Grandi portafogli, più fondi e azioni
Nei mesi più critici la liquidità dei clienti facoltosi è salita del 5%, ma poi è tornata a livelli fisiologici L’incertezza ha accelerato l’acquisto di polizze. Resta molto elevato l’interesse per il mattone
Il Covid ha dato un forte scossone al patrimonio in gestione nel private banking sceso da 884 miliardi di euro a 810 miliardi a fine marzo, per poi risalire a 862 a fine giugno. Uno dei primi effetti della pandemia sui portafogli private è stato l’aumento della liquidità che, però, è durato poco tempo. Nel primo trimestre, di fronte alla grande incertezza del futuro che si respirava, anche il risparmio delle famiglie più ricche si è fermato sui depositi bancari, facendo crescere del 5% la componente liquidità che, però, tra aprile e giugno, è tornata sui livelli pre-covid, intorno al 15,8% (poca cosa se si pensa che nei portafogli retail la liquidità rappresenta più della metà del capitale).
È dunque evidente che i titolari di sostanziosi patrimoni preferiscono essere investiti, tant’è che non hanno dismesso asset nemmeno nei mesi più neri della pandemia.
Le abitudini
Il merito di questo comportamento, secondo Aipb (Associazione italiana private banking), va ai private banker. «L’osservazione dei portafogli nei primi sei mesi dell’anno ha proprio evidenziato il valore della consulenza finanziaria — commenta Antonella Massari, segretario generale di Aipb —. Nel secondo trimestre, non solo la liquidità è subito tornata ai livelli fisiologici, ma abbiamo osservato anche che le parti più dinamiche sono stati gli investimenti diretti in azioni e fondi azionari, saliti rispettivamente del 18,2% e del 23,6%, a fronte di una crescita media del patrimonio del 6,5%».
Per Aipb, infatti, la perdita di valore (-22%) dei patrimoni private nei primi mesi dell’anno non è stata determinata da disinvestimenti, ma dalle turbolenze dei mercati. Tant’è che, nel secondo trimestre, con la ripresa dei listini, la componente equity nei portafogli è risalita. Si stima che il peso possa tornare ai livelli pre-covid appena anche i titoli azionari europei ed emergenti recupereranno terreno. Le stesse dinamiche hanno caratterizzato i fondi azionari. Più contenuti i contraccolpi del Covid sulla quota obbligazionaria che nei portafogli private si è mantenuta intiva. torno all’11,5%. Minimale anche il calo (-0,2%) del peso delle gestioni patrimoniali.
In compenso, durante la pandemia, l’acuirsi del bisogno di sicurezza, ha accelerato l’acquisto di prodotti assicurativi, già in atto. Le privilegiate sono state le polizze del Ramo I (polizze vita) e le Multiramo ( il mix tra Ramo 1 e Ramo 3), perché entrambe più resistenti alle turbolenze dei mercati finanziari e si svalutano meno delle polizze di Ramo III (le finanziarie) che, nell’apice della crisi, hanno perso l’11,2 per cento rispetto a fine 2019.
Vale, comunque, la pena sottolineare che, nonostante negli ultimi quindici anni, la composizione dei portafogli private abbia avuto una sostanziale inversione di tendenza, con un progressivo aumento del peso dei prodotti finanziari, questi restano ancora la componente minoritaria.
A fine 2019, oltre il 59% del dei patrimoni facoltosi, risultava essere ancora investito nel mattone (prevalentemente in abitazioni e in percentuale residuale in immobili non residenziali). Tant’è che la consulenza sul real estate è il servizio di wealth management più richiesto. Mantenere una parte consistente del patrimonio investito nell’immobiliare è il segno che l’economia reale continua ad avere una forte attratUn interesse confermato anche in un recente sondaggio di Aipb. Così, nella convinzione che il private banking possa e debba giocare un ruolo importante per la ripresa del Paese, la maggior parte dei private banker ha già avviato con i clienti il dialogo sulle soluzioni d’investimento nell’economia reale che l’industria del risparmio gestito sta sfornando.