PER IL RILANCIO SERVONO TALENTI
I piani di Angelo Camilli, neopresidente di Unindustria Un Politecnico che stimoli la ricerca e un’expo sulla sostenibilità
Un’expo per Roma, un nuovo Politecnico e il completamento delle grandi infrastrutture materiali e immateriali. Pensa in grande il neopresidente degli industriali del Lazio, Angelo Camilli, eletto mercoledì scorso dall’assemblea di Unindustria, la più grande Associazione imprenditoriale del sistema Confindustria per estensione territoriale,con oltre il 90% dei voti.
Presidente, cominciamo dall’analisi dell’esistente. Quali effetti sta avendo la pandemia sul tessuto imprenditoriale laziale?
«La crisi pandemica ha colpito l’economia del Lazio in una fase di ristagno dell’attività: nel 2019 il Pil era aumentato appena dello 0,2% e non aveva ancora recuperato il livello del 2007, anno che ha preceduto la crisi finanziaria globale».
Quali sono i settori più esposti?
«Per alcuni settori strategici, come il turismo, i trasporti e l’audiovisivo, siamo a livello di azzeramento, con un calo dei ricavi dell’80-90%. Le basti pensare che a Roma centro gli alberghi sono occupati al 7% contro il 90% pre-pandemia».
Con quali ripercussioni sull’occupazione?
«Da aprile a giugno l’occupazione regionale ha subìto un calo di ben 89 mila unità, pari al -3,7%».
Quali sono le previsioni per il medio periodo?
«Preoccupa la capacità di reazione del sistema-lazio: le stime ci indicano un rimbalzo nel 2021 più contenuto rispetto ad altre regioni: +4,1% contro il +6,9% della Lombardia e il +7,8% del Veneto».
A fronte di settori che hanno sofferto, ce ne sono altri che sono in espansione. Penso al farmaceutico.
«Il farmaceutico a livello nazionale pre-pandemia valeva 33 miliardi, il 38% dei quali realizzato nella nostra Regione. Latina è la prima provincia italiana per export, precedendo Milano e Frosinone. È chiaro che ci puntiamo molto. Come su altri settori che tengono: l’alimentare, l’aerospazio, l’ict e l’automotive».
Come si incentiva la ripresa?
«Cominciando con lo spendere bene le ingenti risorse che ci sono e che arriveranno per l’emergenza. Ci saranno sei miliardi di fondi comunitari strutturali, cui si aggiungeranno quelli del Recovery
Fund che per il Lazio potrebbero generare altri sei miliardi, e tre ne verrebbero dal Mes, se vi attingessimo. Il tema è più che mai fare bene la programmazione».
Esiste ancora un problema di infrastrutture nel Lazio?
«Non ci sarebbe se si portassero a termine opere, spesso già finanziate, come la Roma-latina, l’orte-civitavecchia, la bretella Cisterna-valmontone, il potenziamento della Salaria, la chiusura dell’anello ferroviario di Roma e l’espansione della capacità di Fiumicino. Inoltre bisognerebbe fare del porto di Civitavecchia, che è già il secondo in Europa per traffico turistico con 2,7-2,8 milioni di passeggeri all’anno, un vero e proprio hub anche per le merci».
Oltre alle infrastrutture materiali oggi servono quelle immateriali.
«Occorre aumentare la disponibilità e la penetrazione di reti e servizi dal 5G fino al cloud, sostenendo le eccellenze territoriali della cyber security, e promuovendo processi di semplificazione e digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione. Ma non basta».
Cos’altro propone?
«Il salto di qualità del territorio parte dalla ricerca. Dobbiamo trattenere e coltivare le nostre intelligenze. Penso a un grande Politecnico che formi i giovani nelle discipline scientifiche».
Nel suo programma ci sono altre idee ambiziose, come portare l’expo a Roma nel 2035.
«Bisogna recuperare ambizione e coraggio. Una manifestazione come l’expo ci consentirebbe di rilanciare la filiera turistica imponendo a Roma un’agenda concreta di grandi cambiamenti e di interventi di rigenerazione urbana da realizzare nei prossimi 10-15 anni. Gli effetti sull’occupazione sarebbero importanti».
Quale tema darebbe alla manifestazione?
«La trasformazione sostenibile delle grandi città».
Basterà a Roma per rilanciarsi?
«Certo che no. Prima di tutto Roma dovrebbe essere dotata delle risorse necessarie a una capitale, come avviene nel resto di Europa. E poi le grandi capitali sono riuscite a espandersi quando ci sono state persone che le hanno guidate avendo una visione chiara. Questo, insieme alle risorse e alla condivisione politica dei progetti, sono condizioni imprescindibili per il successo».