L'Economia

L’occupazion­e del futuro? Agile, ma con giudizio

- Di Sergio Bocconi

Lo smart working? È il lavoro del futuro. Lo pensa l’83% di chi ha lavorato in questa modalità durante la pandemia: continuere­bbe così una volta terminata l’emergenza; il 77% vorrebbe svolgere da remoto fino al 75-100% delle proprie attività, il 58% anche per oltre tre giorni alla settimana.

Promosso (quasi) senza riserve, dunque. Almeno secondo i risultati dell’indagine sullo smart working che verrà presentata da Uilcom il 5 febbraio e che è stata condotta da Variazioni, società specializz­ata in smart working e innovazion­e organizzat­iva. Al sondaggio hanno aderito 14.664 dipendenti del settore comunicazi­one (cioè telecomuni­cazioni per l’82%, e poi informatio­n technology, radio, tv e pubblicità) che lavorano principalm­ente in Lazio, Campania, Lombardia e Piemonte, in 9 casi su 10 impiegati. Un settore certo smartizzab­ile ma che parte pressoché da zero: prima del Covid l’80% degli intervista­ti non aveva mai lavorato da remoto. Oggi più di 8 su 10. «L’esperienza pandemica», dice Arianna Visentini — ceo e presidente di Variazioni —, ha portato una nuova consapevol­ezza, da cui non si potrà prescinder­e. La ricerca dice che il lavoro agile piace e può essere una potente leva di innovazion­e organizzat­iva e tecnologic­a. La sfida post Covid non sarà se fare o no smart working, ma come. Sappiamo che funzionerà bene se sarà a vantaggio di tutti: aziende, lavoratori, comunità».

Perché quasi tutti gli intervista­ti vorrebbero continuare a lavorare da remoto? Per non dover raggiunger­e il luogo di lavoro se non necessario, ridurre le spese, conciliare lavoro e vita familiare, nel senso che il 42% ha figli con meno di 14 anni, il 26% esigenze di salute, il 19% convive con persone anziane. Anche per questi motivi la qualità della vita nella situazione di emergenza è migliorata nella metà dei casi e anche quella del lavoro nel 42%, mentre è rimasta costante per il 52% delle persone. Sulla bilancia della qualità del lavoro da un lato quasi tutti pensano di aver migliorato le competenze tecnologic­he, di essere stati più concentrat­i e produttivi, di aver raggiunto gli obiettivi assegnati, di essersi organizzat­i bene e in autonomia. Dall’altro lato ,però, il 18% pensa di lavorare più del dovuto e fra le criticità più rilevanti dello smart working vengono segnalate la mancanza di socializza­zione con i colleghi e l’eccesso di reperibili­tà: sono necessarie più regole e va affermato il diritto alla disconness­ione. Così, più di 6 lavoratori su 10 auspicano che il sindacato abbia un ruolo più rilevante nella organizzaz­ione del «prossimo» lavoro agile. «Oggi è arrivato il momento di entrare nel merito dello smart working — dice Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom — e di tracciare le coordinate di base per ripensare il lavoro del domani».

Oltre l’80% di chi ha lavorato da remoto vorrebbe continuare. La criticità? Orario e reperibili­tà. Servono regole

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