La settimana decisiva per il ceo di Unicredit
Due mesi dopo l’annuncio di Mustier, la banca non ha ancora scelto il successore Giorni decisivi in vista del cda del 10 febbraio. L’incertezza pesa in Borsa: -3,8 miliardi
Sabato prossimo, 30 gennaio, saranno passati due mesi da quando Jean Pierre Mustier ha reso noto la sua intenzione di non continuare a guidare Unicredit oltre il termine dell’attuale mandato, che si concluderà con l’assemblea già programmata per il prossimo 15 aprile.
Due mesi non sono pochi per una banca che già allora doveva recuperare un crescente gap nei confronti della principale concorrente sul territorio italiano, Intesa Sanpaolo. Ma se da un lato la scelta del nuovo capo azienda non poteva prescindere da una attenta analisi delle prospettive future legate ai possibili candidati, allungare ulteriormente i tempi della ricerca lasciando nei fatti la banca in un periodo di incertezza, non sarebbe raccomandabile. La Borsa, indicatore sensibile della fiducia che i mercati ripongono in una azienda quotata, ha visto Unicredit toccare il 25 novembre scorso il massimo dal precedente mese di marzo, quando si manifestò la pandemia da Covid-19, a quota 9,426. L’annuncio dell’addio di Mustier, pochi giorni dopo, vide il titolo scendere a 8,898 euro. Venerdì scorso, Unicredit sul listino di Milano è scesa fino a 7,714 euro per azione. In altre parole, dai massimi di quel 25 novembre, Unicredit ha perso 3,8 miliardi di euro di capitalizzazione borsistica. Rinviare ulteriormente la scelta potrebbe dunque essere oltremodo controproducente.
Prospettive
La banca in questi mesi è vissuta sulle iniziative politiche di Pier Carlo Padoan, l’ex ministro che da aprile sarà presidente. È stato Padoan a immaginare un futuro scenario di attenzione al trascurato mercato italiano, incontrando le fondazioni azioniste e collaborando con Stefano Micossi all’interno del comitato nomine. Ma le strategie di ripresa e le trattative per l’acquisizione della maggioranza del Monte dei Paschi di Siena oggi in portafoglio al ministero dell’economia, necessitano della presenza di un manager pienamente investito dei poteri di gestione, non essendo sufficiente la volontà di supplenza di chi è destinato a lasciare.
Candidature
Anche i nomi trapelati nelle scorse settimane hanno contribuito a generare incertezza. Specie le candidature internazionali. Davvero Tidjane Thiam, ex amministratore delegato di Credit Suisse, che ha lasciato un anno fa dopo essere stato coinvolto in un caso di spionaggio, poteva essere l’uomo giusto per il rilancio di Unicredit sul mercato italiano? Thiam infatti, si è fatto da parte da solo. Anche su Andrea Orcel, prestigioso supermanager nato a Roma che ha conquistato le più ambite poltrone dei consigli di amministrazione di Goldman Sachs, Merrill Lynch, Ubs e Santander, qualcuno ha sollevato delle obiezioni, visto anche lo stile di leadership non esattamente inclusiva che ne ha caratterizzato la carriera. Soprattutto, Orcel è un eccellente investment banker, mentre Unicredit continua a essere una banca fortemente caratterizzata dalla presenza sul mercato retail .Il profilo più vicino alle attese sembrerebbe essere quello del manager tedesco Martin Blessing, che in Germania firmò la fusione tra Commerzbank e Dresdner. Ma davvero dopo l’esperienza con un manager francese oggi Unicredit vuole puntare su una guida tedesca?
Il candidato italiano, chiunque esso sia, sembra partire da una posizione di vantaggio, in questo momento. Ma è necessario arrivare rapidamente a una sintesi. Unicredit non può continuare nell’incertezza. Il consiglio di amministrazione convocato per mercoledì 10 febbraio dovrebbe accogliere la proposta che il comitato nomine presieduto da Micossi andrà a definire in questi giorni. Attendere ulteriormente non porterebbe ad alcun vantaggio. La banca, risanata sotto il profilo patrimoniale dalla attività di Mustier (Cet1 ratio fully loaded al 14,41 per cento nel terzo trimestre 2020), deve ora tornare a produrre utili. Il 2020, che il consiglio di amministrazione del 10 febbraio manderà formalmente in archivio, si chiuderà secondo le attese con un rosso a bilancio attorno al miliardo di euro, visto che al 30 settembre scorso il passivo ammontava a 1,6 miliardi, per la maggior parte imputabili alle svalutazioni decise a inizio anno. Intesa Sanpaolo, nei primi nove mesi del 2020, ha invece portato a casa utili netti per oltre 3 miliardi di euro. La definizione di una politica di sviluppo sul territorio italiano, che proprio Intesa ha dimostrato essere possibile, mentre è risultata di straordinaria complessità la gestione della presenza in una molteplicità di nazioni straniere, necessita di un manager capace di integrarsi rapidamente in una realtà particolare. La volontà di puntare sull’italia sembra un punto di riferimento imprescindibile per l’unicredit di domani. La partita sul Monte dei Paschi di Siena un possibile momento di svolta. Ma l’estensione della presenza del gruppo è anche tale che non si possono dimenticare gli asset in Germania e in Austria, che compongono una banca estremamente articolata e multilingue. Conoscerle potrebbe essere titolo avvantaggiante.