L'Economia

Dollaro, come scommetter­e sul voto

Dai T bond ad Apple, i rendimenti sono sotto l’1%. Ma il fattore valutario può fare la differenza. Vantaggi e rischi

- Di Angelo Drusiani

Gli Stati Uniti si preparano alle urne: i nostri portafogli in che modo devono esprimersi verso il dollaro? Comunque andrà il voto presidenzi­ale Usa, ormai dietro l’angolo, un ragionamen­to sugli strumenti espressi nel biglietto verde, va fatto.

La campagna elettorale alle ultime battute assumerà toni difficilme­nte cauti. Ai mercati piacerebbe la conferma di una politica non dissimile da quella attuata dall’amministra­zione in carica, basata in buona parte su una forte riduzione del carico fiscale sulle aziende. Politica, questa, che potrebbe essere quasi certamente attuata dalla riconferma di Donald Trump, ma che, probabilme­nte, potrebbe essere seguita, almeno nella prima parte del futuro mandato elettorale, anche dal Partito attualment­e all’opposizion­e.

Gli effetti

Quasi certamente il successo del Partito Repubblica­no favorirebb­e inizialmen­te un aumento del valore del dollaro statuniten­se. Che via via potrebbe essere inficiato dal ritorno della cosiddetta guerra dei dazi con la Cina. La vittoria del Partito Democratic­o potrebbe non essere accolta negativame­nte dai mercati, salvo ricredersi, in un secondo tempo, se le scelte attuate fossero indirizzat­e ad un ridimensio­namento della politica fiscale dell’attuale inquilino della Casa Bianca dal 2017 a oggi. Le vicende politiche, com’è naturale che sia, pesano in misura non trascurabi­le sulle decisioni che gli investitor­i si apprestano a prendere di volta in volta. Non solo quelle interne, sempre importanti, peraltro, ma anche quelle internazio­nali. Soprattutt­o se fanno riferiment­o alla maggiore economia mondiale. Caratteriz­zata pure da una presenza consistent­e non solo nel comparto azionario, ma anche in quello che fa riferiment­o ai titoli di Stato e alle obbligazio­ni di società. Una ragione in più per guardare oltre Atlantico. Infatti, non sono solo i Paesi di Eurozona a proporre titoli di Stato od obbligazio­ni societarie agli investitor­i europei. Dagli Stati Uniti la concorrenz­a è particolar­mente sostenuta, con analoghi strumenti, ancorché, naturalmen­te, denominati in dollari statuniten­si.

Ed è questo aspetto la croce o la delizia di chi opta per questa tipologia di prodotti finanziari. Molto semplici, peraltro, basta guardare la tabella: ci sono i titoli governativ­i di Washington o i debiti contratti da società locali di primaria importantr­ali A completare il quadro, il ricorso a due emissioni denominate in dollari di altri Paesi, Canada e Australia. Tutti accomunati da un dato costante: il basso livello del rendimento offerto. Valore che, fino a qualche tempo fa, era confinato agli strumenti made in Japan, ma che, attualment­e, coinvolge gran parte del globo finanziari­o. Colpa, da un lato, del supporto indiretto che le banche cenhanno deciso di fornire alle economie anche più avanzate, e, dall’altro, dell’esplodere della pandemia. Che ha coinvolto l’intero mondo. E che, per questa ragione, invoca aiuti sempre più stringenti dalle autorità monetarie. Fino ad allungare i tempi del loro intervento a date spinte sempre più avanti nel tempo.

La durata degli strumenti riportati in tabella ha una scadenza minima di tre mesi, nel caso del dollaro australian­o, sia per sfruttare un rialzo ravvicinat­o della moneta del nuovissimo continente, o, in caso di sostanzial­e staticità del rapporto di cambio, per reinvestir­e il ricavato in un’emissione ancora denominata nella stessa moneta.

La durata massima proposta va invece nel segno della valuta statuniza. tense, con rimborso previsto fra poco più di dieci anni e foriera della più elevata redditivit­à, non di molto inferiore all’uno per cento. Un livello che richiama il nostro Btp decennale.

Le altre

Le emissioni della Banca europea per gli investimen­ti, Bei, e le altre proposte del Tesoro Usa propongono tassi intorno allo zero, per arrivare a poco meno dello 0,50%, offerto da un’emissione governativ­a di Washington con durata di poco inferiore ai sei anni.

Esso, Apple, Microsoft, aziende che sono presenti nel mercato obbligazio­nario da molti anni, non sono generose, perché a rimorchio dei bassi tassi d’interesse governativ­i. Esse rappresent­ano, in ogni caso, un’ulteriore diversific­azione all’interno del portafogli­o titoli, da sommare a quella valutaria. E sempre da valutare con attenzione, al fine di minimizzar­e il rischio emittente.

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Fed Jerome Powell, il presidente della Banca centrale Usa che sta lottando contro la pandemia

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