CON STEFANO DOMENICALI CRESCIAMO NEL «CIRCUS»
«Non credo che avrebbero potuto scegliere persona migliore per la Formula 1. Stefano ha sempre lavorato duramente pensando in grande ed ha raggiunto qualsiasi obiettivo». Parola di Lewis Hamilton, sei volte campione del mondo. Contro la Ferrari di Stefano Domenicali, vinse il suo primo titolo nel 2008. Il giudizio dell’uomo più veloce del pianeta sull’attuale presidente della Lamborghini (in uscita), ed ex team manager della Scuderia di Maranello, spiega bene perché gli americani abbiano scelto il manager italiano per guidare la F1 nel futuro. «Stefano» come lo chiamano gli anglosassoni conosce tutto e tutti nelle corse, parla la stessa «lingua» e gode di grande stima. Per il gruppo Liberty Media di John Malone il passaggio è delicamese to: Chase Carey, il boss newyorchese dai baffoni, veniva dall’industria televisiva e ha costruito il periodo successivo all’acquisizione (fino a fine 2016 la F1 era gestita da Bernie Ecclestone, l’azionista di maggioranza era il fondo Cvc). Tocca ora a «Stefano» affrontare l’emergenza del post-pandemia, con tutti i rischi legati al calendario e alla presenza degli spettatori sui circuiti. I Gp a porte chiuse sono stati indispensabili per far riaccendere i motori e incassare le royalties dei diritti televisivi, ma la mancata vendita di biglietti, degli spazi vip agli sponsor, ha prosciugato un forte canale di guadagno.
I conti con la pandemia
A causa del Covid-19, con lo stop ai Gran premi (il campionato è ricominciato solo il 5 luglio) , nel secondo trimestre i ricavi sono passati da 620 milioni a 24, il rosso è stato di 122 milioni. In questo scenario complicato, dove il ritorno alla normalità appare lontano, la F1 per la prossima stagione ha bisogno di più gare (22 circa contro le attuali 17) per incassare di più dalle emittenti, e di tenere sotto controllo i costi. La prima stagione di Domenicali amministratore delegato, il 2021, sarà anche la prima dell’entrata in vigore del «budget cap»: il tetto alle spese di 145 milioni l’anno per le scuderie. E anche se dal conto restano escluse alcune voci (fra le quali gli stipendi dei piloti, dei team manager e dei tecnici «top»), la misura vuole creare una competizione finanziariamente sana e aumentare lo spettacolo in pista attraverso il livellamento dei valori. In base al principio, vince chi spende meglio non di più. Nell’epoca dei motori ibridi (dal 2014) ha dominato una sola squadra, la Mercedes. La supremazia sportiva e tecnologica, insieme agli elevatissimi costi d’ingresso, hanno tenuto lontani dal «circus» altri costruttori. Domenicali per esempio era stato preso da gruppo Volkswagen per preparare lo sbarco in Formula 1. Sei anni fa, qualche dopo il suo addio da responsabile della Gestione Sportiva della Ferrari, era già a Ingolstadt nel quartier generale dell’audi per mettere a punto il piano. Rimasto solo sulla carta per lo scoppio improvviso del «dieselgate» che ha costretto a rivedere le priorità a Wolfsburg.
Il manager imolese invece è andato avanti — ha la famiglia a Monza, lui ci scherza su: «Ho sempre vissuto fra due piste, ecco perché la F1 è la mia vita» — facendosi largo nelle poltrone che contano, mettendo a frutto la sua intelligenza e le esperienze di inizio carriera quando appena entrato alla Ferrari da neolaureato in Economia si occupava di relazioni con la Fiat e di sponsorizzazioni. Per arrivare poi al volante della Lamborghini che lascerà alla fine dell’anno dopo averla condotta a bilanci record. È stato un percorso fondamentale, sono infatti pochissimi i manager in grado di abbinare la conoscenza delle corse a quella dell’industria automobilistica. La sua uscita si è verificata proprio nel momento in cui dalla Germania si moltiplicano le voci su un ripensamento delle strategie da parte della Volkswagen sui propri marchi di lusso, fra i quali Bugatti, la Casa di Sant’agata e anche Ducati. Ma è una faccenda che seguirà qualcun altro.
Manovre francesi
Neanche il tempo di insediarsi nell’ufficio londinese della Formula 1 che il futuro ceo si trova a dover gestire la prima grana: l’addio a sorpresa della Honda, che alla fine del 2021 cesserà la fornitura dei motori alla Red Bull e all’alphatauri, il team satellite con base a Faenza. Una perdita pesante che potrebbe essere assorbita da un impegno maggiore della Renault. I francesi sono già stati a lungo partner delle due scuderie, e questa «disponibilità» non fa che aumentare il peso «politico» all’interno della F1 di un altro italiano (nei posti di comando ci sono anche Mattia Binotto alla Ferrari; e Guenther Steiner, altoatesino, capo della scuderia americana Haas. Conosciutissimo fra i tifosi per le sfuriate con i piloti, documentate dalla serie tv di Netflix «Drive to survive»): Luca De Meo, numero uno della Renault, in carica da pochi mesi eppure già in grado con la sua abilità e con la sua esperienza di riscrivere gli equilibri dentro al paddock. Con «Stefano» sono amici, si sentono spesso, «lui mi dà un sacco di consigli — ha detto l’ex golden boy della Fiat sotto Sergio Marchionne—, ne sa più di tutti».
In un periodo di forte incertezza economica, De Meo ha ridato impulso al programma sportivo, per tornare a vincere dopo stagioni anonime. Ha richiamato un campione del calibro di Fernando Alonso, ha ottenuto riconoscimenti economici nel nuovo sistema di premi, ha annunciato il cambio di nome: Alpine, dalla prossima stagione, per rilanciare un brand molto famoso in Francia per i successi nei rally e alla 24 Ore di Le Mans. Una sorta di Abarth transalpina. Sui motivi che hanno spinto De Meo a confermare il capitolo di spesa per le corse c’è il budget cap: « Le corse non sono il più profittevole dei business , anzi, ma questo tetto è una novità fondamentale: limita la tentazione di spendere e consente a tutti di competere con un numero preciso di risorse. Sono sicuro che ci toglieremo delle belle soddisfazioni. E in più l’aerodinamica delle F1 e l’elettronica delle batterie ci aiuteranno a migliorare i modelli elettrici».
«La F1 è la mia vita, del resto ho sempre vissuto tra due piste, Imola e Monza», scherza Domenicali appena nominato al posto di Chase Carey Il tetto alle spese e la defezione Honda. Le mosse di Renault con De Meo