VINI DIVISI VINCE IL SUPER, FRENA IL RISTORANTE
La chiusura dei locali pubblici ha frenato le vendite. Giù anche l’export. Ha resistito al calo chi è presente soprattutto nella grande distribuzione. Già attuate le iniziative per recuperare in fretta
Lo studio previsionale di Federvini (affidato alla società di analisi Tradelab) ha confermato i timori: per il comparto si prevede una chiusura del 2020 a -28%. Una contrazione, per quanto significativa, che è persino più bassa rispetto alla stima effettuata per il mercato fuori casa (-33% per tutte le categorie food&beverage) e in miglioramento di un punto percentuale rispetto alle precedenti previsioni, grazie ad un andamento non così negativo nel mese di agosto.
Una statistica che si ripete più o meno identica in tutte le grandi regioni vocate al vino. Il mondo dell’enologia infatti si è diviso in due grandi famiglie: coloro che lavorano soprattutto con il canale horeca (ristorazione e alberghiero) soffrono parecchio, coloro che invece sono forti nella grande distribuzione hanno avvertito molto poco la crisi.
Succede così anche in Veneto dove una realtà in forte crescita come Cantina di Soave non ha visto la sua corsa rallentare eccessivamente. «In effetti — concorda Wolfgang Raifer, direttore generale della cantina — la nostra produzione viene affidata per l’85% alla grande distribuzione che in questi mesi non ha registrato nessun calo. L’incertezza nel futuro, per quanto ci riguarda, sta in quel 15% che affidiamo alla ristorazione. Tutto questo però non è frutto della casualità: per affermarci sul mercato della grande distribuzione organizzata abbiamo sostenuto importanti investimenti e continuato ad alzare l’asticella della qualità. Basti pensare che dal 2016 a oggi abbiamo investito 85 milioni di euro nella nostra cantina passando da 35 milioni di bottiglie l’anno ai circa 40 milioni con la prospettiva di aumentare ancora nel prossimo futuro».
La crisi dell’horeca
Diversa la prospettiva di chi si è sempre affidato a horeca ed export di mercati europei, proprio quelli che hanno subito l’impatto più forte della crisi. Cantine come quella dei fratelli Paladin cresciuta poderosamente grazie a vitigni internazionali come pinot grigio, chardonnay, merlot e cabernet ma anche autoctoni come il refosco dal peduncolo rosso e il verduzzo. «In questi ultimi anni — racconta Roberto Paladin, figlio del fondatore — abbiamo condotto una forte campagna acquisti per differenziare la nostra produzione.
Abbiamo effettuato un investimento in Toscana per produrre il Chianti classico e una in Franciacorta (Castello Bonomi) per poter produrre bollicine ma il motore della produzione rimane in Veneto. La pandemia ha spezzato la nostra crescita in maniera brusca. Negli ultimi 10/15 anni siamo sempre cresciuti a doppia cifra, quest’anno, a causa della pandemia, se saremo bravi potremo chiudere con un calo del 10%. Nel frattempo però non abbiamo smesso di fare sentire la nostra presenza e la nostra vicinanza alla filiera. Crediamo che la fidelizzazione della filiera di riferimento sia l’ingrediente essenziale per una ripresa più rapida».
L’export
Altro canale sconvolto dal Covid è quello legato alle esportazioni che, per l’enologia del Veneto, rappresenta un asset fondamentale. Esemplare il caso della Giusti wine, una cantina creata qualche anno fa dalla famiglia Giusti che adesso esporta il 98% del suo prodotto made in Veneto. «Anche durante queste sette mesi di emergenza il nostro export ha retto — spiega Ermenegildo Giusti, il fondatore — noi però abbiamo vissuto 47 anni in Canada e sappiamo come costruire una rete vendite all’estero, in particolare in Nord America. Questo ci ha avvantaggiato perché Canada e Cina (dove siamo presenti) sono ripartite in fretta. Il prosecco, il recantina, l’amarone sono ormai vini molto apprezzati all’estero e la clientela di fascia alta ha continuato a comprarli, al punto che chiuderemo questo 2020 con un più 30% di fatturato. Crediamo fortemente nelle potenzialità del Veneto e siamo convinti che nei prossimi 10 anni ci sarà un ulteriore salto di qualità in questa regione. E noi saremo pronti a investire».