Italiani in pista a Indy: l’auto corre da sola
AUTO AUTONOME, LA RICERCA ITALIANA SCENDE IN PISTA
Si tratta di una Dallara IL-15
Dieci monoposto, con un motore a benzina da 2.200 centimetri cubici V8, capace di sviluppare una potenza di 420 cavalli e di raggiungere una velocità di 360 chilometri all’ora. Duecento miglia all’ora. Un premio da un milione di dollari per chi supererà per primo il traguardo e ulteriori 500 mila dollari per chi arriva dopo, su uno dei circuiti automobilistici più famosi del mondo, Indianapolis. Ma non sarà la solita gara che incolla l’america ai teleschermi ogni anno alla fine di maggio. Questa volta in pista scenderanno solo le macchine, i piloti resteranno a casa. Alla guida ci penserà un software. Indianapolis cambia pelle e il 23 ottobre, entrerà nel futuro: una gara che accelererà il percorso verso l’auto di domani, caratterizzata da una guida completamente autonoma, perché dentro quelle monoposto ci sarà lo spazio solo per un sistema di computer che simulerà il pilota e, per rendere il tutto più realistico, non potrà pesare più di 70 chilogrammi.
I concorrenti
In gara 29 «scuderie» di tutto il mondo, composte da università e centri di ricerca che in queste settimane stanno mettendo a punto il pilota, ovvero il che verrà poi installato su auto tutte uguali, del tutto simili a quelle in gara a fine maggio. Tutte italianissime automobili prodotte dalla Dallara, a Varano de’ Melegari, sull’appennino parmigiano, come succede da anni sul circuito americano.
Due le vetture «italiane». Una sarà condotta dal «pilota» che sta per essere messo a punto dal Politecnico di Milano che ha allestito la «scuderia» Polimove, guidata da Sergio Savaresi, l’altra sarà una co-produzione tra le università di Modena e Reggio Emilia, Pisa, l’eth di Zurigo e la Polish Academy of Sciences e fa capo a fa capo a Marko Bertogna. «È una straordinaria opportunità di crescita per tutto il settore – dice Andrea Pontremoli, amministratore delegato di Dallara automobili – perché le migliori università del mondo potranno confrontare le rispettive capacità di immaginazione e di elaborazione dei dati in quello che appare come uno straordinario videogioco a dimensione reale, dove le auto, vere ed alimentate a benzina, correranno a 360 chilometri all’ora. Non è però una americanata fine a se stessa. Nel 2017 lo stato dell’indiana ha investito in un programma di forte innovazione tecnologica, da cui si è generata questa manifestazione. C’è stata una intensa collaborazione nell’allestimento delle vetture tra i nostri tecnici e la Clemson university, che ha curato tutta la parte sensoristica, le telecamere, le rilevazioni laser. La sfida è importante e il governo dell’indiana ci ha imposto livelli di sicurezza all’interno della vettura del tutto coerenti con la presenza di un pilota in carne e ossa.
Nessuna deroga. Ecco, gli aspetti tecnologici verranno sviluppati e amplificati. Non solo nel circuito, dove saranno presenti una quantità rilevantissima di sensori, ma soprattutto a bordo dell’auto. L’auto sarà completamente autonoma. Dovrà arrivare prima al traguardo evitando di uscire di pista e modificando la propria velocità e la propria direzione in funzione degli ostacoli fissi e mobili, ovvero le curve e la presenza di altri concorrenti in pista, che troverà nel suo percorso». In occasione della gara «fisica» di Indianapolis, a maggio, le università concorrenti al Gran Premio del 23 ottobre si confronteranno per la prima volta sul circuito di Indianapolis in una prova virtuale. Una gara al computer, ma che replicherà virtualmente tutte le variabili presenti in gara. Il tutto grazie a una piattaforma software che consentirà a tutte le «scuderie» di provare la tenuta su pista delle autovetture, le cosiddette digital twins, appunto piattaforme simulative virtuali. «Saranno auto completamente autonome – sottolinea Pontremoli –, non ci sarà nessuno ai box che con un joystick potrà intervenire nella gara. Nella fase di preparazione di questi mesi si stanno provando sulla piattaforma software tutte le possibili soluzioni ed è una esperienza straordinaria perché si può sbagliare a basso costo e questo è uno straordinario stimolo all’innovazione. L’open innovation
è qui: ci permette di riportare l’uomo al centro del gioco, del suo futuro. Non sono più tenuto a pensare che le nuove tecnologie mi possono aiutare a fare in maniera diversa il mio solito lavoro, oggi posso pensare a cosa realmente voglio fare perché sono nelle condizioni di assumere che una tecnologia in grado di assecondare le mie esigenze esista già, sia disponibile. E questa è una sfida fantastica per tutti noi».
Prove di futuro
Andrea Pontremoli di Dallara Automobili
Dallara realizzerà una decina di autovetture per il Gran Premio di Indianapolis di ottobre, tutte assolutamente identiche ed equipaggiate alla stessa maniera con i sensori della Clemson university. Poi, ci sarà la gara vera e propria e il milione di dollari che rappresenta uno straordinario stimolo verso il progresso tecnologico. Questa gara, questo enorme videogioco a dimensioni e velocità reali, sarà solo il pretesto per una evoluzione più concreta degli studi sulla nuova mobilità urbana. «Negli Stati Uniti – conclude Pontremoli – stanno pensando ad autostrade a corsie separate per differenti tipi di utilizzatori. Due corsie per le auto guidate da umani, che dovranno sottostare alle consuete regole, soprattutto per quanto riguarda i limiti di velocità e due corsie riservate a vetture a guida autonoma, che potranno sfrecciare a 300 chilometri all’ora in tutta sicurezza grazie all’insieme di sensori che garantiranno la completa sicurezza del viaggio. Ecco, se questo sarà il prossimo futuro, la gara di ottobre di Indianapolis ce lo renderà più vicino ed è emozionante per noi di Dallara fare parte di questa straordinaria visione».