RIPRESA GARE DI RECUPERO DOVE VINCE IL PARTITO DELLA «V»
Il 2020 rimarrà come un anno molto speciale nelle statistiche. In pochi mesi, infatti, si sono alternati i più significativi crolli verticali dell’attività economica mai registrati, più o meno in una finestra di tempo collocata tra la fine del primo e l’inizio del secondo trimestre, insieme con un recupero estremamente rapido durante i mesi estivi. Nell’insieme, l’economia ha disegnato una V quasi perfetta. Per molti mesi l’entità precisa del crollo e della ripresa successiva sono rimasti difficili da valutare. Con la pubblicazione degli indici della produzione industriale, l’incertezza si sta ora diradando. Il primo dato evidente è che la diffusione del virus ha portato a una temporanea ma generalizzata sospensione delle attività economiche un po’ ovunque in Europa tra gennaio e aprile. L’istat dice che in questo periodo proprio l’italia è il paese che ha subito il calo più marcato della produzione manifatturiera: -46% in tre soli mesi, un numero impensabile solo un anno fa e di cui non si trova traccia nelle statistiche relative alle precedenti recessioni. Ai tempi del fallimento di Lehman Brothers ci vollero dodici mesi per vedere la scomparsa di poco più di un quarto (il 26% esattamente) della produzione manifatturiera. E durante i due anni di crisi dell’euro del 2011-13, che sono spesso ricordati come un momento di desertificazione economica dell’industria italiana, la contrazione del manifatturiero si fermò al 13,4%.
Le stesse tendenze — per quanto meno pronunciate — sono visibili anche negli altri paesi Ue. Stando ai dati di aprile, Germania, Francia e Spagna risultavano aver lasciato sul terreno rispettivamente il 30, il 36 e il 37 per cento della loro produzione manifatturiera di inizio anno. La Polonia (l’economia più grande dell’est Europa), la Slovacchia (il paese dove delocalizzano le aziende tedesche) e la Romania (il paese dove in passato hanno spesso delocalizzato le aziende italiane) hanno fatto segnare segni meno senza precedenti nelle rispettive manifatture per ben 29,42 e 48 punti percentuali. insomma, i tre mesi tra gennaio e aprile hanno visto una recessione di intensità eccezionale da ogni punto di vista.
Il recupero
Come succede, però, anche dopo la peggiore tempesta torna il sereno. E così nella tarda primavera e anche di più in estate l’economia è rimbalzata rapidamente. Il recupero tra maggio e luglio ha visto una forte risalita dei livelli della produzione manifatturiera. Fatti 100 i dati di gennaio, dopo sei mesi il volume della produzione manifatturiera è ritornato a 93,4 in Italia (dopo essere sceso a 54 in aprile). Rimbalzi di simile entità sono visibili anche in Francia e Spagna ritornate a luglio a quota 93,2 e 94,8. Le stesse tendenze si vedono anche nelle economie dell’europa orientale. Unica eccezione per una volta in negativo è la Germania: il rimbalzo dell’economia porta il manifatturiero a fermarsi ben al di sotto di quanto ottenuto dagli altri paesi europei, a un valore di 88,5. Al netto delle ampie oscillazioni indotte dal Covid-19, a luglio gli altri grandi paesi dell’europa hanno perso tra 5 e 7 punti di produzione industriale rispetto ai dati di inizio anno. La Germania circa il doppio degli altri paesi.
Guardando più in dettaglio, i dati rivelano anche grandi differenze tra settori sia durante la recessione che nel rimbalzo immediatamente successivo. Durante la recessione invernale le statistiche registrano una vera e propria disfatta per la produzione di beni di consumo durevoli (automobili, computer, cellulari) i cui livelli di produzione crollano dell’86% in Italia, del 78% in Francia e del 67% in Spagna. Le cadute sono altrettanto drammatiche, ma un po’ meno verticali, per i paesi dell’est con Polonia, Slovacchia e Romania che presentano numeri negativi per «soli» 48, 44 e 56 punti percentuali. Mentre la Germania fa storia a sé con un -29%: un dato molto negativo ma nettamente migliore rispetto a tutti gli paesi. Quando poi l’economia riparte, sono spesso i settori che hanno visto le contrazioni più marcate quelli che risalgono con maggiore vigore. In luglio, indipendentemente dall’entità dei crolli nei mesi invernali, la produzione è già tornata vicina o oltre il 95 per cento dei livelli pre-covid sia per i beni di consumo non durevoli che per quelli durevoli e al 90 per cento dei dati pre-crisi per i prodotti semilavorati. Il recupero c’è stato ed è stato diffuso.
Un esempio particolarmente significativo è quello della gioielleria italiana, concentrata soprattutto negli hub di Vicenza, Arezzo e Valenza, e che aveva visto scomparire il settore quasi per intero (-95 per cento di produzione tra gennaio e aprile). Da maggio in poi c’è stato invece il recupero: un rapido ritorno che ha portato la produzione di gioielli all’80 per cento dei livelli precovid già a luglio. Un dato in linea con l’evidenza proveniente dalla Germania e nettamente migliore dei dati spagnoli.
Nell’insieme i dati finora disponibili disegnano una ripresa rapida che induce a ben sperare per i prossimi mesi.
Dopo la disfatta dei primi due trimestri, la produzione industriale ha recuperato velocemente. Un buon segnale, ma i settori si muovono a velocità diversa. E, a sorpresa, la Germania è diventata lenta