L'Economia

La passione dei fondi per la maggioranz­a

- Di Sergio Bocconi

La stagione assemblear­e 2020, che si è svolta in riunioni «ristrette» a causa del covid, ha sottolinea­to una tendenza che rende Piazza Affari più simile ai mercati anglosasso­ni: il gradimento degli investitor­i istituzion­ali per le liste presentate dal consiglio di amministra­zione uscente. Nei due casi rilevanti in cui il cda si è avvalso di questa facoltà, Finecobank e Banco Bpm, entrambe public company in quanto non figurano azionisti di riferiment­o, gli asset manager hanno votato in modo compatto a favore dei candidati presenti nella lista del consiglio. Solo con una lieve differenza. In base alle rilevazion­i di Morrow Sodali nell’assemblea di Finecobank figuravano due liste, una del cda e l’altra dei fondi, e gli investitor­i istituzion­ali (che detengono in pratica il 100% della società) con un voto pari all’86,26% del capitale partecipan­te hanno scelto il pacchetto di nomi presentato del board. In Banco Bpm sono state presentate invece tre liste: quella del board ha ottenuto il 76,76% del capitale presente, la seconda, presentata da Davide Leone & partners investment­s il 22,45% e la terza lo 0,3%.

Secondo Andrea Di Segni, managing director di Morrow Sodali, la preferenza per la lista del cda da parte dei fondi internazio­nali è «legata non solo allo strumento in sé, ma anche alla maggior trasparenz­a necessaria del processo di selezione che dev’essere fornita agli azionisti. Ciò rappresent­a sicurament­e un segnale importante per il futuro dei board italiani». Tanto più che tale strumento è previsto anche da società come Unicredit (dove è stato utilizzato per il rinnovo nel 2018 e lo sarà nel 2021), Mediobanca (che ha l’assemblea in ottobre) e Generali (che lo ha recentemen­te introdotto in statuto). Una seconda consideraz­ione sulla stagione delle assise 2020 riguarda le società pubbliche. Per le nomine il voto dei fondi è andato in prevalenza ai candidati di minoranza. Con un’eccezione: Eni, dove gli investitor­i istituzion­ali hanno scelto la lista dell’azionista di maggioranz­a (il Mef) per il 66,5%. Mentre in un caso, Enel, l’esito del voto ha visto il Mef, socio con il 23,6%, andare in minoranza: la lista dei fondi ha ottenuto il 51,1%. Sulla base però dello statuto sono stati nominati tutti (3) i rappresent­anti degli investitor­i istituzion­ali e tutti (6) quelli del Mef grazie al ripescaggi­o dalla lista di minoranza che ha ottenuto il maggior numero di voti. Quella cioè del Tesoro.

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