«Adesso è addormentata, ma il rischio inflazione esiste»
Ci sono tre ragioni storiche per cui il tradizionale metodo della gestione attiva (quella descritta in media dalla ricetta 50% azioni, 50% bond) non funziona più bene: i tassi negativi, il fatto che i bond non riescano più a stabilizzare i portafogli, la formidabile concentrazione della performance solo in alcuni settori della Borsa.
Giordano Lombardo, ceo di Plenisfer investments sgr, nuovo brand di denominazione sociale di Threesixty investments sgr, spiega così il mondo degli investimenti in via di trasformazione. Un cambiamento iniziato ben prima della pandemia e che, secondo Lombardo, richiede un diverso approccio alla costruzione e alla manutenzione delle gestioni grandi e piccole.
«Il nostro processo di investimento è basato sul raggiungimento di obiettivi svincolati da qualsiasi tipo di benchmark, i parametri di riferimento a cui si guarda per valutare il lavoro dei money manager, in modo da cogliere le migliori opportunità sul mercato globale», argomenta Lombardo Plenisfer è una boutique partecipata in maggioranza dal gruppo Generali e per la rimanente da soci fondatori e manager. Oltre a Lombardo, ex ad di Pioneer im, nella stanza dei bottoni ci sono
Diego Franzin, Mauro Ratto e Robert Richardson. A regime il Leone di Trieste manterrà il 51%, mentre la compagine manageriale salirà al 49%. «Siamo specializzati nel non essere specializzati — dice Lombardo — . E quindi la nostra proposta sarà tutta costruita intorno a fondi che propongono dei traguardi di rischio e di rendimento». Il primo, Destination value total Return fund, si avvale dell’investimento iniziale di un miliardo da parte del gruppo Generali, e viene offerto a istituzionali ma anche a pubblico retail, attraverso accordi di distribuzione. Mira a ottenere rendimenti lordi annui dell’8% in dollari, in diversi cicli di mercato e con un orizzonte temporale di almeno cinque anni. Alla base dell’attuale strategia di investimento di questo fondo multi asset — che ora punta su commodity, metalli preziosi, alcuni settori che stanno attraversando cambiamenti strutturali e titoli con rendimenti stabili che includono real estate e bond dei mercati emergenti — ci sono le evidenze di un contesto dove i tassi reali son destinati a rimanere a lungo negativi. Uno scenario dove il rapporto tra prodotto interno lordo mondiale e debito è tornato ai livelli del secondo Dopoguerra (130% contro il 70% raggiunto negli anni Ottanta -Novanta) e dove il rischio inflazione non viene prezzato. «Ma, anche se sembra paradossale parlarne, questo rischio invece esiste e non va sottovalutato», prosegue Lombardo. Perché, «per tornare a un rapporto sostenibile tra debito e pil, ci sono tre vie: una crescita della produttività che oggi appare improbabile, una ristrutturazione del debito che non è auspicabile, e una crescita strisciante dell’inflazione, ormai ritenuta accettabile anche dalle banche centrali».
Insomma il futuro della gestione — in un mondo dove a fronte della distruzione di 10 mila miliardi di ricchezza a causa della pandemia sono stati messi sul tavolo 20 mila miliardi tra stimoli fiscali e ulteriore quantitative easing — è tutto da rapportare al nuovo momento storico. Considerando metodi, regole e competenze inedite.