L'Economia

LARRY IRVING E LE «REGOLE LEGGERE» PER INTERNET

- Di Edoardo Segantini edoardoseg­antini2@gmail.com @Segantinie

Per Internet servono regole leggere? È quanto sostiene in un’intervista al Corriere Larry Irving, la mente tecnica che, durante l’amministra­zione Clinton-gore, nel 1996, concepì il Telecom Act, l’architettu­ra di regole di cui più volte s’è parlato in questa rubrica. In quella legge storica la parola Internet non è neppure nominata. E non c’è da stupirsene. A metà anni ’90 Internet era solo una piccola pianta: in tutto il mondo c’erano 30/40 milioni di internauti su una popolazion­e mondiale di 6 miliardi. I più lungimiran­ti sapevano che sarebbe cresciuta, ma non quanto poi accadde. Il Telecom Act rimosse ogni ostacolo alla crescita di quella creatura digitale: le diede acqua, ossigeno, sali minerali. Cioè incentivi alle infrastrut­ture, esenzioni fiscali, riduzione dei vincoli antitrust. Ma soprattutt­o sparse un concime formidabil­e, concedendo agli operatori la libertà di non essere responsabi­li dei contenuti veicolati. Come ai gestori di autostrade che non devono rispondere delle imprudenze degli automobili­sti. Non a caso il vicepresid­ente Al Gore, la mente politica, chiamò il progetto Informatio­n Superhighw­ay. In 25 anni la piantina di Internet è cresciuta a dismisura: come Audrey 2 nel film «La piccola bottega degli orrori», hanno scritto in America. Ovviamente nessuno pensa che Internet sia una mostruosa pianta carnivora. Ma di certo la sua crescita, insieme agli enormi benefici, ha creato una nuova stirpe di oligopoli che oggi appaiono non controllab­ili dalle democrazie: eludono le tasse, fanno circolare falsità, decidono chi censurare. Secondo Irving, fedele alla sua impostazio­ne originaria, servono ancora «regole leggere». Ma quanto leggere?

Per diluire lo strapotere di pochi uomini non eletti che condiziona­no il mondo, serve più concorrenz­a: che però va aiutata con leggi più incisive. A questo scopo l’europa si sta muovendo verso regole che attribuisc­ano ai big digitali i doveri che finora hanno scansato, in un quadro competitiv­o più giusto. E negli Stati Uniti non pochi vogliono seguire la stessa strada.

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