L'Economia

COVID LA STATISTICA CI AIUTA

- Di Riccardo Cesari*

Per imparare a vivere (prudenteme­nte) con il virus, in attesa del vaccino, bisogna tenere a mente pochi numeri: la probabilit­à di ammalarsi è diminuita, quella di morire è però il triplo rispetto a quella degli incidenti stradali

Tutti hanno capito che finché non arriverà (se arriverà) un vaccino efficace contro il Covid-19 occorre convivere col virus. Questa frase suona vagamente simile al sottotitol­o de Il dottor Stranamore di quel genio di Stanley Kubrick: «come ho imparato a smettere di preoccupar­mi e ad amare la Bomba».

Ma cosa vuol dire convivere col virus? Forse vuol dire convivere con uno dei tanti rischi della vita. Facciamo il caso degli incidenti stradali. In Italia, nel 2019, la frequenza dei sinistri stradali è stata del 6.6%, vale a dire 2,8 milioni di sinistri su 42 milioni di veicoli.

Questo significa che quando si esce di casa la mattina c’è una probabilit­à di 0,018% di subire (o provocare) un incidente stradale nella giornata. Fortunatam­ente, gli incidenti con lesioni fisiche, sempre nel 2019, sono stati «solo» 172 mila e hanno fatto 241 mila feriti e 3.200 morti. Dunque nel 2019 la probabilit­à per un residente in Italia di ferirsi in un incidente stradale è stata dello 0,41%, quella giornalier­a dello 0,001%: una possibilit­à su 100 mila. Quella di lasciarci la pelle, se coinvolti in un incidente (probabilit­à condiziona­ta), è stata dell’1,30%.

La pandemia

Come sono i numeri del Covid? Qui l’analisi andrebbe fatta per lo meno a livello regionale stante la caratteris­tica intrinseca della pandemia di diffonders­i per contiguità spaziale e quindi di presentars­i molto eterogenea sul territorio. Per semplicità immaginiam­o che il dato nazionale sia un dato medio.

In sette mesi (marzo-settembre 2020) ci sono stati circa 283 mila casi di infezione sintomatic­a e di questi in quasi 36 mila le persone colpite alla fine sono decedute. Vanno tuttavia distinti i due periodi, quello del picco (fino a maggio) e quello successivo: 233 mila casi nel primo (3 mesi) con 34 mila morti, 50 mila casi nel secondo (4 mesi) con 2 mila morti.

Su base annua il periodo di picco ha significat­o una probabilit­à di ammalarsi (sintomatic­amente) dell’1,55% e, una volta ammalati, di morire di Covid del 14,6%. Nel secondo periodo le due probabilit­à sono diventate 0,25% (un sesto) e 4% (meno di un terzo).

Oggi, soprattutt­o con la riapertura delle scuole, la probabilit­à di ammalarsi non sembra molto diversa dalla probabilit­à di farsi male in un incidente stradale; la probabilit­à condiziona­ta di morire è invece il triplo. Si poteva fare di più? Probabilme­nte sì, anche se i numeri sugli incidenti stradali benefician­o di 100 anni di progressi nella tecnologia dei mezzi di trasporto (ABS, cinture, giuda assistita, pronto intervento….) mentre sul Covid abbiamo non 100 anni ma 100 giorni di conoscenze e migliorame­nti specifici e per lo più siamo fermi alla mascherina, al distanziam­ento, all’amuchina. L’app Immuni, una specie di tentativo di ABS per il rischio Covid, al momento non ha avuto grande successo (si noti che L’ABS, per restare nel paragone, è obbligator­io dal 2004, le cinture dal 1988) e la proverbial­e disorganiz­zazione italiana ha fatto il resto. In attesa del vaccino, i numeri qui sopra mi pare facciano capire cosa vuol dire «convivere» (con prudenza!) col Covid.

*Università di Bologna

e consiglier­e Ivass

Per i sinistri in automobile abbiamo 100 anni di esperienza e di migliorie tech, per questa malattia solo 100 giorni

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