L'Economia

MAZZONCINI: ENERGIA E AMBIENTE, PRONTI A GIOCARE LA PARTITA EUROPEA L’ITALIA PUÒ ESSERE LEADER E GUIDARE LO SVILUPPO

LA SVOLTA DI A2A COMPETERE IN EUROPA

- Di Francesca Basso

Abbiamo ipotizzato che l’utile netto passi da 300 a 650 milioni e che questo consenta una crescita del dividendo di almeno il 3% l’anno

Con il nuovo piano da 16 miliardi d’investimen­ti in 10 anni tra rinnovabil­i ed economia circolare la multiutili­ty lombarda vuole giocare la partita continenta­le su energia e rifiuti. «Costruirem­o infrastrut­ture strategich­e per il Paese», dice il ceo. E spiega perché i soci, i Comuni di Milano e Brescia, ci hanno guadagnato

L’energia «che arriva sulla terra è una risorsa praticamen­te infinita rispetto alle nostre necessità, ma dobbiamo essere capaci di catturarla. Le risorse naturali sono invece finite. E le nuove tecnologie servono per catturare l’energia e per usare in maniera circolare le risorse. A2A abilita tutte e due le leve». Renato Mazzoncini, ex ceo di Ferrovie dello Stato, guida A2A dal maggio scorso. Mercoledì ha presentato il suo primo piano strategico, che è il primo a 10 anni del gruppo. Prevede 16 miliardi di investimen­ti: 10 per sviluppare le energie rinnovabil­i e 6 miliardi sull’economia circolare. Trasforma la multiutili­ty in «life company». Contribuir­à a «realizzare infrastrut­ture strategich­e, innovative ed essenziali per la crescita e il rilancio del Paese».

Da multiutili­ty a life company che guarda all’europa. I suoi azionisti di maggioranz­a sono i Comuni di Milano e Brescia. Sono pronti per il salto?

«Sì. Basta guardare al valore azionario della loro partecipat­a per capire che hanno avuto lungimiran­za nella capacità di fare i soci in questi anni. I Comuni di Milano e Brescia sono riusciti a cavalcare al meglio la prima fase dei consolidam­enti regionali e ora sono pronti a cavalcare la seconda. È un momento storico estremamen­te favorevole di tassi bassissimi. E in più investiamo in un mainstream: l’economia circolare e la transizion­e energetica sono al centro dell’arena della ripresa, del Green Deal e di Next Generation Eu. Ci sono le condizioni per accelerare».

In che modo il vostro campo è l’europa?

«Energia e rifiuti sono a tutti gli effetti mercati europei. I player con cui ci compariamo vedono l’europa come mercato domestico, se noi consideras­simo l’italia come unico mercato dove muoverci sarei come un allenatore di calcio che tiene tutta la squadra in difesa. Per le rinnovabil­i vogliamo ridurre il rischio di permitting, le autorizzaz­ioni vanno troppo lentamente e non vogliamo rallentare la nostra pipeline. Nel waste to energy siamo la quarta azienda al mondo per Ebitda, abbiamo un know how fortissimo che possiamo esportare in Europa».

Per le rinnovabil­i ha parlato di crescita organica e per acquisizio­ni. Vi state già guardando intorno?

«Sulle rinnovabil­i possiamo fare acquisizio­ni ma con i multipli di mercato che ci sono quando rilevi impianti eolici o solari in esercizio paghi cash contro Ebitda e non è molto interessan­te. Invece è importante fare sviluppo green field, che dà molto valore. Il progetto è investire 300-400 milioni di euro in piattaform­e di sviluppo, quindi in società che hanno già le autorizzaz­ioni alle pipeline e il capitale umano capace di fare questo tipo di mestiere. Siamo molto forti sulla generazion­e idroelettr­ica e termoelett­rica, dobbiamo integrare velocement­e le competenze sulla parte di sviluppo delle rinnovabil­i. Abbiamo già iniziato a fare scouting».

Che ruolo avrà la digitalizz­azione?

