UNA COLATA DA 400 MILIARDI (QUI LA BANCA PUBBLICA SERVE)
In Italia la data chiave è il 31 gennaio, quando scadrà la proroga concessa dal governo sulle moratorie con le misure anti Covid
Il credito deteriorato è uno dei problemi più complessi che l’europa dovrà affrontare nei prossimi mesi. La questione npl (non performing loans )e il tema delle bad bank pubbliche e private (Amc, Asset management companies) sono al centro di un decisivo confronto che coinvolge mondo politico, authority europee e nazionali, banche e i maggiori operatori di recupero crediti. I temi principali sono le regole di svalutazione, il funzionamento delle Amc e il processo di armonizzazione che consentirebbe di dar vita a un network europeo per fronteggiare l’emergenza pandemica. Due sono le questioni al centro della discussione: l’effettivo valore dei crediti ceduti e la revisione del quadro regolamentare, che come sempre, trova alcuni paesi del Nord pronti a respingere l’idea di strumenti comuni.
Fusioni per ristrutturare
I crediti deteriorati o npl sono i prestiti che i clienti delle banche non riescono a restituire. Un problema che, visto le attuali difficoltà, è destinato inevitabilmente a crescere. Quando questi importi diventano consistenti, il caso non è più solo delle banche ma rischia di coinvolgere l’intera economia. Se infatti tanti istituti hanno finanziamenti che non vengono rimborsati, si riduce la disponibilità di prestare risorse o mantenere gli affidamenti già concessi. Prima del Covid, l’eba, l’autorità di vigilanza bancaria europea, aveva dettato i nuovi criteri che, in modo uniforme e automatico per i paesi dell’unione, prevedevano l’abbattimento del valore dei finanziamenti a seconda della qualità e delle garanzie dei crediti stessi. In pratica la banca deve accantonare a perdita quel credito. Complice la recessione da Covid, si rischiano conseguenze pesanti sui bilanci. Non è un caso che Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, abbia proposto una moratoria sulle nuove regole. Una prima risposta è arrivata dal governatore di Banca d’italia, Ignazio Visco, che ha sostanzialmente escluso che si possa arrestare o rinviare i criteri decisi dall’eba, sostenendo che vadano ricompresi in una più ampia strategia sistemica: vanno cioè accelerati i piani di fusione e i consolidamenti patrimoniali. Sono le aggregazioni le vere leve di ristrutturazione.
Un futuro per Amco
Il Governatore ha anche sottolineato che in Europa si sta discutendo sulla possibilità di impiegare bad bank nazionali (l’italia ha già Amco, con la possibile partecipazione di privati) senza applicare in modo automatico il burden sharing, ovvero le svalutazioni di azionisti e creditori delle banche in difficoltà. In particolare, non ci sarebbero perdite per i privati se i crediti fossero ceduti alla bad bank al «valore economico effettivo», cioè a un prezzo superiore a quello di mercato. La minaccia del burden sharing, richiesto dalle norme Ue sugli aiuti di Stato, ha reso di fatto inutilizzabili le bad bank in passato: in Italia lo strumento avrebbe permesso un’uscita più rapida dalla crisi per le banche. La preoccupazione è forte. La stessa presidente della Bce Christine Lagarde ha invitato i governi europei a essere «estremamente graduali, prudenti e cauti» nella rimozione delle moratorie sui prestiti. «Quando le sospensioni dei pagamenti finiranno» ha osservato alla Commissione economica del Parlamento Ue, «se la ripresa non avrà già preso vigore ci potranno essere conseguenze» per banche e imprese.
Così il numero uno della Bce ha risposto a chi le aveva chiesto un’opinione sulla decisione dell’eba di non consentire più alle banche dopo il 30 settembre di non classificare come deteriorati i crediti sotto moratoria.
In Italia la situazione è diversa. La data chiave è il 31 gennaio, quando scadrà la proroga concessa dal governo sulle moratorie con la legge per il Covid. Che fare dunque? Le più recenti analisi di Bce ed Eba hanno mostrato che il settore bancario europeo è in grado di resistere al Covid con le risorse a disposizione. Secondo molte ricerche, le banche europee dovranno aspettare almeno fino al 2023 per tornare a bilanci paragonabili a quelli pre-covid. In un periodo così ampio è possibile che, soprattutto in caso di nuovi lockdown, alcuni istituti possano finire in difficoltà.
Gli italiani
Al momento l’impatto dell’epidemia ha iniziato a manifestarsi solo a livello di rettifiche sul credito (e quindi sui conti economici) e non ancora sulla qualità dell’attivo patrimoniale. Nel primo semestre i crediti deteriorati non sono aumentati in misura rilevante e in alcuni Paesi sono persino scesi. I dati sono però frenati proprio da moratorie e simili. Di pari passo stanno aumentando le rettifiche sui prestiti utp (unlikely to pay), quelli in difficoltà ma non ancora in sofferenza. Un problema significativo soprattutto in Italia a causa della lentezza della giustizia civile nel recupero dei crediti.
I banchieri auspicano perciò flessibilità da parte della Vigilanza Bce nelle classificazioni (soprattutto sugli utp). Al contrario il rischio è che tra qualche mese emerga la necessità di ingenti ricapitalizzazioni. A quel punto sarà fondamentale disporre di strumenti per evitare che le difficoltà degli istituti si trasferiscano ai Paesi dell’eurozona. Nell’attesa, le banche italiane pensano a una nuova ondata di cessioni di crediti deteriorati. Il Monte Paschi ha appena varato la scissione di 9,2 miliardi di npl ad Amco. Quasi tutti i principali istituti stanno preparando la vendita di portafogli ricorrendo soprattutto alla formula delle cartolarizzazioni garantite dallo Stato (gacs). Unicredit, per esempio, avrebbe predisposto un’operazione su un portafoglio di crediti in leasing dal valore nominale di circa 2,5 miliardi. Possibili novità potrebbero venire anche da Iccrea e Cassa Centrale Banca. Dopo l’opas di Intesa Sanpaolo, occorre capire cosa accadrà al portafoglio di oltre 800 milioni di crediti che Ubi era intenzionata a vendere. Quanto alle altre banche, all’inizio dell’estate sia Bper che la Popolare di Sondrio avevano annunciato una doppia gacs di oltre due miliardi. Insomma, la cartolarizzazione con garanzia pubblica è destinata a tornare in auge. Ma potrebbe essere solo l’inizio. Secondo Banca Ifis lo stock complessivo di sofferenze e inadempienze probabili, ancora presenti sui bilanci delle banche e quelle già cedute, raggiungerà nel 2020 i 338 miliardi mentre nel 2021 le poste deteriorate potrebbero salire fino a 385 miliardi e subire un ulteriore incremento nel 2022. Un dato che se confermato obbligherà alcune banche a nuove iniezioni di capitali.