La fase due e la (vera) partita del Banco Bpm
Il sistema delle banche, in questa fase di profondo cambiamento, è alle prese con un nuovo risiko possibile. L’offerta pubblica di acquisto e scambio di Intesa Sanpaolo su Ubi ha modificato profondamente lo scenario per quelli che potremmo definire gli istituti intermedi e per quelli medio-grandi. Non è un caso che in questi giorni si sia parlato della possibilità che l’unicredit stia valutando la possibilità di unirsi al Banco Bpm. Ipotesi, voci come quelle su un interesse di Crédit Agricole. La banca di Jean-pierre Mustier ha più volte ribadito di non essere interessata ad aggregazioni, ma il mercato non smette di andare avanti con le sue ipotesi. Che in ogni caso dicono una cosa abbastanza semplice: l’assetto che vediamo adesso del sistema bancario non è ancora quello definitivo.
In passato Giuseppe Castagna, amministratore delegato del Banco Bpm era stato molto chiaro: «È evidente che l’aggregazione di Ubi in Intesa Sanpaolo cambia il contesto competitivo per tutte le altre banche italiane. Puntiamo ad aumentare il valore di Banco Bpm, se serve anche attraverso aggregazioni che vengano apprezzate dal mercato». Segno di una volontà di giocare da protagonista nel fase due, ma soprattutto di voler stare molto attento ai paletti del mercato, a cominciare dagli investitori.
Attualmente c’è il Monte dei Paschi di Siena, la banca controllata dal ministero dell’economia, alle prese con una profonda e continua pulizia di bilancio. Un eventuale matrimonio sarebbe la forma più veloce per consentire la diluizione dello Stato dal suo azionariato sotto la fatidica soglia della maggioranza. Il vero scoglio è la valutazione di questa operazione, e soprattutto come conteggiare i 6 miliardi di ricapitalizzazione pubblica che sono stati necessari finora per salvaguardare la banca. Poi c’è Bper, che ha appena lanciato l’aumento di capitale che le consentirà di acquistare gli oltre 500 sportelli da Intesa. Acquisizione che consente all’istituto nell’orbita di Unipolsai di realizzare un importante salto dimensionale.
C’è da dire che in passato Banco Bpm aveva avuto colloqui e possibilità che non si sono mai conclusi, dalla stessa Ubi alla stessa Banca Popolare dell’emilia-romagna. Segno che la consapevolezza di dover crescere era forte anche dopo la messa a regime dell’integrazione tra la Banca Popolare di Milano e la Banca Popolare di Verona. Una delle questioni che andrà individuata sul mercato è se il Banco Bpm sarà una potenziale preda o, come finora ha dimostrato di saper essere, un aggregatore.