Quei numeri da Bolla
Parevano già care le azioni di Snowflake, una società americana di software, collocate a 120 dollari per azione. Ma nel primo giorno di quotazione (16 settembre scorso al Nyse) erano più che raddoppiate a 254 dollari e la scorsa settimana, a 259 dollari, la società capitalizzava 72 miliardi.
Niente male, commenta Alberto Artoni, gestore dell’azionario americano di Acomea. Pur scontando le «elevate prospettive di crescita della società», a questi prezzi Snowflake, guidata dal presidente e amministratore delegato Frank Slootman, vale 180 volte i ricavi degli ultimi 4 trimestri (400 milioni circa), mentre il rapporto medio per i titoli dell’s&p 500 è di 2,5.
Tale valutazione rappresenterebbe un «record assoluto» sostiene Artoni e sarebbe inutile calcolare il p/e, dal momento che la società «non genera utili e brucia cassa». Al gestore, tutta questa euforia richiama alla memoria i meccanismi della bolla del 2000, anche perché il caso di Snowflake non rappresenta un episodio isolato.
Nota Artoni come il rapporto tra la crescita dell’indice Nasdaq 100 e dell’s&p 500 abbia raggiunto nuovi massimi storici a 3,35 volte. Un numero già visto e su cui forse andrebbe messa più attenzione: ai tempi della bolla delle dot.com di 20 anni fa quel rapporto era poco superiore a 3.