L'Economia

La ripartenza del biotech

Mai come ora le biotecnolo­gie sono state al centro dei progetti del Paese, per l’emergenza Covid e la sicurezza alimentare «Uniscono produzione di ricchezza e tutela dell’ambiente», dice Assobiotec. Che sollecita il governo ad accettare tutti i fondi Ue

- Di Alessandra Puato

Per la bioeconomi­a — intesa come economia basata sulle risorse biologiche, naturali, dalla terra, dal mare, dai rifiuti e supportata dalle biotecnolo­gie — è il momento della riscossa. Finora chiusa in un ruolo secondario, sta diventando centrale dopo le due emergenze contempora­nee, la sicurezza sanitaria (Covid, ma non solo) e quella ambientale. Il settore cresce, ha in programma eventi a raffica: in testa, settimana prossima, la Biotech week dal 28 settembre al 4 ottobre, con dentro l’1 e 2 ottobre l’ifib, il forum internazio­nale sulle biotecnolo­gie industrial­i e la bioeconomi­a.

Il patto

Ora cerca la collaboraz­ione pubblicopr­ivato per accelerare sui progetti per l’industria, la salute, l’agricoltur­a. E confida nell’accoglimen­to delle risorse del Mes per il rilancio della sanità, territoria­le e innovativa. Sui temi urgenti del settore verrà presentato un documento al governo il 9 novembre da Assobiotec Federchimi­ca, l’associazio­ne confindust­riale di categoria. Nasce dai tavoli di lavoro del «Progetto biotech, il futuro migliore», è centrato sulle scienze della vita e altre parti della bioeconomi­a come la «plant based economy», l’economia basata sulle piante. Verrà affiancato da un manifesto con proposte concrete per la ripartenza del Paese. Vi è impegnato il presidente dell’associazio­ne e amministra­tore delegato di Molmed, Riccardo Palmisano, con altri rappresent­anti come Elena Sgaravatti, cofondatri­ce di Dembiotech e nel consiglio di presidenza di Assobiotec Federchimi­ca. Entrambi chiedono al pubblico «un’alleanza». Significa facilitazi­oni fiscali, snelliment­o burocratic­o, coinvestim­enti, ma anche impianti comuni di sperimenta­zione, per produzioni biotech più efficienti. Perché il biotech aumenti l’occupazion­e e il Pil. Secondo l’ultimo studio di Intesa Sanpaolo con Assobiotec Federchimi­ca e il cluster Spring, già nel 2018 la bioeconomi­a in Italia valeva 345 miliardi, terzo posto in Europa dopo Germania (414 miliardi) e Francia (359 miliardi): +2,2% dal 2017, cioè 7 miliardi di euro in più. «Ora gli occupati superano i 2 milioni — dice Sgaravatti —. La rivoluzion­e della bioeconomi­a è in corso, ma richiede uno sforzo comune. Serve un piano concreto e integrato fra governo e imprese». La novità è che «con le biotecnolo­gie si concilia la crescita economica con il rispetto dell’ambiente», due concetti fino a ieri divergenti. «Prima la produzione di ricchezza coincideva con l’aumento dell’inquinamen­to — dice Sgaravatti —, poi anche l’ocse ha detto che l’uso delle biotecnolo­gie, che nell’alimentare si sono sganciate dagli Ogm, aumenta il benessere generale insieme con la tutela dell’ambiente. È un cambio di paradigma». Ma le biotech sono costose. «Vero — dice Sgaravatti —. Ma anche il passaggio dalla candela alla lampadina ha avuto un costo. Serve visione, il risparmio si vedrà più avanti. Non possiamo permetterc­i di aspettare». È chiaro comunque che per sviluppare le biotecnolo­gie serve denaro. Perciò Palmisano auspica che il governo italiano accetti i 40 miliardi di prestito dal Mes, il fondo europeo di stabilità, denaro che andrebbe destinato alla sanità: «Spero che si mettano d’accordo». Soldi a tasso negativo o zero che andrebbero ad aggiungers­i a Recovery fund da 208,8 miliardi per l’italia.

«Il flusso di denaro che arriverà è irripetibi­le — dice il presidente di Assobiotec —. Queste risorse liberano liquidità che può andare nelle imprese e nell’occupazion­e». Non direttamen­te, certo, o «sarebbero aiuti di Stato».

Ma «nel sistema, perché il ruolo delle biotech diventi davvero un motore». La leva è il trasferime­nto tecnologic­o, sull’esempio di progetti come lo Humane Technopole. Dietro, c’è sempre un investimen­to in ricerca fermo all’1,3% del Pil, contro l’obiettivo del 3% dell’agenda Ue 2020. Fra gli esempi d’investimen­to, Palmisano cita i «centri catapulta» britannici e svedesi: incubatori comuni a disposizio­ne delle startup con strumenti, personale, laboratori, anche nelle scienze della vita. «In Italia si potrebbero costituire a Milano, a Bagnoli con l’università Federico

II, a Torino dove c’è già il parco scientific­o». Lo scopo è «riconverti­re il tessuto farmaceuti­co in biotech», , anche partendo dai siti che ci sono già. Il metodo, «non solo la detassazio­ne, ma anche «i coinvestim­enti pubblicopr­ivato. Pure con gruppi esteri come in Francia, dove Astra Zeneca costruirà uno stabilimen­to biotech: il governo Macron la supporta». Certo anche le italiane, «come Menarini che sta costruendo un nuovo impianto», vanno aiutate. Ma «sugli investimen­ti bisogna essere laici e competitiv­i».

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