Banche, oggi nasce il terzo polo
L’amministratore delegato Alessandro Vandelli: «Questa è la nostra operazione, ne usciremo più grandi e più solidi»
Inizia questa mattina l’operazione di aumento di capitale da 802 milioni di euro con cui Bper, acquisendo 532 sportelli bancari da Intesa Sanpaolo, diventerà il terzo polo creditizio nazionale. Alessandro Vandelli è il ceo di Bper.
Quando si annunciano i termini di un aumento di capitale, solitamente la Borsa reagisce in maniera negativa. Mercoledì scorso, delineato l’aumento da 802 milioni che inizia oggi, Bper ha chiuso a Piazza Affari guadagnando l’1,95 per cento. Vandelli, cosa è successo e quali sono ora le prospettive?
«A prescindere dalle reazioni immediate, credo sia da sottolineare un aspetto positivo: siamo usciti da una fase di incertezza che si è prolungata per mesi e ora possiamo finalmente presentare al mercato e ai nostri soci i termini di un aumento di capitale a cui attribuiamo valenza strategica».
Un’operazione di importo rilevante, in un momento di profonda discontinuità anche nel sistema bancario.
«A differenza di altre operazioni di aumento di capitale, questa non è pensata per coprire falle o buchi a bilancio che si sono venuti a creare nelle gestioni precedenti: questo è un aumento di capitale che finanzia la crescita. E per Bper sarà una crescita importante. In secondo luogo, è vero che l’importo è rilevante, ma sottolineo che i nostri maggiori azionisti, gruppo Unipol e Fondazione di Sardegna, che detengono rispettivamente circa il 20% e circa il 10% del capitale di Bper, hanno già manifestato la disponibilità a sottoscrivere una quota dell’aumento corrispondente alla rispettiva partecipazione. Siamo convinti che ci siano tutti i presupposti per un’operazione di successo».
Nel febbraio 2019, in un’intervista a «L’economia del Corriere della Sera», lei disse: «Smettete di chiamarci piccoli. Non lo siamo più». Ora Bper Banca appresta a diventare il terzo gruppo italiano, il primo dopo i colossi Intesa e Unicredit. Non avete corso troppo?
«Il nostro approccio al business privilegia da sempre i profili di concretezza. Più che l’ebbrezza per la velocità con cui stiamo crescendo, abbiamo in testa i dettagli dell’operazione che si apre oggi e l’impegno straordinario chiesto a tutta la nostra struttura perché abbia successo. Acquisire in un colpo solo 532 sportelli è una grandissima sfida, ma anche una bellissima sfida. Significa che Bper a operazione conclusa, nel secondo trimestre del 2021, avrà circa il 40 per cento di masse in più. È una operazione di tipo transformational, una grandissima opportunità per tutti noi. Una operazione che ci permette di realizzare in pochi mesi quanto, in condizioni normali, avrebbe richiesto anni».
Grandi aspettative e complessità non banali. Qual è la criticità industriale che maggiormente la preoccupa?
«La partita più importante sarà integrare nel nostro gruppo le 532 filiali. Dovremo modulare la nostra offerta in linea con l’attuale posizionamento di Ubi. Una grande crescita avverrà in Lombardia, dove il livello della concorrenza è molto elevato. Ma abbiamo una consolidata esperienza, maturata nel corso degli anni, in fatto di integrazioni».
Quanti sportelli acquisirete in Lombardia?
«Sono 271. Poi, 85 nelle Marche. Seguono Piemonte e Liguria al Nord, ma acquisiremo filiali anche in altre regioni. Nessuno sportello in Veneto, nessuno in Sardegna. Il puzzle si incastra bene con la nostra attuale presenza. A fine operazione tra Emilia-romagna, Sardegna e Lombardia avremo circa mille sportelli».
Il risiko si è messo in moto. Vede altre operazioni?
«Non posso escluderle. Gli auspici e le indicazioni della Banca Centrale Europea sull’opportunità dei processi di consolidamento stanno muovendo il settore bancario non solo in Italia, e anche le parole di Andrea Enria, presidente del Consiglio di sorveglianza della stessa Bce, vanno in questa direzione. Gli effetti economici negativi della pandemia, inoltre, hanno messo ancora di più al centro dell’attenzione le opportunità che deriverebbero da possibili aggregazioni. In Italia l’interesse su Mps e le recenti parole di vari manager bancari indicano il medesimo percorso».
Un percorso che potrebbe passare anche attraverso un’operazione tra Bper e Banco Bpm. Se ne parla da tempo.
«Non c’è nulla di concreto. Sono solo
rumors. Noi siamo assorbiti al 100% dall’operazione di acquisizione e integrazione degli sportelli Ubi. Non sarebbe neppure serio che, in una fase tanto delicata, immaginassimo altro. Quando questa operazione sarà conclusa, penseremo al futuro. Non ora».
Restiamo agli sportelli Ubi. Cosa si aspetta dall’integrazione?
«Aspettiamo i colleghi di Ubi a braccia aperte, vogliamo appassionarli al nostro progetto di crescita. Saranno essenziali per il successo e sono convinto che porteranno esperienze e competenze importanti al gruppo».
Sono previsti esuberi?
«No. Rafforzeremo la struttura».
Cosa vuole dire? Assumerete?
«Sì, puntiamo ad aumentare e non a diminuire le risorse».
Fino al novembre 2019 eravate avviati a una fusione con Ubi. Ora siete acquirenti. Meglio quella prospettiva o l’attuale?
«Con Ubi ci sono stati solo alcuni contatti nell’ultimo scorcio del 2019, in una fase del tutto preliminare che non ha avuto alcun seguito. Sono profondamente convinto che sia questa la nostra operazione. Siamo un gruppo integro, solido. Non abbiamo mai venduto pezzi della nostra catena del valore e abbiamo un set completo di società prodotto. Questa operazione ci porterà a superare la soglia dei 4 milioni di clienti, aggiungendone circa 1,4 milioni ai 2,7 milioni attuali. Siamo pronti al passo».
Il rapporto con l’azionista Unipol?
«Positivo. Il ruolo del gruppo Unipol è stato determinante nel contesto di questa operazione, così come il sostegno della Fondazione di Sardegna. Abbiamo un nucleo importante di azionariato che ci caratterizza rispetto ad altri gruppi bancari: questo è per noi un vantaggio significativo».
La solidità patrimoniale è sempre al centro delle osservazioni degli analisti. Come uscirà Bper da questa operazione di profonda trasformazione?
«Al 30 giugno 2019 il nostro indicatore Cet1 ratio, nella sua accezione fully loaded, era del 12,57%. Riteniamo che a fine 2021 sarà oltre il 13 per cento. Insomma, saremo più grandi e più solidi».
Unipol e Fondazione Sardegna sono stati azionisti determinanti in questi ultimi mesi di preparazione