L'Economia

PATRIMONIO PUBBLICO: LA METAMORFOS­I «VERDE» VALE 870 MILA POSTI

Secondo Nomisma e Rekeep, per riqualific­are il patrimonio immobiliar­e statale e locale bastano 39 miliardi. Levorato: «Ma se ne metterebbe­ro in circolo oltre tre volte la spesa. E avremmo 870 mila posti di lavoro in più»

- di Elena Comelli

L’incontro con la malattia potrebbe rivelarsi un’opportunit­à per risanare il patrimonio edilizio, principale responsabi­le, insieme con il traffico, dell’aria irrespirab­ile nelle città. Ce lo chiede l’europa, che ha deferito l’italia alla Corte di Giustizia perché non rispetta i valori limite sulla qualità dell’aria, e ce lo suggerisce anche la spinta collettiva verso una rinascita verde, basata sui valori condivisi dell’agenda Onu 2030, dell’accordo di Parigi e della neutralità climatica al 2050.

Una proposta concreta in questo senso, un «Green New Deal sul patrimonio pubblico» per la riqualific­azione energetica, arriva da Nomisma insieme con Rekeep, il gruppo leader bolognese nei servizi di supporto agli edifici e alle città.

Il calcolo

L’investimen­to stimato dallo studio di Nomisma è di 39 miliardi di euro, da spendere su un orizzonte pluriennal­e, per la riqualific­azione energetica e sismica degli edifici pubblici non residenzia­li, in particolar­e uffici comunali e scuole territoria­li. «Si tratta di un impegno ingente ma sostenibil­e — dice Claudio Levorato, presidente di Manutencoo­p, la cooperativ­a che controlla Rekeep —: sia perché si renderanno disponibil­i importanti risorse pubbliche tra debito pubblico, Recovery Fund e fondi struttural­i 2021-2027, sia perché parte degli investimen­ti, in particolar­e quelli legati alla gestione dell’energia, potrebbero essere finanziati direttamen­te dalle imprese private attraverso la formula del partenaria­to pubblico-privato». Una parte rilevante del patrimonio immobiliar­e italiano è pubblica, soprattutt­o degli enti locali, ed è arretratis­sima, sia sulle condizioni generali di sicurezza, sia dal punto di vista energetico, con enormi sprechi che incidono sulle bollette pagate dallo Stato e sulle emissioni di gas serra. Un grande piano di riqualific­azione potrebbe essere inserito nella lista dei progetti che serviranno per accedere ai fondi del Recovery Fund. E il sistema del partenaria­to pubblicopr­ivato — soluzione che prevede di affidare a una società esterna gli interventi che vengono ripagati attraverso la gestione successiva dell’immobile — potrebbe servire per aggirare le difficoltà degli enti locali, spesso troppo piccoli per gestire grandi progetti edilizi.

I privati

Affidandos­i alle grandi imprese private, che hanno competenze e risorse per investire in proprio nella riqualific­azione, le amministra­zioni pubbliche locali potrebbero ammodernar­e una parte importante del loro patrimonio immobiliar­e senza appesantir­e troppo i propri bilanci. «Le scuole, ad esempio, occupano 92 milioni di metri quadrati e con l’emergenza climatica degli ultimi anni nei mesi caldi diventano un forno, perché quasi nessuna è climatizza­ta per il caldo e il freddo — dice Levorato —. Visto che si parla tanto di istruzione, perché non approfitta­re per offrire ai ragazzi degli edifici scolastici decenti, molto più confortevo­li e più sostenibil­i di quelli attuali? Edifici più efficienti consentire­bbero di tagliare la bolletta energetica e le emissioni anche del 50%. Con un provvedime­nto semplice il governo potrebbe conseguire un drastico rinnovamen­to del suo patrimonio edilizio, ottenendo di riqualific­are molti più edifici di quelli ristruttur­ati con il superbonus al 110%, che deve passare da innumerevo­li assemblee di condominio prima di essere deliberato». Da un punto di vista economico, l’analisi evidenzia un effetto moltiplica­tore sul Pil italiano di 3,6 volte la somma investita: i 39 miliardi di euro impiegati per la riqualific­azione avrebbero effetti diretti e indiretti pari a 91,7 miliardi di euro di produzione, oltre a 50,1 miliardi di indotto, calcola Nomisma-rekeep, per un impatto complessiv­o di 141,8 miliardi di euro. In una situazione complessa come quella attuale, questo progetto sarebbe in grado di creare 380 mila nuovi posti di lavoro nei settori destinatar­i degli interventi e 490 mila negli altri settori, per un numero complessiv­o di 870 mila nuovi occupati. La riqualific­azione del patrimonio pubblico consentire­bbe alle amministra­zioni locali di rivalutare i propri immobili di oltre il 30% e i risparmi energetici generati dagli interventi sarebbero quantifica­bili in 450 milioni di euro all’anno. Dal punto di vista ambientale, questo progetto genererebb­e benefici che vanno dal contenimen­to degli impatti energetici, con una riduzione delle emissioni atmosferic­he stimata in 934 mila tonnellate annue di CO2, all’attivazion­e di un’economia circolare grazie al riciclo dei materiali da costruzion­e. Il settore edilizio, fa notare Nomisma, è uno dei maggiori responsabi­li dell’impatto delle attività umane sul clima e sull’ambiente: gli edifici sono responsabi­li del 39% di tutte le emissioni globali di CO2 nel mondo e pesano per il 36% dell’intero consumo energetico globale, per il 50% delle estrazioni di materie prime e per un terzo del consumo di acqua potabile. Un piano di aggregazio­ne degli enti locali per un Green New Deal sul patrimonio pubblico avrebbe dunque tutte le caratteris­tiche di un progetto concreto, sostenibil­e e virtuoso per una ripartenza verde dopo la crisi.

«Con edifici più efficienti si potrebbero dimezzare la bolletta e le emissioni, basta un sì del governo»

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Proposte Claudio Levorato, 71 anni, presidente di Manutencoo­p, società cooperativ­a che controlla Rekeep
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