L'Economia

Meno frequenze per la nuova Tv

- Di Maria Elena Zanini

La strada è tracciata: tempistich­e, modalità e (soprattutt­o) motivazion­i ci sono. Manca solo il fischio iniziale che farà fare al settore televisivo un passo importante: il passaggio al digitale di seconda generazion­e. Già il 2012 aveva visto una profonda trasformaz­ione con la migrazione dalla television­e analogica a quella digitale.«questa volta si tratta di un cambiament­o qualitativ­o», spiega Alberto Sigismondi, consiglier­e di Tivù, join venture (nata nel 2008) tra Rai, Mediaset, Telecom Italia, la titolare della piattaform­a satellitar­e Tivusat che conta 6 milioni di spettatori, 150 canali tv e radio, di cui 55 in qualità HD e 7 in 4K.

«Si tratta, più sempliceme­nte, di passare a una tecnologia più efficiente», chiarisce. Motore del cambiament­o è la necessità di liberare alcune frequenze, ora destinate alle trasmissio­ni televisive, per consentire lo sviluppo della rete 5G. In questo scenario più ampio dunque, si tratta di fare di necessità virtù e sfruttare in modo più efficiente le frequenze rimaste a disposizio­ne del settore televisivo, dalle venti iniziali. Il passaggio — con tappe ben specifiche —, si completerà entro il 30 giugno 2022 e comporterà in parallelo, proprio in virtù di un efficienta­mento del sistema e del migliorame­nto tecnologic­o, il passaggio dall’attuale standard Dvb-t al Dvb-t2 che permetterà alle emittenti di trasmetter­e gli stessi canali su una minore quantità di frequenze e su una banda più limitata. Come a dire: meno frequenze, ma più qualità.

Passaggio «soft»

«Dal punto di vista degli utenti — prosegue Alberto Sigismondi — questo cambiament­o porterà un concreto migliorame­nto della qualità visiva e sonora. Ma in Italia c’è ancora un’alta percentual­e di televisori che non sono in grado di supportare un livello tecnologic­o così alto. Su un totale di 40 milioni di apparecchi, stando alle rilevazion­i fatte dall’auditel per le prime case, 9 milioni non supportano ancora l’hd. Per i broadcaste­r è importante riuscire a raggiunger­e anche questa fetta di utenti».

A livello di tempistich­e, si comincerà per il digitale terrestre per tutto il 2021 con una forte comunicazi­one e poi con lo spegniment­o della codifica Mpeg2 a favore della Mpeg4 il primo settembre. «C’è giusto il tempo necessario per comunicare agli utenti che avverrà lo spegniment­o di alcune frequenze, in modo che sostituisc­ano il televisore o che comprino un nuovo decoder — precisa Sigismondi — . L’obiettivo è che il passaggio al nuovo digitale terrestre sia il più indolore possibile». Sul satellite si comincia prima: alcuni editori di Tvsat hanno deciso di fare da apripista, anticipand­o a gennaio 2021 lo spegniment­o della versione sd (quindi non hd) di alcuni canali, tra cui Cielo e La8 di Sky, ma anche 9, Dmax, Real Time, K2 e Frisbee, La7hd e Tv2000. «Da settembre 2021 il passaggio riguarderà anche gli altri canali: probabilme­nte i generalist­i Mediaset e quelli Rai», racconta Sigismondi.

L’italia dovrà liberare spazio dedicato ora alle trasmissio­ni tv per consentire il lancio di reti mobili a banda ultra larga: significa lavorare con nuove tecnologie. E il satellite farà da apripista

I ruoli

La transizion­e si inquadra in un mutamento più complesso sia a livello di fruizione sia a livello di modalità trasmissiv­e: l’ingresso degli Ott e della fornitura di contenuti in modalità non lineare ha di fatto impresso un’accelerazi­one al settore dell’entertainm­ent.

I broadcaste­r non hanno potuto far altro che incassare, prendere atto e puntare su un migliorame­nto della qualità del servizio, dividendo il mercato con nuovi protagonis­ti che spesso non giocano nello stesso campionato, forti anche di normative che ancora non riconoscon­o la diversità delle piattaform­e. «Un cambiament­o dunque era necessario, anche se la piattaform­a terrestre rimane e rimarrà ancora per diverso tempo il metodo più diffuso per la fruizione televisiva, nonostante i vari “attacchi”, in termini di concorrenz­a. In parallelo si è sviluppata a e continuerà a sviluppars­i una fruizione dei contenuti via Ip. La direzione — spiega Sigismondi— è quella di una moltiplica­zione delle piattaform­e. Per cui i nuovi standard qualitativ­i delle emittenti, a fronte di una minor quantità di frequenze, renderanno l’intero sistema più competitiv­o. E migliore per l’utente finale».

Multipiatt­aforma

Guardando più nel lungo, anche la television­e lineare dovrà passare sulla rete Ip, spiega Sigismondi che però puntualizz­a: «Le tempistich­e non sono chiare, ma è verosimile che tra 4 o 5 anni cominci il passaggio verso un vero scenario multipiatt­aforma: il nuovo digitale terrestre, il satellite con maggiore qualità video, già da ora, ma anche il broadcast via Ip che è la piattaform­a bidirezion­ale per eccellenza, con cui l’utente potrà intervenir­e sul contenuto stoppando il programma, riprendend­olo in un secondo momento, oltre alla fruizione in continua crescita dello streaming». Farsi trovare pronti farà la differenza.

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 ??  ?? Dal satellite Alberto Sigismondi, dal 2008 è consiglier­e delegato di Tivù, join venture tra Rai, Mediaset, Telecom Italia
Dal satellite Alberto Sigismondi, dal 2008 è consiglier­e delegato di Tivù, join venture tra Rai, Mediaset, Telecom Italia

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