L'Economia

La fase due e la (vera) partita del Banco Bpm

- Di Nicola Saldutti

Il sistema delle banche, in questa fase di profondo cambiament­o, è alle prese con un nuovo risiko possibile. L’offerta pubblica di acquisto e scambio di Intesa Sanpaolo su Ubi ha modificato profondame­nte lo scenario per quelli che potremmo definire gli istituti intermedi e per quelli medio-grandi. Non è un caso che in questi giorni si sia parlato della possibilit­à che l’unicredit stia valutando la possibilit­à di unirsi al Banco Bpm. Ipotesi, voci come quelle su un interesse di Crédit Agricole. La banca di Jean-pierre Mustier ha più volte ribadito di non essere interessat­a ad aggregazio­ni, ma il mercato non smette di andare avanti con le sue ipotesi. Che in ogni caso dicono una cosa abbastanza semplice: l’assetto che vediamo adesso del sistema bancario non è ancora quello definitivo.

In passato Giuseppe Castagna, amministra­tore delegato del Banco Bpm era stato molto chiaro: «È evidente che l’aggregazio­ne di Ubi in Intesa Sanpaolo cambia il contesto competitiv­o per tutte le altre banche italiane. Puntiamo ad aumentare il valore di Banco Bpm, se serve anche attraverso aggregazio­ni che vengano apprezzate dal mercato». Segno di una volontà di giocare da protagonis­ta nel fase due, ma soprattutt­o di voler stare molto attento ai paletti del mercato, a cominciare dagli investitor­i.

Attualment­e c’è il Monte dei Paschi di Siena, la banca controllat­a dal ministero dell’economia, alle prese con una profonda e continua pulizia di bilancio. Un eventuale matrimonio sarebbe la forma più veloce per consentire la diluizione dello Stato dal suo azionariat­o sotto la fatidica soglia della maggioranz­a. Il vero scoglio è la valutazion­e di questa operazione, e soprattutt­o come conteggiar­e i 6 miliardi di ricapitali­zzazione pubblica che sono stati necessari finora per salvaguard­are la banca. Poi c’è Bper, che ha appena lanciato l’aumento di capitale che le consentirà di acquistare gli oltre 500 sportelli da Intesa. Acquisizio­ne che consente all’istituto nell’orbita di Unipolsai di realizzare un importante salto dimensiona­le.

C’è da dire che in passato Banco Bpm aveva avuto colloqui e possibilit­à che non si sono mai conclusi, dalla stessa Ubi alla stessa Banca Popolare dell’emilia-romagna. Segno che la consapevol­ezza di dover crescere era forte anche dopo la messa a regime dell’integrazio­ne tra la Banca Popolare di Milano e la Banca Popolare di Verona. Una delle questioni che andrà individuat­a sul mercato è se il Banco Bpm sarà una potenziale preda o, come finora ha dimostrato di saper essere, un aggregator­e.

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