IL PUNTO Banda larga e Autostrade: le scorciatoie non servono
Muoversi in una situazione di emergenza come quella creata dal Covid 19 non è facile. Ma altrettanto miope è pensare di potersela cavare con scorciatoie. I casi della rete unica e di Autostrade stanno dimostrando quanto una decisione andasse presa. Ma la strada è tutt’altro che in discesa. Quando si scelgono vie societarie, i problemi sembrano risolversi automaticamente.
Invece è il contrario. Aspetti giuridici, di governo societario, di diritti degli azionisti da rispettare, e via dicendo, rendono il percorso difficile. Si pensi alla società della banda ultralarga che deve vedere confluire gli interessi della rete Tim con quelli di Open Fiber (controllata da Enel e Cdp). Non si può pensare che il mercato e gli altri attori se ne stiano alla finestra. Chi possiede cavi, ma anche chi gestisce torri di trasmissione vorrà essere della partita, visto che il discorso dovrà necessariamente (come da memorandum) allargarsi a nuove tecnologie wireless come il 5G.
Per non parlare dei broadcaster come le tv, dalla Rai a Mediaset, anche loro pronte a fare capolino nelle telecomunicazioni, come già sta facendo Sky. Quando si parla di governo, di interesse pubblico non si intendono necessariamente o non solo i luoghi della politica, ma tutta l’architettura istituzionale del Paese. A cominciare da quelle Authority che in passato (si pensi a come accompagnarono la liberalizzazione del mercato elettrico) hanno avuto un ruolo nel rappresentare gli interessi collettivi e nel simulare mercati ancora inesistenti. Ma che in questi ultimi anni sembrano aver smarrito la via, finendo per imboccare una strada di cessione di fatto delle proprie responsabilità a favore del legislatore. Non capendo che la loro creazione era dovuta a una intuizione fondamentale che portò alla nascita della Consob, dell’antitrust, del Garante dell’energia, dell’agcom: uno Stato, una comunità, non si governano solo a forza di leggi.