Le monete dei Savoia riportano le aste in sala
Giovedì e venerdì da Bolaffi
Con l’asta Bolaffi (www.astebolaffi.it) di giovedì 9 e venerdì 10 luglio le monete tornano ad essere battute in sala. Diversificate le proposte, anche se tra i poco più di 1.500 lotti, molti splendenti d’oro, quelli più «pesanti» sono riconducibili alla monetazione dei Savoia, con punte particolari per i re d’italia.
È questo il caso delle 100 lire che Umberto I mandò a battere a Roma nel 1880, in soli 145 esemplari, che viene proposta a 40 mila euro. Un po’ meno dei 45 mila che un esemplare quasi in fior di conio, com’era al momento in cui lasciò la Zecca, realizzò in un’asta nel 2018. Al pari di altre monete dei Savoia, anche in questa c’è un preciso richiamo all’annunciazione, attraverso il Collare dell’annunciata, la massima onorificenza fra quelle che questi sovrani attribuivano.
All’arcangelo Gabriele che annuncia la divina maternità a Maria, è dedicato l’intero rovescio dello zecchino di Carlo Emanuele III del 1744, proposto a 1.500 euro. Ma anche sulla moneta che Carlo d’angiò introdusse a Napoli nel 1266-1285, battezzandola «saluto». Tre gli esemplari d’oro, presenti nella vendita, tutti stimati 1.000 euro. Quella d’argento è valutata 50 euro.
Oltre che nelle monete d’oro dei re d’italia, lo stemma dei Savoia è presente anche in quelle d’argento. Come le 5 lire coniate da Vittorio Emanuele I in varie zecche tricolori dal 1861 al 1878. Considerato che si tratta di un esemplare in conservazione eccezionale, per questa bella moneta coniata a Roma nel 1872, l’incanto torinese accetta offerte a partire da 6 mila euro. Esemplari più o meno vissuti si possono avere a molto meno. Difatti la stessa moneta, millesimata però 1875, è valutata 350 euro. La sua conservazione è però «Spl», splendida, che tradotto significa che, sia pure in modo limitato, la moneta ha circolato e presenta lievi usure. Cercando di uscire dalla crisi economica, nel 1866, quattro anni prima della breccia di Porta Pia, Pio XI decise di abbandonare il vecchio sistema monetario facendo proprio quello decimale che lo portò a coniare monete d’oro da 5, 10, 20 e 50 e 100 lire, ad immagini uniche e piuttosto sbrigative: il profilo del Pontefice e al retro, l’indicazione del valore nominale racchiuso da rami di lauro e di quercia. L’incanto propone vari nominali. Quelli riferiti alle 100 lire sia del 1866 che del 1869, sono di 4 mila euro.
Un tocco di romanità viene dall’aureo di Faustina minore, la figlia di Antonino Pio e di Faustina maggiore. Al retro è raffigurata una colomba. Le palette potranno alzarsi da 10 mila euro.