La passione dei fondi per la maggioranza
La stagione assembleare 2020, che si è svolta in riunioni «ristrette» a causa del covid, ha sottolineato una tendenza che rende Piazza Affari più simile ai mercati anglosassoni: il gradimento degli investitori istituzionali per le liste presentate dal consiglio di amministrazione uscente. Nei due casi rilevanti in cui il cda si è avvalso di questa facoltà, Finecobank e Banco Bpm, entrambe public company in quanto non figurano azionisti di riferimento, gli asset manager hanno votato in modo compatto a favore dei candidati presenti nella lista del consiglio. Solo con una lieve differenza. In base alle rilevazioni di Morrow Sodali nell’assemblea di Finecobank figuravano due liste, una del cda e l’altra dei fondi, e gli investitori istituzionali (che detengono in pratica il 100% della società) con un voto pari all’86,26% del capitale partecipante hanno scelto il pacchetto di nomi presentato del board. In Banco Bpm sono state presentate invece tre liste: quella del board ha ottenuto il 76,76% del capitale presente, la seconda, presentata da Davide Leone & partners investments il 22,45% e la terza lo 0,3%.
Secondo Andrea Di Segni, managing director di Morrow Sodali, la preferenza per la lista del cda da parte dei fondi internazionali è «legata non solo allo strumento in sé, ma anche alla maggior trasparenza necessaria del processo di selezione che dev’essere fornita agli azionisti. Ciò rappresenta sicuramente un segnale importante per il futuro dei board italiani». Tanto più che tale strumento è previsto anche da società come Unicredit (dove è stato utilizzato per il rinnovo nel 2018 e lo sarà nel 2021), Mediobanca (che ha l’assemblea in ottobre) e Generali (che lo ha recentemente introdotto in statuto). Una seconda considerazione sulla stagione delle assise 2020 riguarda le società pubbliche. Per le nomine il voto dei fondi è andato in prevalenza ai candidati di minoranza. Con un’eccezione: Eni, dove gli investitori istituzionali hanno scelto la lista dell’azionista di maggioranza (il Mef) per il 66,5%. Mentre in un caso, Enel, l’esito del voto ha visto il Mef, socio con il 23,6%, andare in minoranza: la lista dei fondi ha ottenuto il 51,1%. Sulla base però dello statuto sono stati nominati tutti (3) i rappresentanti degli investitori istituzionali e tutti (6) quelli del Mef grazie al ripescaggio dalla lista di minoranza che ha ottenuto il maggior numero di voti. Quella cioè del Tesoro.