata anche la produzione di uva da tavola. Poi però è arrivato il Covid a cui si sono aggiunti gli effetti delle improvvise gelate di aprile e della successiva siccità che da mesi asseta ad esempio il Foggiano, zona dove viene prodotta la maggior parte del grano italiano. Le perdite sono notevoli e non solo per il grano: perso un frutto su tre con il crollo dei raccolti fino al 90% delle ciliegie primizie e della «Ferrovia», ma anche dalle pesche alle nettarine (-28%) fino alle albicocche
(-58%), ed un rincaro dei prezzi al consumo. Gli agricoltori cercano di difendersi con le reti di copertura, con le coltivazioni in serra e con la manutenzione di terreni e canali e serre ma spesso ormai la furia delle tempeste è così violenta da far esplodere le protezioni, distruggere frutta e ortaggi e gonfiare d’acqua i terreni provocando pericolosi smottamenti. E così la Puglia convive da sempre con un vero e proprio paradosso idrico: da un lato è dilaniata dalla siccità e dall’altro è colpita da alluvioni e piogge torrenziali, con l’aggravante che l’acqua non viene riutilizzata a fini irrigui, a causa della carenza e in alcune aree mancanza di infrastrutture ad hoc. Un altro male dell’agroalimentare pugliese è la malavita: «la Puglia è al terzo posto della classifica nazionale, con un livello di infiltrazione criminale pari all’1,31» ha fotografato Coldiretti che ha messo l’accento sul fenomeno delle agromafie, aumentate negli ultimi anni in particolar modo a Bari (all’1,39%), Taranto (1,30%) e Barletta-andria-trani (1,27%). «L’agroalimentare è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della malavita — ha spiegato Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia — che ne comprende la strategicità perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile. La Puglia è una regione a forte vocazione agricola ed è per questo che il business delle agromafie è divenuto particolarmente appetibile».
Miliardi Il valore dell’export dei prodotti pugliesi durante il 2019
Specie a rischio