Wall Street non ha ancora votato
Mercato nervosi e indici poco predittivi: intanto i grandi investitori studiano i vaghi piani economici degli sfidanti
Nasdaq ai massimi storici», aveva esultato Donald Trump a inizio agosto aggiungendo: «Tutto crollerebbe, compresi i vostri posti di lavoro, le azioni e le vostre pensioni, se Sleepy Joe dovesse mai diventare presidente». Sleepy Joe è uno dei nomignoli con cui il presidente schernisce lo sfidante Joe Biden e non è un caso che lo attacchi proprio sul tema a lui più caro, quello che a suo parere è il miglior parametro per valutare l’economia e la ricchezza Usa: la borsa di Wall Street. Che oggi ha una preoccupazione in più: la salute dell’inquilino della Casa Bianca, positivo al virus.
La corsa
Dal 7 novembre 2016, la vigilia delle ultime elezioni, l’indice S&P500 è cresciuto a un massimo del 72% con una progressione che quasi mai s’era vista. Trump rally venne battezzato, sebbene fosse maturato prima di conoscere il sorprendente esito elettorale. Forse la borsa aveva previsto la vittoria di Trump meglio dei sondaggi, che davano in vantaggio Hillary Clinton: o forse vale la regola empirica secondo la quale è l’andamento di Wall Street a determinare l’esito elettorale: e, difatti, quattro anni fa L’S&P s’era presentato alle elezioni con un ribasso che sfiorava il 4% negli ultimi 3 mesi. Per la precisione, come analizza il Wall Street Journal, la regola varrebbe più per il presidente in carica che per lo sfidante, poiché la Storia insegna che, con L’S&P in rialzo nei tre mesi precedenti, sarebbe il presidente in carica ad aver vinto le elezioni nel 90% dei casi. E, visto che Wall Street è oggi più o meno agli stessi livelli di agosto, ma in ribasso del 6% (7% il Nasdaq) dai massimi del 2 settembre, si direbbe che questo indicatore sia assai poco predittivo. E’ probabile che la suggestione dell’ultimo mese sia più forte; ma non si può escludere che il deludente comportamento di Wall Street a settembre sia in parte la conseguenza del riposizionamento di alcuni grandi investitori, timorosi che le promesse riforme di Biden (aumento delle tasse, maggior regolamentazione ed energie rinnovabili) finiscano per tarpare un poco le ali di Wall Street. Secondo questa interpretazione, la borsa avrebbe già scommesso sulla vittoria elettorale dello sfidante. Lo proverebbe la decisione di parecchie banche americane di anticipare la distribuzione di bonus a dirigenti e dipendenti e il fatto che un quarto del denaro preso a prestito dalle aziende, controllate o partecipate da società di private equity, è stato usato a settembre per pagare dividendi proprio a queste ultime. Negli ultimi 2 anni la proporzione non aveva mai superato il 4%. I mercati, nei siti dedicati alle scommesse, darebbero dunque Biden vincente con un buon scarto: di 10-20 punti, secondo i calcoli di Goldman Sachs, di 20 punti nelle previsioni di Ubs o solo di 9 punti come si capirebbe dal sito www.electionbettingodds.com, il quale tuttavia darebbe al 54,4% (contro il 45,5%) le probabilità di una blue wave, ossia di un Senato (oltre alla Camera) controllato dai democratici. Infine, osserva Goldman Sachs, il Superforecasters, ossia un più sofisticato indicatore creato nella presunzione che alcune persone sappiano predire meglio dei cosiddetti esperti, farebbe volare le chance di Biden al 75-85%: una valanga.
Ricordando quanto avvenne 4 anni fa, una tale omogeneità di consensi lascia un poco perplessi. Anche allora la
Clinton era data dai normali sondaggi in solido vantaggio, sebbene con uno scarto leggermente inferiore agli 8 punti segnalato dal WSJ o dai 10 di altre rilevazioni, condotte tuttavia prima dell’infuocato dibattito di martedì scorso e soprattutto prima delle rivelazioni del New York Times sulle presunte tasse non pagate da Trump. Ma, al di là delle personali posizioni ideologiche, ai mercati interessa capire se sia più vantaggiosa un’amministrazione Trump o il cambiamento proposto da Biden. E non c’è dubbio che, almeno nel breve, il presidente in carica sia percepito più amico della borsa. L’aumento delle tasse societarie (dal 21 al 28%), di quelle individuali (specie per i ricchi) e l’imposta sui capital gain proposte da Biden non sono certo una lusinga per chi opera a Wall Street. Zach Pandl, strategist di Goldman Sachs, invita gli investitori a «non essere troppo pessimisti sui rischi» di una vittoria democratica. E’ nello stile della banca americana non prendere posizione per non inimicarsi la futura amministrazione. Ma il ragionamento di Goldman è condiviso da gran parte delle grandi banche d’affari. E’ vero che, nel caso di una presidenza Biden, la borsa patirebbe nel breve, ma nel giro di due mesi rivedrebbe i massimi d’inizio settembre, poiché l’incremento delle tasse sarebbe compensato da una politica fiscale ancor più espansiva che darebbe maggior slancio alla crescita del pil: e, di conseguenza all’apprezzamento dei titoli ciclici.