AZIENDE TROPPO PICCOLE? PIÙ MERCATO FIN DALLA CULLA
I dati
In primo luogo, come si vede in tabella, il peso relativo mette in luce come le prime 6 aziende per dimensione rappresentano in Italia il 19,07% del Pil, mentre in Francia il 25,57%, in Germania il 24,11% e in Spagna il 23,33%. Quasi a sottolineare che le nostre grandi imprese, oltre a essere meno, sono un po’ meno grandi delle altre. Il secondo è la nostra composizione merceologica: tre istituzioni finanziarie e tre aziende riferite, nelle radici storiche, al sistema statale.
Non è un giudizio su queste aziende, che dobbiamo assolutamente riconoscere come cruciali per il sistema Italia. Piuttosto ci permette di affermare, da un lato, che le istituzioni finanziarie contano, non solo per il loro ruolo di infrastruttura per il sistema economico, ma anche per il loro peso decisivo per l’occupazione e per la creazione di ricchezza complessiva. E che il loro percorso di aggregazione, deve quindi proseguire in modo deciso. Dall’altro lato, che mancano purtroppo all’appello tanti settori industriali nei quali le aziende italiane sono leader di nicchia e presentano un’eccellenza diffusa e visibile.
Le domande giuste
Di fronte a questi dati, è necessario interrogarci per capire quali azioni concrete siano praticabili per costruire una base più ampia e più pesante di grande aziende, trovando le condizioni per sostenere percorsi di crescita robusti. Quattro sono le proposte concrete. La prima è quella di allargare l’attenzione dalle norme per l’attrazione delle persone fisiche e dei cervelli a quelle per l’attrazione delle imprese, con un meccanismo analogo in termini di riduzione dell’aliquota fiscale per un certo numero di anni. Che significano indotto, posti di lavoro, sviluppo di massa critica per creare un ambiente fertile per le grandi imprese. Milano, in questo senso, deve giocare un ruolo fondamentale di hub per l’attrazione delle sedi di aziende estere. L’olanda ha ben 13 aziende nella classifica Fortune 500, con un mix di aziende storiche olandesi e di aziende estere, attratte grazie soprattutto ad un uso potente della variabile fiscale. Il Regno Unito 21, per ragioni per certi versi analoghe a quelle dell’olanda. La seconda è quella del sostegno alle operazioni di M&A, essenziali per costruire la base del consolidamento. Anche qui la dimensione dell’incentivo fiscale gioca un ruolo decisivo, che può essere applicato sia ad una deducibilità accentuata dei disavanzi da fusione che da una riduzione della tassazione complessiva per un certo numero di anni successivi all’acquisizione, come
Tra le 500 aziende più grandi di Fortune l’italia ha sei nomi, gli spagnoli 9, i tedeschi 27 e i francesi 31. E nostri big pesano solo il 19% del Pil, gli altri tra il 23 e il 25%
«premio» alla crescita. La terza è quella dei mercati finanziari, che giocano un ruolo fondamentale per attrarre le risorse finanziarie necessarie per qualsiasi percorso di crescita aziendale: più volte su queste pagine ho sottolineato l’esigenza e l’urgenza per il paese di promuovere l’utilizzo del mercato di borsa, in quanto è uno strumento essenziale del nostro paese. L’italia avrebbe un volto profondamente diverso e molta più occupazione se si ponesse l’obiettivo di raddoppiare il novero delle aziende quotate. La nuova casa di Euronext deve essere utilizzata con questo obiettivo esplicito, da misurare anno dopo anno.
La quarta è quella del dibattito sui modelli di crescita, in quanto occorre promuovere ricerca e discussione sulle forme di salto dimensionale più coerenti con il profilo delle nostre aziende. La logica di M&A è una strada, che può essere giocata a livello domestico oppure transnazionale, così come esistono altre modalità che vanno dalla costruzione di conglomerati (come avviene in Francia o nei paesi asiatici), a scelte di crescita interna. Il dibattito non è ancora sufficiente e occorre renderlo visibile e centrale, soprattutto in una fase di progettazione delicata come questa. Next Generation Eu e, con lo stesso approccio nell’ambito sanitario, il Mes, vanno utilizzati con la logica di scrivere il business plan per l’italia. Per tornare quindi al tema degli obiettivi che il nostro paese deve darsi, sarebbe ambizioso, ma possibile, avere quello di raggiungere un peso diverso nella classifica delle grandi imprese nei prossimi anni. Vincendo sia la paura, ma soprattutto l’avversione, a pensare in grande.