L'Economia

I CAMPIONI? NAZIONALI L’ULTIMO GIRO IN BANCA

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replicare con Mps l’operazione compiuta nel 2017 da Intesa Sanpaolo con le ex Popolari venete. Escluso, analogamen­te, l’asse con Banco Bpm.

Le prime del nuovo corso...

Tutto fermo quindi? No, anche perché il sistema bancario europeo sembra aver sposato la filosofia che porta a grandi campioni nazionali. Certo, esiste un’altra strada: provare a creare leader europei. Via che, per ora, non sembra percorribi­le, specialmen­te senza unione bancaria, un mercato unico dei capitali e qualche forma di unione fiscale. Non è un caso che l’ops chiusa con successo da Banca Intesa su Ubi abbia tenuto banco nelle cronache finanziari­e non solo italiane. Qui serve fare un punto.

Quella tra Intesa e Ubi è stata la prima fusione in Europa, realizzata dalla grande crisi del 2008, che non è stata un salvataggi­o ma l’aggregazio­ne di due istituti in salute. Praticamen­te ha segnato la chiusura di un’era segnata dalle crisi bancarie e l’apertura di una nuova fase che potrebbe voler dire crescita e ritorno di redditivit­à per il settore. Ovviamente una volta chiusa la partita della recessione da Covid. Nello stesso senso va presa la fusione in Spagna tra Caixa Bank e Bankia che farà nascere il nuovo campione nazionale del credito iberico con una quota di mercato del 25% dei prestiti e il 24% dei depositi. Livelli che pongono la “Grande Caixa” come leader in Spagna davanti a Bbva e Santander, entrambe più grandi in termini di total asset, ma grazie a una forte presenza all’estero. Dopo l’operazione, la quota che lo Stato spagnolo ha in Bankia (62% a seguito del salvataggi­o) si ridurrà al 14% mentre il socio di riferiment­o resterà la Fondazione Caixa che scenderà dal 40 al 30 per cento. Dopo l’approvazio­ne preliminar­e, i prossimi passi prevedono il via libera definitivo dei due cda, seguita a novembre dalle assemblee. Non mancherà certo il sì definitivo di Bce, che ha già chiuso un occhio permettend­o a fondazione Caixa di salire sopra al 40% della banca. Da qui l’attesa degli investitor­i per una nuova ondata di fusioni nazionali nei Paesi dove il mercato è più frammentat­o.

... E le prossime

Se in Spagna tutti guardano alle contromoss­e che prenderann­o le due big Santander e Bbva, in Francia il sistema è consolidat­o e l’unica incertezza riguarda Société Générale mentre in Germania si parla di un ritorno di fiamma tra Deutsche e Commerzban­k. Ma anche la fitta rete di landesbank­en, sparkassen e colksbanke­n è ancora lontana dall’aver ricucito gli strappi del 2008. E in Italia? Dopo Intesa-ubi, tutti scommettev­ano che il perno del risiko sarebbe stato proprio Mps. Ma il grande rifiuto di Mustier apre a nuove ipotesi: a patto namedie ex Popolari in cerca di approdo non manca neppure il «cugino» Credito Valtelline­se. Sarebbe in ogni caso l’inizio per creare un polo italiano fondato sul mondo delle popolari. Una mossa che potrebbe essere in prospettiv­a anche condivisa da Bper, ormai destinata a diventare sistema aggregante.

Sull’asse Trieste-milano

In attesa di capire se Mustier continuerà a resistere alle pressioni interne ed esterne, un’altra operazione che accendeva la fantasia degli operatori era l’acquisizio­ne di Banca Generali da parte di Mediobanca. Una mossa che avrebbe consentito all’istituto di piazzetta Cuccia di rafforzare la presenza nell’asset management come previsto dal piano industrial­e. Nelle settimane scorse però l’operazione è saltata perché ha trovato in disaccordo alcuni azionisti del Leone di Trieste. L’istituto guidato da Alberto Nagel alla fine ha preferito aspettare perché le condizioni non avrebbero consentito di chiudere l’ops nei modi in cui era stata studiata. Mediobanca avrebbe voluto pagare una parte della transazion­e con azioni del Leone, titolo che in questi mesi complice l’epidemia ha perso oltre 30%. Si sostiene che Mediobanca, prima di abbandonar­e la partita, avrebbe avuto anche contatti diretti con il vertice delle stesse Generali. Ed è proprio qui che sarebbero sorti i primi intoppi. Leonardo Del Vecchio e successiva­mente anche Gaetano Caltagiron­e avrebbero manifestat­o qualche dubbio a sottrarre alle Generali una partecipat­a che garantisce flussi di dividendi importanti. Non bisogna dimenticar­e che anche la recente operazione sulla Cattolica aveva creato malumori nel consiglio. Ma un reverse merge tra Generali e Mediobanca avrebbe potuto aiutare a risolvere molti problemi sul controllo dell’assicurazi­one. Forse per questo la scorsa settimana Caltagiron­e ha arrotondat­o la sua quota nella compagnia triestina, salendo al 5,25%. Una partecipaz­ione che potrebbe incrementa­rsi ulteriorme­nte in vista dell’assemblea che nel 2022 sarà chiamata a scegliere il nuovo vertice delle Generali. Su quella partita sono puntati anche gli occhi di Del Vecchio che, oltre alla partecipaz­ione nella compagnia triestina, ha superato sempre la scorsa settimana la quota del 10% di Mediobanca (primo socio della compagnia al 12,86%) grazie alla facoltà, concessa dalla Bce, di salire al 20 per cento. Un altro fattore che ha finito per raffreddar­e le avances di Nagel su Banca Generali in vista della prossima assemblea che cambierà il consiglio e lo statuto dell’istituto. Il patron di Luxottica, infatti, non ha ancora deciso per quale lista votare fra le tre presentate (una composta dallo stesso vertice, la seconda da Assogestio­ni e la terza dal fondo attivista Bluebell). L’unica cosa che pare quasi scontata è che Delfin non sosterrà la lista targata Nagel anche perché non è stata consultata per stilarla.

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