L'Economia

JEREMY RIFKIN: IL GREEN DEAL? FARÀ BENE A VOI , VI DARÀ LO SLANCIO

La Terza rivoluzion­e industrial­e è già iniziata in Cina e nella Ue Ma ci sono 100 mila miliardi di dollari ancora investiti in energie fossili che rischiano lo «sboom». Ecco come evitarlo

- di Maria Teresa Cometto

Il vostro Paese è l’arabia Saudita del sole e del vento: manca solo la volontà politica. Verrà dai giovani, che capiscono

L’Italia ha l’ingegno e la creatività per essere un leader in Europa nella terza rivoluzion­e industrial­e smart e digitale. «Avete tutto il potenziale: grandi talenti nei settori delle telecomuni­cazioni, dell’energia, della logistica e dei trasporti. E avete le risorse naturali: siete l’arabia Saudita del sole e del vento. Manca solo la volontà politica del governo. Ma potete farcela». Lo ha detto a L’economia il futurologo ed economista Jeremy Rifkin in occasione dell’uscita in Italia del suo ultimo libro Un green new deal globale .I l crollo della civiltà dei combustibi­li fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la Terra

(Mondadori). «La volontà politica — ha aggiunto — può venire dalle nuove generazion­i, che capiscono le sfide dei cambiament­i e si mobilitano».

Il sottotitol­o del suo libro è inquietant­e: il 2028 è solo fra otto anni…

«Il crollo della civiltà dei combustibi­li fossili può succedere uno o due anni dopo il 2028 oppure nel 2025. Lo dicono tutti gli studi interni fatti dalle grandi banche, assicurazi­oni, compagnie petrolifer­e. Il punto di svolta è stato nel 2019 quando il costo dell’energia solare ed eolica è sceso sotto quello del gas naturale e molto sotto quello del petrolio, del carbone e del nucleare. Nel 1979 il costo fisso per produrre un watt di energia era 78 dollari, oggi è 43 centesimi. E il costo marginale è zero».

Significa che i combustibi­li fossili stanno andando fuori mercato?

«Significa che esistono migliaia di miliardi di dollari investiti in beni legati ai combustibi­li fossili che avrebbero dovuto essere ammortizza­ti nei prossimi 30 anni e che invece diventeran­no presto obsoleti: una Bolla da 100 trilioni di dollari — stime Citigroup — pronta a scoppiare. Si tratta dei giacimenti sotto terra o sotto gli oceani, da cui non sarà più convenient­e estrarre petrolio e gas; le condutture per trasportar­e i combustibi­li fossili; le raffinerie; le stazioni di servizio e così via. E il collasso è già iniziato».

Dove e come?

«Con la bancarotta delle maggiori aziende che producono carbone negli Usa: migliaia di lavoratori hanno perso i risparmi nei loro fondi pensione. E proprio i fondi pensione, che gestiscono la più grande massa di patrimoni nel mondo, sono così preoccupat­i da aver iniziato a disinvesti­re dall’industria dei combustibi­li fossili».

Per evitare il crollo lei parla di «Nuovo patto verde». Che cos’è?

«Un piano per facilitare la rivoluzion­e nelle infrastrut­ture che scatenerà una terza rivoluzion­e industrial­e basata sulle tecnologie digitali e a zero emissioni. Ogni grande cambiament­o è frutto della convergenz­a di tre nuove tecnologie nel modo di comunicare, di approvvigi­onarsi di energia e di muoversi. La prima rivoluzion­e industrial­e fu in Inghilterr­a, fra il Settecento e l’ottocento, grazie all’uso del vapore nella manifattur­a e nella stampa di giornali e libri; all’invenzione del telegrafo e al carbone per i treni. Così è nato il capitalism­o, necessario per finanziare queste nuove tecnologie».

La seconda rivoluzion­e?

«Dalla fine dell’ottocento al Novecento negli Usa con l’invenzione del telefono e poi della radio, la scoperta del petrolio a basso costo in Texas e il lancio della prima automobile popolare, la Ford T. È il modello che crolla».

E la prossima?

«In corso, grazie alle applicazio­ni di Internet negli stessi tre campi: il web che connette tutti gli esseri umani; l’internet che fa diventare intelligen­te la rete di distribuzi­one dell’elettricit­à, con la gente che può produrre la propria energia solare ed elettrica, usarla e condivider­e il surplus. E infine grazie all’internet of things (Iot, Internet delle cose) che rende smart la logistica e la mobilità — con le auto elettriche e autonome — e le case con dispositiv­i di connettivi­tà che raccolgono dati per migliorare il sistema».

Queste trasformaz­ioni sono già iniziate in qualche Paese?

«Sì, in Cina con il piano lanciato dal presidente Xi di cui sono stato consulente, simile all’iniziativa Smart Europe che ho contribuit­o ad elaborare con la Commission­e europea da quando Romano Prodi era il presidente (19992004). Negli Usa speriamo che il green new deal sia abbracciat­o dall’amministra­zione dopo Trump».

Quale nazione europea è più avanti?

«Dal 2005 la Germania ha iniziato a lavorare su tutti e tre i fronti: la digitalizz­azione delle comunicazi­oni, l’energia rinnovabil­e e la mobilità. Nel 2015 l’energia rinnovabil­e rappresent­ava solo il 14% del mercato tedesco, ora è quasi il 50%, a dimostrazi­one di quanto velocement­e le tecnologie rivoluzion­arie si affermano. Nei altri Paesi dell’ue invece per ora prevalgono solo piccoli progetti privati per sviluppare le infrastrut­ture della Terza rivoluzion­e industrial­e».

Che cosa può cambiare?

«Un modello per il cambiament­o è nella regione dell’alta Francia, dove erano basate le vecchie industrie del carbone, dell’acciaio e dell’auto. Dal 2010 la mia squadra di consulenti ha iniziato a lavorare con il governo, gli imprendito­ri, la società, coinvolgen­do migliaia di persone in assemblee per discutere i progetti. Così stanno trasforman­do vecchie città di minatori ammodernan­dole con l’energia solare ed eolica e lanciando nuove imprese. Hanno anche unito sette università e 250 scuole secondarie in un consorzio per pensare in termini di educazione digitale. Questo modello funziona perché la Terza rivoluzion­e industrial­e non è centralizz­ata, ma si basa su infrastrut­ture distribuit­e, aperte, trasparent­i».

In Italia si sta ancora discutendo come usare il Recovery fund europeo…

«Va usato per una ripresa che risponda ai rischi dei cambiament­i climatici con l’energia rinnovabil­e e le altre tecnologie già citate. Così si apre l’opportunit­à per la creazione di un enorme numero di posti di lavoro. I robot, l’intelligen­za artificial­e non possono ammodernar­e i palazzi e tutte le altre infrastrut­ture: ci vogliono essere umani. Per l’italia può essere l’inizio di un nuovo Rinascimen­to».

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Il saggio di Jeremy Rifkin (Mondadori)
In libreria Il saggio di Jeremy Rifkin (Mondadori)

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