Wall Street, la pazienza vale il 6% l’anno
Vale la pena o no ricominciare a investire dopo lo choc? Indovinare il momento giusto è impossibile Ma la statistica dice che negli ultimi 19 anni perdere le 20 migliori sedute avrebbe azzerato i guadagni
Ache punto si trovano i mercati nella digestione della pandemia, tra lockdown e ripartenza? Dopo il crollo e il poderoso rimbalzo, le Borse sembrano incapaci di ritrovare coordinate stabili che dettino la rotta da seguire. E del resto «questa crisi è senza precedenti nell’era contemporanea», ricorda Paolo Paschetta, country head Italia di Pictet asset management: «A differenza di altre, non deriva da una crepa nel sistema economico o finanziario, ma è scaturita da un fattore esogeno, una gravissima emergenza sanitaria globale, che ha creato uno choc sincrono di domanda e offerta. Ancora oggi, a distanza di mesi dall’inizio dell’emergenza e dalla sua fase più acuta, il livello di incertezza resta elevatissimo».
Dunque non è il momento propizio per rientrare sui listini, si chiedono gli investitori, o si possono catturare buone opportunità, nonostante il forte recupero? «È difficile rispondere in un momento in cui le previsioni economiche sono estremamente variabili e ci si aspetta una contrazione del Pil globale del 4% circa, o anche peggiore. La domanda, però, è mal posta. La verità è che il market timing non funziona», spiega Paschetta. Anzi: entrare e uscire dalla Borsa, cercando di cogliere i momenti migliori per cavalcare una fase rialzista e poi capitalizzare i guadagni, tende a distruggere valore. Secondo un recente studio della società di ricerca indipendente Dalbar, in media gli investitori azionari Usa hanno perso circa la metà del guadagno realizzato dalla Borsa negli ultimi 30 anni. A fronte di un rendimento annualizzato del 9,96% per L’S&P500, il principale paniere americano, Dalbar stima che in media l’investitore abbia incassato poco più del 5%.
«I rendimenti sui mercati si fanno in pochi giorni. Fare market timing auda menta soltanto le probabilità di perdersi quelli migliori: un investitore che avesse mancato i due giorni migliori ogni anno, in un periodo di venti anni, sarebbe passato da un rendimento annualizzato positivo di oltre il 6% a uno negativo per quasi il 4%». E basta escludere le 20 migliori sedute di Wall Street tra il 2000 e il 2019, per annullare tutte le performance che si sarebbero realizzate restando sempre investiti (vedi tabella).
Il pericolo maggiore, però, lo corrono gli investitori che sono incapaci di gestire le emozioni e non si sono attrezzati per tenerle sotto controllo. Nelle fasi di forte stress, come quelle osservate tra metà febbraio e metà marzo, «il panic selling è purtroppo la norma», avverte Paschetta.
Cedere al panico può avere un prezzo molto elevato. Un’analisi di Advisors Perspective calcola, per esempio, che oltre il 70% delle perdite accumulate dagli investitori dell’s&p 500 negli ultimi 35 anni dipendano dieci periodi di crolli molto brevi (limitati a un mese) recuperati nell’85% dei casi in tre mesi e nel 93% entro un anno.
Il paradosso
L’ultimo decennio, d’altra parte, quello del ciclo più lungo della storia, è stato caratterizzato da performance eccezionali di tutte le asset class, ma è stato anche il meno amato di sempre. Il 2019 è l’esempio più eclatante: nell’anno in cui, ricorda Paschetta, un portafoglio bilanciato avrebbe reso più che in qualsiasi altro anno dal 1980, e con i mercati azionari in rialzo tra il 25 e il 30%, i fondi azionari in Italia hanno segnato una raccolta negativa per oltre 2,4 miliardi (fonte: Assogestioni). Globalmente, i deflussi dai fondi azionari nel 2019 si sono attestati, calcola il manager, a circa 200 miliardi di dollari. La ragione di questa prudenza è da rintracciare, come noto, nell’andamento dei mercati finanziari nell’ultima parte del 2018 che ha visto quasi tutte le classi di attivo chiudere con il segno negativo, scoraggiando gli investitori.
Come si esce dal giogo dell’emotività e dalla tentazione del market timing? «Con il metodo. Spalmare il proprio investimento nel tempo riduce il rischio di incappare in un punto di ingresso sfavorevole. A tal proposito, i benefici di un Piano di accumulo rispetto a un investimento in un’unica soluzione (Pic) sono maggiori per i piani partiti durante fasi di correzione dei mercati», precisa Paschetta.
I Pac consentono quindi di rendere più rigoroso l’approccio agli investimenti perché si basano su versamenti periodici, con un orizzonte determinato. «Da una parte sono ideali per aiutare i più giovani a costruire un patrimonio nel tempo, mettendo da parte anche piccoli importi mensili per un periodo di tempo prolungato, per esempio 10 o 15 anni. Dall’altro — conclude il manager — sono indicati per chi possiede ingente liquidità da investire, ma non si fida dell’andamento volatile dei mercati e predispone quindi piani, magari di durata piu breve, anche pochi mesi, ma per versamenti più sostanziosi».