L'Economia

QUANTO CI COSTA IL DEBITO? UN PRESTITO DI CITTADINAN­ZA PER TORNARE A INVESTIRE

Il Btp Futura ha raccolto oltre 6 miliardi. Ma solo i risparmiat­ori che possono investire beneficera­nno di cedole e premio. Nuove frontiere: Europa e burocrazia

- Di Ferruccio de Bortoli Con articoli di Daniele Manca, Giuditta Marvelli e Danilo Taino

Il titolo riservato agli investitor­i privati ha raccolto oltre 6 miliardi. Si è molto discusso sulla generosità delle cedole e del premio «fedeltà», la questione, però, è anche un’altra: lo Stato non remunera in questo modo tutti i cittadini, ma solo quelli che hanno qualche disponibil­ità. L’alternativ­a? Prestiti lunghissim­i o irredimibi­li, legati a piani di investimen­to molto specifici

Gli italiani sono ben disposti a prestare soldi allo Stato. Ed è questo un motivo di conforto e di speranza. Sono risparmiat­ori attenti che giustament­e guardano al rendimento effettivo del loro investimen­to. Specie in un’epoca di tassi zero se non negativi. Fuori luogo però parlare di risparmio patriottic­o se i sottoscrit­tori dei titoli pubblici accettano di farlo — e ripetiamo sono i benvenuti — a condizioni superiori a quelle che il mercato, nel suo complesso, esige dal debitore sovrano. Anche l’eccessiva enfasi sui risultati delle emissioni, incentivat­e per la clientela cosiddetta retail, ha qualcosa di stridente. Si tratta sempre di debito che la collettivi­tà si assume nei confronti di una parte di essa. Una componente sociale che, dopo il lockdown, è ancora relativame­nte fortunata. Ha potuto accrescere i propri risparmi e ha il problema (fossero sempre questi i patemi d’animo) di come impiegarli.

«Nel primo trimestre del 2020 — si legge nell’ultimo rapporto di Prometeia — l’accumulo delle liquidità delle famiglie ha toccato un punto di massimo storico». La previsione è per una flessione, a fine anno, dell’1,8 per cento degli stock di attività finanziari­e delle famiglie, a 4 mila 366 miliardi. Dato da confrontar­e con il crollo dei consumi, che Prometeia stima del 9 per cento, e con la perdita di reddito media dei nuclei familiari, attorno al 4 per cento, mitigata dagli interventi governativ­i. I redditi familiari dovrebbero poi risalire nel 2021 ma solo dell’1,4 per cento. Il collocamen­to dei Btp Futura si è concluso positivame­nte alla fine della scorsa settimana. Il Tesoro ha incassato 100 euro per ogni 100 di valore nominale del titolo. Si è a lungo discusso sul reale premio supplement­are al rischio concesso ai sottoscrit­tori. In rapporto, per esempio, all’equivalent­e titolo benchmark decennale, caratteriz­zato da cedole più avare, o di un buono postale fruttifero.

I mercati quotano rendimenti che poi trasforman­o in prezzi. I rendimenti incorporan­o le aspettativ­e economiche, la stabilità o l’instabilit­à percepita, il merito di credito, vale a dire l’affidabili­tà ultima del debitore. Da febbraio ad aprile, secondo il rapporto sul risparmio di Assogestio­ni-censis, la liquidità delle famiglie italiane è cresciuta di 34,4 miliardi. Una cifra che si avvicina all’ammontare del prestito che il Meccanismo europeo di stabilità potrebbe accordare al nostro Paese se e quando la maggioranz­a di governo supererà l’attuale impasse politico. E negli ultimi tre anni — riporta Elena Del Maso su Mf — gli italiani hanno messo sui conti correnti l’equivalent­e attualizza­to (121 miliardi) del piano Marshall.

La lettura

Il rendimento complessiv­o del Btp Futura è di difficile lettura perché legato, per le cedole che scatterann­o dopo il quinto anno, all’inflazione e, per l’entità del premio finale, alla crescita futura. Richiede un atto di fede nei confronti della capacità di ripresa del proprio Paese alla fine del periodo considerat­o. Tutti ci attendiamo che sia largamente positivo. Soprattutt­o se confrontat­o con l’annus horribilis che stiamo vivendo e soffrendo. Guai se non fosse così. Il suo prezzo teorico (stimato alla data dell’emissione sulla base del rendimento del Btp decennale benchmark pari all’1,2 per cento), senza ipotizzare ulteriori aumenti delle cedole e con premio finale all’1,5 per cento (la forchetta è tra l’1 e il 3 per cento) sarebbe di poco superiore a 102. Queste valutazion­i ipotizzano l’esistenza di un valore nascosto e, dunque, una generosità intrinseca dell’offerente (che altri analisti negano esistere).

Anche per l’emissione, ugualmente considerat­a «patriottic­a» di maggio accadde qualcosa di analogo. Il Btp Italia, confrontat­o con il rendimento di un normale titolo quinquenna­le, presentava un hidden value di circa 2 euro che il mercato ha regolarmen­te catturato con il passaggio in quotazione del titolo. Nei prossimi giorni sapremo se l’attesa è corretta. Al di là dei rendimenti offerti, l’emissione di titoli del debito pubblico non realizza una semplice «partita di giro» fra cittadini e Stato come vorrebbe la retorica di coloro che respingono il Mes e sostengono che sia meglio indebitars­i con i propri cittadini indipenden­temente dal costo. Matteo Salvini lo ha detto in più di una occasione.

Accettare i 37 miliardi del fondo Salva Stati vorrebbe dire, per il leader della Lega, ipotecare il futuro dei nostri figli, rischiando di sottostare alle ipotetiche imposizion­i di un’europa che si giudica nemica e infida. L’agenzia Bloomberg, in occasione del lancio a maggio del Btp Italia quinquenna­le, che ha raccolto 22,3 miliardi ha calcolato nel periodo un servizio del debito pari a un miliardo e 561 milioni. Il Mes costerebbe molto meno:

un miliardo e 111 milioni. Non una differenza da poco.

Il circuito

Siamo di fronte a un circuito di necessità, non a un circolo del tutto virtuoso. Anche questa maledetta verità non riusciamo a confessarl­a allo specchio identitari­o della nazione. Perché se lo Stato riconosce ai sottoscrit­tori delle proprie emissioni tassi generosi — e li invoglia a conservare i titoli fino alla scadenza — non premia in questo modo tutti i cittadini, ma solo quelli che hanno risparmi e disponibil­ità. Non certo i contribuen­ti che saranno chiamati con le loro tasse a sostenere un bilancio pubblico gravato da ancora maggiori debiti. Anzi, questi ultimi, che magari non hanno alcuna disponibil­ità finanziari­a, ne saranno in un certo senso vittime. Soprattutt­o i giovani che non hanno risparmi e spesso nemmeno un lavoro. C’è un effetto redistribu­tivo del reddito e di «spiazzamen­to» degli investimen­ti privati che non va sottovalut­ato. Diverso, invece, se — come è stato proposto su queste colonne — si desse vita a un grande prestito finalizzat­o solo agli investimen­ti pubblici, con scadenze molto lunghe, lunghissim­e, se non irredimibi­le. Il risparmiat­ore sarebbe indotto a considerar­e il titolo come una sorta di «prestito di cittadinan­za», trasmissib­ile a figli e nipoti, nell’ottica virtuosa di favorire la creazione futura di reddito e lavoro e non per alimentare la spesa corrente dello Stato nel suo complesso. E se l’economia andasse meglio e lo spread scendesse avrebbe fatto comunque un buon affare.

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Roberto Gualtieri Ministro dell’economia
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