FELETTI UN SOCIO PER IL CIOCCOLATO
Il fondo Avenue Capital che ha accompagnato il rilancio anche di Sorini venderà e la famiglia Lameri con la regia di Vitale ha avviato la ricerca di un partner industriale per la Hdi, che vale 30 milioni di fatturato
L’operazione entrerà nel vivo a settembre, quando si farà il punto sui conti e le prospettive di crescita della Feletti 1882 e di Sorini, storici marchi del cioccolato tra Torino e Cremona. Dopodiché sarà avviata la ricerca di un partner industriale, con la regia dell’advisor Vitale, delle due società che fanno capo alla Holding dolciaria italiana (Hdi), un cappello societario creato nel tempo per i due marchi che oggi raccolgono circa 30 milioni di ricavi ma che erano arripercorso vati a superare 50 milioni di fatturato. Obiettivo, trovare un nuovo alleato per la famiglia di imprenditori Lameri che oggi possiede il 49% del gruppo del cioccolato e vuole restare. È infatti destinato a vendere il fondo newyorkese Avenue Capital che negli ultimi quattro anni ha accompagnato il rilancio di Feletti 1882 e Sorini.
L’interesse dei big
Sul dossier è atteso l’interesse di gruppi industriali come Bauli, Sperlari, Novi che potrebbero sostenere un di crescita dei marchi che conoscono bene quelle realtà. L’azienda ha infatti nel tempo realizzato molte lavorazioni conto terzi per marchi quali Bauli, Vergani, Crispo, Pernigotti e Bistefani per la quale ha prodotto anche il Ciocorì.
Il modello da incorniciare per l’operazione che si affaccia sul mercato potrebbe essere quello realizzato un anno fa dal gruppo Colussi che ha rilevato l’80% del produttore La Suissa, sede ad Arquata Scrivia, altra storica azienda piemontese produttrice di cioccolato. Il 20% del capitale è nella mani della famiglia Piella, fondatrice della società, che è rimasta per portare competenze nel cioccolato di qualità, un settore dal quale Colussi era assente. Alla guida di Hdi ci sono infatti i fratelli Vera ed Alessandro Lameri. Feletti 1882, fondata a Torino da Carlo Birocchetto e rilevata nel 1916 dal commendator Giuseppe Feletti che fece del suo nome il marchio passato alla storia, ha nella vendita alla grande distribuzione il suo punto di forza. Sorini, 80% dei ricavi all’estero, con punti di forza negli Stati Uniti e in Australia, mercati che sempre più nel cioccolato cercano gli aspetti artigianali, ha una storia comincia a Castelleone, vicino a Cremona, nel 1915 dietro la spinta del farmacista Fausto Sorini, che aveva creato la storica caramella «Rabarbaro». E che poi era diventata proprietà della famiglia cremonese Lameri e dell’industriale Carlo Alquati, le cui quote furono poi rilevate dagli stessi Lameri.
L’azienda è poi finita in un concordato che aveva portato a una razionalizzazione della produzione e la chiusura dello stabilimento valdostano di Feletti e la conseguente concentrazione delle attività industriali a Cremona. Nell’ambito del concordato del 2015 aveva investito Europa Investimenti con focus sulle crisi aziendali. Aveva costituito il polo Cose Belle d’italia che ha raccolto sotto un unico cappello molti marchi storici del made in Italy tra i quali appunto Feletti e Sorini. Poi Europa investimenti ha aperto il capitale della Holding dolciaria italiana al fondo di private equity americano Avenue Capital, operatore newyorkese che si era impegnato a investire in Italia sino a 150 milioni di euro. Ora ha il 51%, la quota che ora andrà in vendita. La convinzione del mercato è che la fase di nuova crescita possa avvenire solo nell’ambito di una partnership con un gruppo industriale con le spalle forti che può sostenere lo sviluppo dell’azienda nel ricco (ma complesso) mercato del cioccolato di alta qualità che richiede capacità di raggiungere tutti i canali distributivi. Hdi è oggi una società sana che registra circa 3 milioni di margine operativo lordo. E nel settore del cioccolato i multipli si collocano attorno alle otto volte l’ebitda.
Il modello
L’obiettivo è il rilancio dell’azienda storica, un emblema del made in Italy, attraverso il rafforzamento nella fascia alta del mercato di Sorini che ha nei cioccolatini e nei prodotti da ricorrenza il vero core-business. Il gruppo ha tenuto le posizioni anche durante la fase più complessa del lockdown, visto che, tra l’altro, gli impianti sono nel Cremonese, una delle zone messe sotto pressione dalla pandemia.
Ora però si accelera. Con la convinzione che i grandi gruppi del dolciario che vendono soprattutto nella grande distribuzione, guardino con favore le partnership industriali con le famiglie per fare crescere i marchi di nicchia del cioccolato.