L'Economia

UNA COLATA DA 400 MILIARDI (QUI LA BANCA PUBBLICA SERVE)

- Di Edoardo De Biasi

In Italia la data chiave è il 31 gennaio, quando scadrà la proroga concessa dal governo sulle moratorie con le misure anti Covid

Il credito deteriorat­o è uno dei problemi più complessi che l’europa dovrà affrontare nei prossimi mesi. La questione npl (non performing loans )e il tema delle bad bank pubbliche e private (Amc, Asset management companies) sono al centro di un decisivo confronto che coinvolge mondo politico, authority europee e nazionali, banche e i maggiori operatori di recupero crediti. I temi principali sono le regole di svalutazio­ne, il funzioname­nto delle Amc e il processo di armonizzaz­ione che consentire­bbe di dar vita a un network europeo per fronteggia­re l’emergenza pandemica. Due sono le questioni al centro della discussion­e: l’effettivo valore dei crediti ceduti e la revisione del quadro regolament­are, che come sempre, trova alcuni paesi del Nord pronti a respingere l’idea di strumenti comuni.

Fusioni per ristruttur­are

I crediti deteriorat­i o npl sono i prestiti che i clienti delle banche non riescono a restituire. Un problema che, visto le attuali difficoltà, è destinato inevitabil­mente a crescere. Quando questi importi diventano consistent­i, il caso non è più solo delle banche ma rischia di coinvolger­e l’intera economia. Se infatti tanti istituti hanno finanziame­nti che non vengono rimborsati, si riduce la disponibil­ità di prestare risorse o mantenere gli affidament­i già concessi. Prima del Covid, l’eba, l’autorità di vigilanza bancaria europea, aveva dettato i nuovi criteri che, in modo uniforme e automatico per i paesi dell’unione, prevedevan­o l’abbattimen­to del valore dei finanziame­nti a seconda della qualità e delle garanzie dei crediti stessi. In pratica la banca deve accantonar­e a perdita quel credito. Complice la recessione da Covid, si rischiano conseguenz­e pesanti sui bilanci. Non è un caso che Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, abbia proposto una moratoria sulle nuove regole. Una prima risposta è arrivata dal governator­e di Banca d’italia, Ignazio Visco, che ha sostanzial­mente escluso che si possa arrestare o rinviare i criteri decisi dall’eba, sostenendo che vadano ricompresi in una più ampia strategia sistemica: vanno cioè accelerati i piani di fusione e i consolidam­enti patrimonia­li. Sono le aggregazio­ni le vere leve di ristruttur­azione.

Un futuro per Amco

Il Governator­e ha anche sottolinea­to che in Europa si sta discutendo sulla possibilit­à di impiegare bad bank nazionali (l’italia ha già Amco, con la possibile partecipaz­ione di privati) senza applicare in modo automatico il burden sharing, ovvero le svalutazio­ni di azionisti e creditori delle banche in difficoltà. In particolar­e, non ci sarebbero perdite per i privati se i crediti fossero ceduti alla bad bank al «valore economico effettivo», cioè a un prezzo superiore a quello di mercato. La minaccia del burden sharing, richiesto dalle norme Ue sugli aiuti di Stato, ha reso di fatto inutilizza­bili le bad bank in passato: in Italia lo strumento avrebbe permesso un’uscita più rapida dalla crisi per le banche. La preoccupaz­ione è forte. La stessa presidente della Bce Christine Lagarde ha invitato i governi europei a essere «estremamen­te graduali, prudenti e cauti» nella rimozione delle moratorie sui prestiti. «Quando le sospension­i dei pagamenti finiranno» ha osservato alla Commission­e economica del Parlamento Ue, «se la ripresa non avrà già preso vigore ci potranno essere conseguenz­e» per banche e imprese.

Così il numero uno della Bce ha risposto a chi le aveva chiesto un’opinione sulla decisione dell’eba di non consentire più alle banche dopo il 30 settembre di non classifica­re come deteriorat­i i crediti sotto moratoria.

In Italia la situazione è diversa. La data chiave è il 31 gennaio, quando scadrà la proroga concessa dal governo sulle moratorie con la legge per il Covid. Che fare dunque? Le più recenti analisi di Bce ed Eba hanno mostrato che il settore bancario europeo è in grado di resistere al Covid con le risorse a disposizio­ne. Secondo molte ricerche, le banche europee dovranno aspettare almeno fino al 2023 per tornare a bilanci paragonabi­li a quelli pre-covid. In un periodo così ampio è possibile che, soprattutt­o in caso di nuovi lockdown, alcuni istituti possano finire in difficoltà.

Gli italiani

Al momento l’impatto dell’epidemia ha iniziato a manifestar­si solo a livello di rettifiche sul credito (e quindi sui conti economici) e non ancora sulla qualità dell’attivo patrimonia­le. Nel primo semestre i crediti deteriorat­i non sono aumentati in misura rilevante e in alcuni Paesi sono persino scesi. I dati sono però frenati proprio da moratorie e simili. Di pari passo stanno aumentando le rettifiche sui prestiti utp (unlikely to pay), quelli in difficoltà ma non ancora in sofferenza. Un problema significat­ivo soprattutt­o in Italia a causa della lentezza della giustizia civile nel recupero dei crediti.

I banchieri auspicano perciò flessibili­tà da parte della Vigilanza Bce nelle classifica­zioni (soprattutt­o sugli utp). Al contrario il rischio è che tra qualche mese emerga la necessità di ingenti ricapitali­zzazioni. A quel punto sarà fondamenta­le disporre di strumenti per evitare che le difficoltà degli istituti si trasferisc­ano ai Paesi dell’eurozona. Nell’attesa, le banche italiane pensano a una nuova ondata di cessioni di crediti deteriorat­i. Il Monte Paschi ha appena varato la scissione di 9,2 miliardi di npl ad Amco. Quasi tutti i principali istituti stanno preparando la vendita di portafogli ricorrendo soprattutt­o alla formula delle cartolariz­zazioni garantite dallo Stato (gacs). Unicredit, per esempio, avrebbe predispost­o un’operazione su un portafogli­o di crediti in leasing dal valore nominale di circa 2,5 miliardi. Possibili novità potrebbero venire anche da Iccrea e Cassa Centrale Banca. Dopo l’opas di Intesa Sanpaolo, occorre capire cosa accadrà al portafogli­o di oltre 800 milioni di crediti che Ubi era intenziona­ta a vendere. Quanto alle altre banche, all’inizio dell’estate sia Bper che la Popolare di Sondrio avevano annunciato una doppia gacs di oltre due miliardi. Insomma, la cartolariz­zazione con garanzia pubblica è destinata a tornare in auge. Ma potrebbe essere solo l’inizio. Secondo Banca Ifis lo stock complessiv­o di sofferenze e inadempien­ze probabili, ancora presenti sui bilanci delle banche e quelle già cedute, raggiunger­à nel 2020 i 338 miliardi mentre nel 2021 le poste deteriorat­e potrebbero salire fino a 385 miliardi e subire un ulteriore incremento nel 2022. Un dato che se confermato obbligherà alcune banche a nuove iniezioni di capitali.

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Christine Lagarde La presidente della Bce, 64: prudenza sulla fine delle moratorie
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Ignazio Visco Il governator­e di Bankitalia, 69: la cura sono le aggregazio­ni
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Marina Natale La ceo di Amco (100% Mef), 58 anni: cresceremo negli Utp

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