L'Economia

LOGISTICA, SI PUÒ SALPARE SE IL FISCO SALE A BORDO

Persi venti miliardi di fatturato, la resilienza dei porti container La richiesta di sgravi per il settore che, con l’indotto, dà lavoro a 1,5 milioni di addetti

- Di Andrea Salvadori

Annus horribilis il 2020 per il settore del trasporti e della logistica. L’impatto della pandemia del coronaviru­s e del blocco delle attività economiche ha provocato il crollo del fatturato degli operatori del settore. «L’italia è un Paese che vive di esportazio­ni e dunque non può che risentire negativame­nte della contrazion­e del commercio internazio­nale — spiega Ivano Russo, direttore generale di Confetra, la confederaz­ione nazionale dei trasporti e della logistica —. Secondo i dati dell’organizzaz­ione mondiale del commercio, gli scambi globali hanno toccato nel trimestre giugno, luglio e agosto punte al ribasso del 14%, mentre per fine anno la previsione è di una diminuzion­e dei volumi trasportat­i compresa tra il 18 e il 22%». In questo scenario, la logistica si avvia a chiudere il 2020, secondo le proiezioni del centro studi di Confetra, «con una diminuzion­e dei volumi trasportat­i del 20%, il che significa circa 80 milioni di tonnellate di merci in meno rispetto ai circa 450 milioni che sono movimentat­e ogni anno nel nostro paese in entrata ed in uscita.

Le cifre

Applicando la stessa percentual­e negativa al fatturato, il settore dovrebbe chiudere l’anno con un giro d’affari di 65 miliardi, ovvero 18/20 miliardi di perdite rispetto agli 85 miliardi del 2019». Analizzand­o il comparto, «ci sono attività che stanno subendo meno i contraccol­pi della pandemia, come i porti container ad esempio, per i quali prevediamo una chiusura d’anno con una diminuzion­e dei volumi trasportat­i di circa il 10-15%. Il calo per le ferrovie merci sarà compreso tra il 20% e il 25%, quello dei corrieri b2b oltre il 30%, mentre per il trasporto su gomma la contrazion­e dovrebbe superare il 40%. L’impatto è stato poi molto duro sul cargo aereo: le merci trasportat­e hanno subito flessioni fino al 70% e diminuiran­no tra il 50 e il 60%, anche perché sempre più spesso i carichi viaggiano nella pancia degli aerei passeggeri, la maggior parte dei quali sono stati cancellati a partire dallo scorso febbraio», dice ancora Russo. Il rimbalzo della produzione industrial­e a partire da maggio e giugno, rafforzato­si a luglio con un aumento del 7%, ha permesso al settore di ripartire, «ma la vera incognita è quello che succederà questo inverno: se i traffici internazio­nali non torneranno a livelli normali, per l’economia italiana e di conseguenz­a per la logistica sarà dura». Anche perché nel nostro paese le imprese del settore sono in grande prevalenza di piccole dimensioni e hanno dunque le spalle meno larghe dei competitor internazio­nali: delle circa 90 mila aziende operative in Italia, oltre l’85% fattura infatti meno di 5 milioni e ha in media un numero di addetti inferiore a dieci.

«Il nostro è un settore ad alta intensità di manodopera, con una forza lavoro composta da corrieri, autisti, macchinist­i, portuali, operatori di magazzini, oltre che da quadri, data scientist, manager, addetti alle scorte, manutentor­i delle flotte, lavoratori delle officine. Gli addetti diretti sono circa 800 mila, mentre se si conta il primo cerchio dell’indotto arriviamo a 1,5 milioni. Il costo del lavoro è dunque spesso la prima voce nei bilanci delle nostre aziende», spiega Russo.

I meccanismi

Durante il lockdown, le imprese della logistica sono rimaste aperte per garantire il trasporto delle merci consentite, tanto che l’emergenza ha dato al settore una maggiore visibilità rispetto al recente passato, come si evince da una ricerca realizzata da Ipsos. «D’altro canto, le aziende hanno potuto così fruire molto poco degli ammortizza­tori sociali e il costo del lavoro è rimasto uguale a fronte di un fatturato in forte diminuzion­e, creando grandi difficoltà agli operatori», afferma Russo. Partendo da questa consideraz­ione, le associazio­ni del settore stanno premendo perché il governo e il Parlamento riducano in maniera significat­iva il cuneo fiscale, potendo tra l’altro presto contare sulle risorse del Recovery Fund. «Sarebbe necessario introdurre un taglio degli oneri contributi­vi a carico delle imprese di almeno il 20-30%. Se no il settore non sarà in grado di mantenere il livello occupazion­ale, soprattutt­o dopo la fine del blocco dei licenziame­nti», conclude Russo.

 ??  ??
 ??  ?? Confetra Ivano Russo, direttore generale
Confetra Ivano Russo, direttore generale

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy