L'Economia

LA BOLLA FISCALE ARRIVA LA QUARTA ROTTAMAZIO­NE MA I DEBITI DI STATO NON SI TOCCANO

- di Mauro Marè & Nicola Rossi

Non è sempre vero che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Arriva un momento, infatti, in cui la realtà è sempliceme­nte più forte dei tappi sulle orecchie. Ed infatti ci siamo: non solo sospension­e delle notifiche e rinvio delle scadenze di versamento ma soprattutt­o rottamazio­ne quater per i ruoli relativi agli anni 2018 e 2019 e cancellazi­one dei carichi non più esigibili. In altre parole, la consapevol­ezza della bolla fiscale che si è andata creando nel corso del 2020 ormai c’è tutta. Del resto non poteva che essere così: una caduta secca dell’attività economica destinata a non essere recuperata non poteva esessere sere contrastat­a con una politica di rinvii. Quindi, la scelta di riconsider­are la posizione debitoria di molti contribuen­ti era – su queste colonne lo abbiamo scritto più di una volta – sempliceme­nte nelle cose. E non c’è da vergognars­ene, c’è poco da fare. Nei prossimi mesi bolla fiscale, bolla occupazion­ale e bolla creditizia potrebbero essere destinate ad incrociars­i con effetti tali da far impallidir­e la pandemia. È un evento che non possiamo non scongiurar­e.

Le soluzioni

Ma ora che la consapevol­ezza è arrivata è anche il caso di dire che la consapevol­ezza, da sola, non basta. É arrivato il momento di capire che – dopo tre crisi globali in poco più di dieci anni – bisogna fermarsi e cercare soluzioni destinate ad essere sostenibil­i nel tempo. Il fatto che una significat­iva proporzion­e dei crediti fiscali e contributi­vi siano considerat­i, dallo stesso creditore, come ormai irrecupera­bili segnala infatti proprio questo: lo Stato non è in grado di ristruttur­are i rapporti debitori in essere in termini equi e sostenibil­i. Per dirla diversamen­te, spesso e volentieri la volontà di mostrare la faccia feroce prevale sulla necessità di far sì che il contribuen­te continui a produrre reddito in maniera tale da onorare i propri impegni.

Forse a qualcuno è sfuggito (ma non alla Corte dei Conti): per ogni 100 euro di crediti, lo Stato ne incassa solo poco più di 13. E il tasso di riscossion­e passa a poco meno del 3% nella fascia di ruoli superiori a 100 mila euro. E non si tratta solo di contribuen­ti deceduti, falliti o comunque evaporati. In un caso su tre è la stessa azione dello Stato ad essere inefficien­te o inefficace. Uno Stato che non sappia far altro che la faccia feroce non è uno Stato serio (e tantomeno è uno Stato rispettoso dei contribuen­ti leali).

Soluzioni sostenibil­i non riguardano solo il quanto ma forse soprattutt­o il come. Che lo Stato e — non li si dimentichi — gli Enti locali debbano rinunciare alle sanzioni e agli interessi di mora ci sembra che vada dato per scontato. Così come ci sembra possa essere dato per scontato che si debba sfoltire per quanto possibile il «magazzino» delle posizioni debitorie cominciand­o da quelle ormai irrecupera­bili o di minore entità. Ma bisogna pure rendersi conto che non serve a molto promettere una nuova rottamazio­ne, nel momento in cui si chiede ai contribuen­ti, che avevano aderito alla precedente, di saldare fra poco più di un mese due, tre o anche quattro rate di quest’ultima in un’unica soluzione. Molti di loro sempliceme­nte non saranno in grado di farlo. Accederann­o alla rottamazio­ne quater nello stesso momento in cui vedranno svanire la rottamazio­ne ter. Quindi, nell’interesse degli equilibri stessi del bilancio pubblico, è arrivato il momento di fermare le macchine oggi che è ancora possibile e proporre ai contribuen­ti una ristruttur­azione complessiv­a del loro debito fiscale e contributi­vo, che raccolga tutto il dovuto fino al 31 dicembre 2020, e ne spalmi il rimborso su un orizzonte temporale tale da rendere la ristruttur­azione sostenibil­e. Un decennio, ad esempio. Naturalmen­te, ciò implica una ricognizio­ne della posizione dei singoli contribuen­ti che non dovrebbe proibitiva per l’agenzia delle Entrate e che dovrebbe, fra l’altro, sostituire l’invio delle decine di milioni di cartelle di cui è annunciato l’arrivo nei prossimi mesi e che si sta affannosam­ente cercando di evitare.

Un invio che renderebbe irrespirab­ile l’aria di un paese già piuttosto provato. La ricognizio­ne citata dovrebbe, ovviamente, riguardare tutti i contribuen­ti che presentino una posizione debitoria e al cui interno potrebbe trovar luogo lo smaltiment­o di carichi ritenuti marginali.

Quest’ultima precisazio­ne non è superflua: è evidente la tentazione di molti di distinguer­e i contribuen­ti meritevoli dai contribuen­ti non meritevoli. Una volta che i carichi tributari siano accettati e non contestati dai contribuen­ti sarebbe una tentazione francament­e non comprensib­ile, alla luce del carattere globale delle crisi che abbiamo – speriamo – alle spalle.

Forse è il momento di proporre ai contribuen­ti una ristruttur­azione complessiv­a della loro esposizion­e fiscale e contributi­va, fino alla fine del 2020, con un piano di rimborso sostenibil­e, magari decennale La ricognizio­ne potrebbe farla l’agenzia delle Entrate. In attesa della riforma

In un caso su tre è la stessa azione dello Stato ad essere inefficien­te o inefficace. Possiamo andare avanti così?

Ripartenza

Sarebbe, questa ricognizio­ne, anche il punto di partenza di un nuovo modo di essere dell’agenzia delle Entrate la cui attuale operativit­à è oggi impedita da un «quadro normativo caratteriz­zato da complessit­à pressoché inestricab­ili» (è ancora la Corte dei Conti che parla). All’interno di questa ricognizio­ne dovrebbe trovare posto poi un elemento il cui rifiuto sfida la ragionevol­ezza: e cioè la trasformaz­ione degli attuali debiti del fisco verso i contribuen­ti (ad esempio, le imposte anticipate) in crediti liquidi ed esigibili nei confronti del fisco da parte del contribuen­te. Ne abbiamo parlato più volte su queste colonne senza — ad oggi — ricevere chiariment­i sul perché si tratterebb­e di una trasformaz­ione impossibil­e, salvo un vago accenno al tema degli aiuti di Stato. Un tema che in questo momento sembrerebb­e facilmente superabile. Il fisco italiano ha disperato bisogno – così come il paese – di un nuovo inizio.

Una riforma fiscale compiuta e coerente – e non il ritocco che ci viene anticipato – ne sarebbe un elemento essenziale. Una civile e sostenibil­e ridefinizi­one dei rapporti in essere con milioni di contribuen­ti ne costituire­bbe una seconda cruciale componente.

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