L'Economia

VACCINI E RICERCA CHI VINCE PRENDE TUTTO (MA DEVE SPENDERE)

L’impatto della pandemia sui motori di ricerca: l’analisi di Datrix. L’impatto violentiss­imo del Covid in tutti i Paesi occidental­i

- Di Federico Fubini e Alberto Mingardi

Vorrà dire pur qualcosa delle differenze sociali fra Italia e Stati Uniti il fatto che nel pieno della clausura da coronaviru­s gli abitanti dei due Paesi sembrano essersi comportati in modi profondame­nte diversi. Vorrà dire qualcosa, se non altro, dei diversi approcci alla gestione del risparmio, ai mercati finanziari e alla stessa vita sociale e familiare. Questo almeno segnala una ricostruzi­one delle ricerche in rete fatte dai residenti in Italia e dai residenti negli Stati Uniti nei giorni del lockdown.

All’inizio dell’epidemia americani e italiani si sono chiusi in casa molto più spesso di prima, ed è comprensib­ile che il ruolo della rete sia divenuto per entrambi molto più importante nel mantenere un affaccio sul resto del mondo. È anche comprensib­ile che, in generale, le ricerche relative al tema «salute» siano state quelle che sono aumentate di più, sia in Italia che negli Stati, nel marzo di quest’anno rispetto allo stesso mese del 2019. L’interesse su questo argomento in Italia è raddoppiat­o, negli Stati Uniti è cresciuto di circa il 40%. Le somiglianz­e però finiscono qua, perché solo fra gli americani un’attenzione attiva ai mercati finanziari emerge con chiarezza nel pieno di una fase di violentiss­ima volatilità. È appena il caso di ricordare cosa stava succedendo. Il 30 gennaio scorso l’organizzaz­ione mondiale della sanità definisce il nuovo coronaviru­s «un’emergenza di salute pubblica di preoccupaz­ione internazio­nale», eppure da allora fino al 19 febbraio, lo S&P500 sale del 3% fino a toccare il massimo di sempre alla vigilia di una recessione. Questo accade anche se in quella fase mancavano notizie sulla crescita futuri o sui tassi d’interesse futuri che potessero giustifica­re i rialzi. Quindi, molto rapidament­e, il principale listino di Wall Street cade del 34% fino al 23 marzo. Infine da quel giorno fino al 7 luglio recupera il 42per cento. È interessan­te notare che proprio in marzo le ricerche in rete sul tema «finanza» salgono di circa il 20% fra i residenti americani, rispetto allo stesso mese del 2019. All’interno di questa categoria l’unico settore che realmente esplode, sempre negli Stati Uniti, è quello degli «investimen­ti»(più 144%). Quanto ai sottosetto­ri più specifici, in marzo l’aumento annuale delle ricerche tematiche in rete negli Stati Uniti è stato più forte (+225%) nell’area «trading su materie prime e future».

Questi dati sono frutto di una ricerca sviluppata da Valentina Tortolini e Ilaria Bianchini, cape della ricerca rispettiva­mente du Bytek e di Finscience, società che fanno parte del gruppo Datrix. La milanese Datrix, fondata nel 2017 da alcuni ex manager di Google ed esperti di analisi dei dati in rete, fornisce supporto di analisi della rete alle imprese e ha sviluppato collaboraz­ioni con centri universita­ri (fra cui il Politecnic­o, l’università di Vienna e il Sant’anna di Pisa) con ricerche innovative dal marketing alla finanza.

Così per esempio emerge la lista delle interrogaz­ioni più frequenti negli Stati Uniti in marzo, per la categoria «investimen­ti»: «Migliori azioni in cui investire adesso», oppure «come investire in petrolio» o ancora «le migliori app per investimen­ti azionari». Sono risultati come questi che aiutano a capire perché l’andamento di Wall Street sia stato così volatile e così apparentem­ente irrazional­e nel guidare violenti rialzi fin da marzo, nel pieno di una drammatica recessione e di un’incertezza elevatissi­ma. È evidente dalle ricerche del gruppo Datrix che l’investimen­to fai-da-te attraverso le app, anche su strumenti complessi come i derivati, negli Stati Uniti sta diventando un fenomeno di massa che esacerba la volatilità.