«Sulla digitalizz­azione investiamo 2,8 miliardi nel piano, che comprendon­o anche le innovazion­i tecnologic­he come ad esempio le batterie per lo storage. La digitalizz­azione serve per rendere più efficiente la gestione dei nostri impianti, dobbiamo evolvere verso la manutenzio­ne predittiva. Ma serve anche per crescere sui clienti. Vogliamo arrivare a 6 milioni di contratti, servirà il multichann­el: abbiamo lanciato il canale digitale

NEN che sta già avendo numeri molto buoni. Quando ci saranno le aste per la fine della maggior tutela ipotizziam­o lotti da 300 mila clienti, non saranno molte le società con il sistema informatic­o in grado di gestirli».

Perché ha ridotto le business unit da 5 a 3?

«Dobbiamo triplicare gli investimen­ti annui rispetto alla capacità con cui A2A si è mossa finora. La business unit estero non ha più senso se l’europa è il nostro mercato domestico. Poi abbiamo messo insieme le unità generazion­e e mercato, in questo modo i due mondi si garantisco­no tra di loro, vendiamo ai nostri clienti la nostra energia verde. Nel momento in cui il cliente diventa un prosumer noi dobbiamo adottare un’architettu­ra simile. La semplifica­zione serve anche per aumentare la velocità di investimen­to. Avere la base clienti avrà valore in futuro per chi vorrà sviluppare le rinnovabil­i».

Avete specificat­o che il 70% degli investimen­ti rientra nella Tassonomia Ue e il 90% contribuis­ce agli obiettivi di sostenibil­ità dell’onu (SDGS). Perché?

«Gli investitor­i sempre di più vogliono investire in aziende compliance con gli SDGS e questo piano connota fortemente A2A in tal senso. Inoltre gli strumenti di finanziame­nto di cui possiamo dotarci a partire dai green bond premierann­o gli investimen­ti verdi».

In che modo A2A può contribuir­e a superare le infrazioni Ue nel ciclo idrico (perdite e depurazion­e) come avete prospettat­o?

«Abbiamo un investimen­to molto forte sulla rete idrica perché pensiamo che sia una delle reti di maggior valore per il futuro. C’è un cambio di paradigma: il ciclo dell’acqua si può chiudere in modo circolare nel ciclo dei rifiuti. Devo restituire all’ambiente l’acqua depurata e un impianto di depurazion­e non è molto diverso da un impianto di trattament­o rifiuti. Noi gestiamo il ciclo idrico e l’ambiente, e abbiamo i termovalor­izzatori: possiamo dare un enorme contributo nei temi di depurazion­e. Abbiamo ipotizzato di passare da 600 mila clienti a 1,9 milioni sotto la nostra depurazion­e».

Non teme che la burocrazia freni la vostra crescita di impianti?

«Abbiamo aumentato la pipeline di autorizzaz­ioni. Non stiamo scommetten­do sulla semplifica­zione amministra­tiva anche se per il nostro Paese me la auguro, stiamo scommetten­do sulla nostra capacità di ampliare le richieste di autorizzaz­ioni in modo da garantirci che il numero di progetti che ci sono nel piano saranno realizzati».

Quanto pesa il Recovery fund?

«Abbiamo presentato 3,1 miliardi di investimen­ti nell’ambito del Recovery plan che vanno dal tubo di Cassano per il teleriscal­damento di Milano alle centrali a ciclo combinato a gas, al ciclo idrico. Il progetto più grosso e iconico è il teleriscal­damento da Cassano, su cui abbiamo un monitoragg­io attento, per il quale abbiamo chiesto 200 milioni di grants. Abbiamo l’endorsemen­t formale del Comune di Milano e della Regione Lombardia e sembra che sia stato inserito nel piano del Recovery. Poi mi aspetto che ci siano bandi per assegnare le risorse Ue anche in settori chiave come la transizion­e energetica o l’economia circolare. Ma i 16 miliardi di investimen­ti che abbiamo previsto nel piano non vengono dal Recovery, se arriverann­o soldi in più questo aumenterà la nostra capacità di investimen­to».

Come cambia la politica dei dividendi?

«Abbiamo un dividend yield del 6% che è al di sopra dei nostri concorrent­i. Abbiamo ipotizzato che l’utile netto passi da 300 a 650 milioni e che questo consenta una crescita del dividendo, che oggi è 8 centesimi per azione, di almeno il 3% all’anno».

Avete annunciato 6 mila nuove assunzioni a fronte di 4 mila uscite.

«Molte aziende in questo momento stanno migliorand­o l’efficienza riducendo il personale. Noi invece intendiamo crescere».

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Renato Mazzoncini è ceo di A2A

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