LA BOLLA FISCALE ARRIVA LA QUARTA ROTTAMAZIONE MA I DEBITI DI STATO NON SI TOCCANO
Non è sempre vero che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Arriva un momento, infatti, in cui la realtà è semplicemente più forte dei tappi sulle orecchie. Ed infatti ci siamo: non solo sospensione delle notifiche e rinvio delle scadenze di versamento ma soprattutto rottamazione quater per i ruoli relativi agli anni 2018 e 2019 e cancellazione dei carichi non più esigibili. In altre parole, la consapevolezza della bolla fiscale che si è andata creando nel corso del 2020 ormai c’è tutta. Del resto non poteva che essere così: una caduta secca dell’attività economica destinata a non essere recuperata non poteva esessere sere contrastata con una politica di rinvii. Quindi, la scelta di riconsiderare la posizione debitoria di molti contribuenti era – su queste colonne lo abbiamo scritto più di una volta – semplicemente nelle cose. E non c’è da vergognarsene, c’è poco da fare. Nei prossimi mesi bolla fiscale, bolla occupazionale e bolla creditizia potrebbero essere destinate ad incrociarsi con effetti tali da far impallidire la pandemia. È un evento che non possiamo non scongiurare.
Le soluzioni
Ma ora che la consapevolezza è arrivata è anche il caso di dire che la consapevolezza, da sola, non basta. É arrivato il momento di capire che – dopo tre crisi globali in poco più di dieci anni – bisogna fermarsi e cercare soluzioni destinate ad essere sostenibili nel tempo. Il fatto che una significativa proporzione dei crediti fiscali e contributivi siano considerati, dallo stesso creditore, come ormai irrecuperabili segnala infatti proprio questo: lo Stato non è in grado di ristrutturare i rapporti debitori in essere in termini equi e sostenibili. Per dirla diversamente, spesso e volentieri la volontà di mostrare la faccia feroce prevale sulla necessità di far sì che il contribuente continui a produrre reddito in maniera tale da onorare i propri impegni.
Forse a qualcuno è sfuggito (ma non alla Corte dei Conti): per ogni 100 euro di crediti, lo Stato ne incassa solo poco più di 13. E il tasso di riscossione passa a poco meno del 3% nella fascia di ruoli superiori a 100 mila euro. E non si tratta solo di contribuenti deceduti, falliti o comunque evaporati. In un caso su tre è la stessa azione dello Stato ad essere inefficiente o inefficace. Uno Stato che non sappia far altro che la faccia feroce non è uno Stato serio (e tantomeno è uno Stato rispettoso dei contribuenti leali).
Soluzioni sostenibili non riguardano solo il quanto ma forse soprattutto il come. Che lo Stato e — non li si dimentichi — gli Enti locali debbano rinunciare alle sanzioni e agli interessi di mora ci sembra che vada dato per scontato. Così come ci sembra possa essere dato per scontato che si debba sfoltire per quanto possibile il «magazzino» delle posizioni debitorie cominciando da quelle ormai irrecuperabili o di minore entità. Ma bisogna pure rendersi conto che non serve a molto promettere una nuova rottamazione, nel momento in cui si chiede ai contribuenti, che avevano aderito alla precedente, di saldare fra poco più di un mese due, tre o anche quattro rate di quest’ultima in un’unica soluzione. Molti di loro semplicemente non saranno in grado di farlo. Accederanno alla rottamazione quater nello stesso momento in cui vedranno svanire la rottamazione ter. Quindi, nell’interesse degli equilibri stessi del bilancio pubblico, è arrivato il momento di fermare le macchine oggi che è ancora possibile e proporre ai contribuenti una ristrutturazione complessiva del loro debito fiscale e contributivo, che raccolga tutto il dovuto fino al 31 dicembre 2020, e ne spalmi il rimborso su un orizzonte temporale tale da rendere la ristrutturazione sostenibile. Un decennio, ad esempio. Naturalmente, ciò implica una ricognizione della posizione dei singoli contribuenti che non dovrebbe proibitiva per l’agenzia delle Entrate e che dovrebbe, fra l’altro, sostituire l’invio delle decine di milioni di cartelle di cui è annunciato l’arrivo nei prossimi mesi e che si sta affannosamente cercando di evitare.
Un invio che renderebbe irrespirabile l’aria di un paese già piuttosto provato. La ricognizione citata dovrebbe, ovviamente, riguardare tutti i contribuenti che presentino una posizione debitoria e al cui interno potrebbe trovar luogo lo smaltimento di carichi ritenuti marginali.
Quest’ultima precisazione non è superflua: è evidente la tentazione di molti di distinguere i contribuenti meritevoli dai contribuenti non meritevoli. Una volta che i carichi tributari siano accettati e non contestati dai contribuenti sarebbe una tentazione francamente non comprensibile, alla luce del carattere globale delle crisi che abbiamo – speriamo – alle spalle.
Forse è il momento di proporre ai contribuenti una ristrutturazione complessiva della loro esposizione fiscale e contributiva, fino alla fine del 2020, con un piano di rimborso sostenibile, magari decennale La ricognizione potrebbe farla l’agenzia delle Entrate. In attesa della riforma
In un caso su tre è la stessa azione dello Stato ad essere inefficiente o inefficace. Possiamo andare avanti così?
Ripartenza
Sarebbe, questa ricognizione, anche il punto di partenza di un nuovo modo di essere dell’agenzia delle Entrate la cui attuale operatività è oggi impedita da un «quadro normativo caratterizzato da complessità pressoché inestricabili» (è ancora la Corte dei Conti che parla). All’interno di questa ricognizione dovrebbe trovare posto poi un elemento il cui rifiuto sfida la ragionevolezza: e cioè la trasformazione degli attuali debiti del fisco verso i contribuenti (ad esempio, le imposte anticipate) in crediti liquidi ed esigibili nei confronti del fisco da parte del contribuente. Ne abbiamo parlato più volte su queste colonne senza — ad oggi — ricevere chiarimenti sul perché si tratterebbe di una trasformazione impossibile, salvo un vago accenno al tema degli aiuti di Stato. Un tema che in questo momento sembrerebbe facilmente superabile. Il fisco italiano ha disperato bisogno – così come il paese – di un nuovo inizio.
Una riforma fiscale compiuta e coerente – e non il ritocco che ci viene anticipato – ne sarebbe un elemento essenziale. Una civile e sostenibile ridefinizione dei rapporti in essere con milioni di contribuenti ne costituirebbe una seconda cruciale componente.