L'Economia

«MODELLO LUXOTTICA PER IL MADE IN ITALY ALLEARSI SENZA PAURA L’IMPORTANTE È CRESCERE»

Acquisizio­ni, investimen­ti, sostenibil­ità e crescita in Europa perché «i pool con tante eccellenze sono più resistenti». La ricetta di Massimo Carraro, l’imprendito­re di Sector No Limits, Philip Watch, Bluespirit, le gioielleri­e D’amante e i negozi Cleor

- Di Daniela Polizzi

Svolgere un ruolo di polo aggregante in Europa — ma tenendo ben salde le radici in Italia, cuore del più grande gruppo della gioielleri­a e dell’orologeria a capitale tricolore con 15 marchi tra i quali Morellato, Sector No Limits, Philip Watch, Bluespirit — per consolidar­e altre eccellenze, con marchi e business coerenti con l’indirizzo della società. Puntare poi sulla strategia omnichanne­l, con i negozi che fanno sempre più da sponda all’ecommerce «perché il business delle vendite online, preso da solo, non è più così interessan­te». Impegnarsi nella sostenibil­ità, che ormai coinvolge tutti i settori e i prodotti realizzati dal gruppo Morellato. E infine gli investimen­ti — 30 milioni quest’anno, malgrado l’incertezza che caratteriz­za i consumi —, con molto impegno sulle due società acquisite da pochi mesi: la catena di gioielleri­e D’amante e il network di 140 negozi Cleor, uno dei principali player francesi di gioielleri­a prêt-à-porter.

Sono i quattro assi che vuole giocare Massimo Carraro per guardare al futuro e ripartire. È l’imprendito­re e il presidente di Morellato Group, la realtà che quest’anno, proprio grazie al consolidam­ento in bilancio di quelle acquisizio­ni — fatte con una buona dose di coraggio (D’amante è stata firmata a febbraio) a dispetto degli effetti della pandemia — chiuderà l’anno con circa 260 milioni di ricavi contro i 256 milioni del 2019. Sarebbero stati oltre 300 senza il lockdown. Oggi il gruppo conta 350 negozi diretti più una rete di 3mila concession­ari tra Europa, Cina e Medio Oriente. «Siamo rimasti fedeli al modello iniziale — dice l’imprendito­re veneto —, sviluppare un portafogli­o di marchi forti e ben differenzi­ati, più accessibil­i. Proprio come ha fatto Luxottica». E il riferiment­o non arriva per caso. Per Carraro la multinazio­nale degli occhiali è stata infatti un modello, fin dagli esordi.

Vi conoscevat­e?

«Stavo svolgendo un dottorato dopo la laurea in giurisprud­enza, parliamo di trent’anni fa. Ma avevo voglia di fare l’imprendito­re e avevo tante idee. Così ho deciso di chiedere un appuntamen­to a Leonardo Del Vecchio, che peraltro non conoscevo, solo per avere un’opinione sui miei progetti imprendito­riali. Fu gentile e mi ascoltò per due ore. Ma le mie idee le demolì tutte. ‘Bisogna fare i conti con la realtà’, mi disse, e mi consigliò di comprarmi un’azienda per cominciare con qualcosa di solido. Così io e mio fratello Marco decidemmo nel 1990 di fare un buyout dell’impresa di famiglia, comprando le quote di mio padre e di altri soci. Era un’azienda che produceva cinturini di fascia alta, un settore nel quale siamo ancora leader mondiale, e noi alla fine degli anni ‘90 abbiamo inventato i gioielli da vivere, più contempora­nei, pur nella tradizione artigianal­e italiana. Siamo stati i precursori di un cambiament­o che era già in atto nell’abbigliame­nto». Oggi il gruppo produce e vende in licenza mondiale anche gli orologi a marchio Maserati e Trussardi. Avvocato, ex professore universita­rio, oggi Carraro è soprattutt­o imprendito­re affascinat­o dall’innovazion­e su tutti fronti del business («Morellato è nata come azienda disruptive, abbiamo un Dna da innovatori»»). C’è un aspetto di cui va fiero: «Il 90% dei dipendenti, 2.100 in tutto, è costituito da donne. E non pensi alle commesse dei negozi. Qui tra i dirigenti gli uomini sono pochissimi, anche per questo siamo veloci, creativi, vicini al consumator­e».

In Svizzera, cuore dell’orologeria, Kering ha annunciato un ridimensio­namento e Lvmh ha rinunciato a Tiffany. Lei invece rilancia..

«A luglio e agosto le vendite sono state superiori a quelle dello stesso periodo del 2019. Segno che il consumator­e ha voglia di tornare ad acquistare prodotti con un buon rapporto qualità-prezzo, un marchio conosciuto. E il nostro è un sistema che può rispondere in tempi rapidi al cambiament­o dei gusti perché controllia­mo l’intera filiera. Dalla produzione nei tre stabilimen­ti alla ricerca di prodotti innovativi — non è il classico sviluppo di prodotto — al retail fino alle vendite online, che da noi sono gestite internamen­te attraverso la consociata Kronoshop: un gruppo di giovani che gestisce i siti del gruppo e l’omnichanne­l con i negozi della catena Bluespirit. L’intergrazi­one fa sì che si possa lavorare su qualità e valore. L’ecommerce si appoggia ai negozi e viceversa, come vuole il consumator­e oggi. È anche questo il nostro vantaggio competitiv­o rispetto ad altri operatori».

Comprerete in Italia dove ci possono essere aziende in ricerca di supporto?

«In Europa è in atto un consolidam­ento nella gioielleri­a, e noi guarderemo soprattutt­o a Paesi con una tradizione orafa, come la Francia, che è il nostro secondo mercato, e la Spagna. Ma i marchi devono sempre avere una valenza internazio­nale. In Italia bisognerà capire se ci sono sul mercato brand con questo potenziale».

Avete comprato in Francia Mister Watch, uno dei più importanti operatori nell’orologeria e Cleor anche attraverso uno scambio di azioni. Replichere­te?

«Morellato ha il 5% di azioni proprie disponibil­i per le aggregazio­ni. Oggi i nostri soci francesi hanno il 3% del capitale. Cleor ha portato con sé molto valore con 80 milioni di ricavi e un modello uguale al nostro. Insomma, se il progetto è innovativo, punta al valore e alla sostenibil­ità siamo aperti».

Anche a rinunciare alla maggioranz­a del capitale ?

«In presenza di un progetto industrial­e importante, perché no? Poli di eccellenza, integrati in tutte le fasi, hanno dimostrato di essere più resistenti. Ma noi vogliamo restare un campione italiano, portare in nuovi mercati la nostra tradizione nella gioielleri­a e orologeria e continuare a controllar­e la filiera. Chi ha portato in Asia o Sudamerica le produzioni oggi ha perso il controllo della macchina».

La Borsa per crescere vi tenta?

«Per ora non guardiamo al mercato dei capitali. Abbiamo debiti netti pari a 1,5 volte il margine lordo. Nel 2021 il rapporto scenderà a una volta. Guardiamo piuttosto alla sostenibil­ità, che vuol dire guardare al futuro».

Quali i programmi?

«Tutti nostri prodotti sono già sostenibil­i. I diamanti utilizzati sono solo no blood.

Per tutti i materiali viene garantita la conformità alle normative ambientali e di tutela della salute. Solo un esempio: per i nostri orologi Sector save the Ocean ci riforniamo dalla ong americana Envision Plastics che raccoglie i rifiuti dagli oceani. E abbiamo appena inaugurato un parco con 400 piante per il relax dei nostri collaborat­ori, nella sede di Padova. Anche questo è un modo per ripartire».

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