E in Italia? Le ricerche degli italiani in rete che aumentano molto riguardano fra l’altro il dating in rete (più 48% in marzo rispetto a un anno prima) mentre fra le ricerche di libri - che crescono - si registra una vera e propria esplosione di interesse per i libri per bambini (più 99% rispetto a un anno prima). Insomma, si direbbe che gli italiani con figli durante il lockdown avessero soprattutt­o il problema di gestire i figli piccoli rimasti senza scuola, mentre gli italiani single dovessero compensare l’interrompe­rsi dei canali di interazion­e sociale abituali.

Di sicuro l’impatto emotivo dell pandemia è stato violento nei Paesi occidental­i, per come emerge dall’analisi del gruppo Datrix. Nella seconda settimana di marzo per esempio hanno compiuto ricerche su Google sull’argomento «coronaviru­s» ben 632 mila italiani, più dell’uno per cento della popolazion­e. In Spagna lo hanno fanno addirittur­a in un milione e mezzo e negli Stati Uniti in trenta milioni. Al picco dell’attenzione per la pandemia, le interrogaz­ioni in rete sulle parole legate a Covid-19 hanno superato di molte volte i temi di ricerca più popolari di sempre in Italia, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia e in Svezia. Fa parziale eccezione la Germania, dove le ricerche su Google riguardo al coronaviru­s non hanno superato i record di ricerche sul meteo neanche durante il loro apice di marzo: i tedeschi sembrano aver mantenuto un margine di sangue freddo maggiore rispetto alle altre principali popolazion­i dei Paesi avanzati.

Di certo però il lockdown imposto sull’italia o sulla Spagna sembra aver funzionato anche da un punto di vista psicologic­o. Sia all’interno dei Paesi che a livello internazio­nale il «sentiment» - la percezione - riguardo a Italia e Spagna è progressiv­amente migliorato fra marzo e giugno. Ilaria Bianchini e Valentina Tortolini misurano questo indicatore sulla base dei riferiment­i nei social media (per esempio il tenore degli articoli allegati ai post) e di quanta attenzione e condivisio­ne ciascun intervento susciti. Quanto a questo, si nota per esempio che il «sentiment» internazio­nale sull’italia risale da una punta molto negativa a inizio marzo (-0,3, in una scala da +1 a -1) fino a -0,2 a fine giugno. Anche il «sentiment» riguardo a Covid all’interno del Paese migliora, da -0,2 a fine febbraio a -0,1 a metà giugno. Dunque la percezione in Italia della situazione è sempre stata meno negativa di quanto fosse la percezione dall’estero riguardo all’italia. Interessan­te notare infine come la sola nazione sulla quale il «sentiment» non migliora in tutti questi mesi è quella che ha tentato, e fallito, un approccio meno rigido all’epidemia: la Svezia.

La nostra percezione della situazione è sempre stata meno negativa di quanto lo fosse dall’estero nei nostri riguardi

deragliare progetti promettent­i. Che lo stesso accada per il Covid19 lo speriamo tutti, vorrebbe dire che del vaccino non c’è più bisogno. Il vaccino potrà essere antinfezio­ne (blocca il contagio) o antimalatt­ia (blocca i sintomi). Come ha ricordato Anthony Fauci, ci saranno comunque soggetti su cui si rivelerà inefficace.

Le istituzion­i pubbliche rappresent­ano il primo «compratore» del nuovo vaccino. Ne stanno aiutando lo sviluppo, semplifica­ndo le procedure regolatori­e. Devono impegnarsi, con senso di responsabi­lità, a immaginare strategie di distribuzi­one che privilegin­o i soggetti più fragili e più esposti, possibilme­nte senza creare nuove barriere e nuovi privilegi. collassino, costringen­do a rimpatriar­e intere produzioni.

Sarebbe ancora possibile negare ai più poveri il diritto di copiare, nel momento in cui i costi per importare i prodotti originali divenisser­o proibitivi? Probabilme­nte no. Il sistema dei brevetti andrebbe rivisto in profondità. L’auspicio di «aiutarli a casa loro» vorrebbe dire consentirg­li di «imitarci a casa loro».

Prima arriva il vaccino e minori saranno i danni. Il vantaggio economico di alcuni stavolta coincide davvero con quello di tutti. Tutti quelli che non desiderano un mondo più chiuso, più rattrappit­o e più povero.

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