Diritti, la vera partita del calcio
La scalata di Radrizzani, il manager che ha portato il nostro campionato a Pechino e proprietario del team inglese. Ora il suo fondo Aser partecipa all’asta per vedere la Serie A all’estero
La prossima rivoluzione dell’intrattenimento? «Usare il traffico dati al posto del dollaro». Schede sim su cui «veicolare micro-pagamenti», formula che ha reso celebre itunes. «Profilo Instagram di Cristiano Ronaldo. Parte una story, due clic, dovunque tu sia con qualche giga di traffico puoi vedere sul tuo smartphone la partita live della Juventus. Cristiano si trattiene una percentuale, perché hai avuto accesso al match dal suo profilo social», un 20%, immaginiamo, va alla piattaforma di Zuckerberg che ha contribuito a pagare quel diritto rimborsato dalle inserzioni pubblicitarie, una parte va agli operatori telefonici «con cui hai un pacchetto di giga on demand o un contratto di abbonamento», il resto alle squadre di calcio proprietarie di quei diritti.
Andrea Radrizzani ha fama di visionario. Proprietario del Leeds riportato in Premier League dopo 13 anni, con uno stadio tutto nuovo, un rendimento sul capitale investito già con un multiplo di tre e il sergente Marcelo Bielsa come allenatore. Radrizzani crede che l’industria televisiva del calcio abbia potenzialità inespresse. Strano per un prodotto globale, venduto ovunque. Raccontato, visto, scritto, parlato su ogni piattaforma. Per cambiarlo deve cambiare interamente il sistema di distribuzione dei diritti televisivi. «Vanno segmentati per mercati, perché c’è una grande domanda in tutto il mondo ma solo una ristretta élite è in grado di firmare un abbonamento pay-tv ad un’emittente come Sky con accesso a centinaia di canali tematici. Contratti rigidi da 50 euro al mese che solo il 25-30% della popolazione è in grado di permettersi nei Paesi occidentali. Del 7-9% nei Paesi in via di sviluppo. Invece in Egitto ci sono 80 milioni di persone che vorrebbero vedere le gesta di Salah nel Liverpool ma non possono permetterselo. Per questo spadroneggia la pirateria».
Per capire perché Radrizzani è un imprenditore che ama la discontinuità potremmo partire da un aneddoto. Deve la sua fortuna personale anche ad una rottura sentimentale. «Finale dei Mondiali di calcio a Berlino, anno 2006. Ero appena tornato in Europa per sposare la mia fidanzata di allora. Mi chiama, mi dice che ci aveva ripensato. Mi crolla il mondo addosso. A quel punto capisco che dovevo tornare in Cina e inseguire il mio sogno di sempre: vendere la serie A ad oltre un miliardo e mezzo di persone». Le nozze mancate però hanno un prima e dopo. Il prima racconta di umili origini. Famiglia di estrazione operaia, cresce a Barbaiana, vicino Lainate, cintura di Milano. Laurea all’università Iulm con una tesi sul modello Deutsche Bank, poi lo stage «a pulire gli uffici e a fare data entry per le gare di sci» in un’agenzia di diritti tv nella nascente divisione Internet. Ciò che lo cambia è il primo viaggio in Cina per lavoro «dove vedevo grattacieli venire su di notte». Il 2003 è l’anno spartiacque. «Parlavo poco inglese, comincio a studiarlo per bene. Mi trasferisco in Cina dopo aver convinto il mio capo Marco Bogarelli nell’agenzia che poi sarebbe diventata Infront. Lavoro sempre coprendo tutti i fusi. Quattro anni dopo sono pronto a monetizzare perché nel mentre Rai Trade mi aveva cercato per vendere i diritti del calcio italiano in Asia».
Marketing e affari
Nel 2007 Radrizzani capisce che se si mette in proprio fa il grande salto. Ne parla col suo capo della divisione Internet Riccardo Silva. Diventano soci della Mp&silva, anno 2007, una società di marketing sportivo e diritti dei media che in sette anni raggiunge un fatturato di 900 milioni. Vendita e distribuzione di diritti all’estero. Negli anni in cui un’indagine Antitrust scoperchia un presunto cartello che aveva impoverito il prodotto serie A all’estero. Da quella vicenda lui ne esce pulito anche perché si chiude con un buco nell’acqua. Il resto lo fa vendendo il 65% della società ad un fondo governativo cinese per oltre un miliardo di dollari.
Con quei soldi si è messo a fare il venture capitalist nello sport. Ha fondato Aser, una piattaforma di investimenti in società sportive, media e intrattenimento già esistenti, con cui ha appena fatto un’offerta per i diritti tv del calcio italiano all’estero per i prossimi tre anni.
E poi il Leeds, dopo aver vagliato l’acquisto di Sampdoria e Nizza. «Potevo scegliere solo il calcio inglese: monetizzi dal marketing — dice —. Una ristrutturazione di un marchio iconico nel calcio. Il Leeds era un’occasione. In Italia non c’era nulla di simile, puoi solo fare trading di giocatori».
Il profilo
Andrea Radrizzani, 46 anni, presidente del Leeds e fondatore della piattaforma d’investimento Aser