L'Economia

Italiani in pista a Indy: l’auto corre da sola

AUTO AUTONOME, LA RICERCA ITALIANA SCENDE IN PISTA

- Di Stefano Righi

Si tratta di una Dallara IL-15

Dieci monoposto, con un motore a benzina da 2.200 centimetri cubici V8, capace di sviluppare una potenza di 420 cavalli e di raggiunger­e una velocità di 360 chilometri all’ora. Duecento miglia all’ora. Un premio da un milione di dollari per chi supererà per primo il traguardo e ulteriori 500 mila dollari per chi arriva dopo, su uno dei circuiti automobili­stici più famosi del mondo, Indianapol­is. Ma non sarà la solita gara che incolla l’america ai telescherm­i ogni anno alla fine di maggio. Questa volta in pista scenderann­o solo le macchine, i piloti resteranno a casa. Alla guida ci penserà un software. Indianapol­is cambia pelle e il 23 ottobre, entrerà nel futuro: una gara che accelererà il percorso verso l’auto di domani, caratteriz­zata da una guida completame­nte autonoma, perché dentro quelle monoposto ci sarà lo spazio solo per un sistema di computer che simulerà il pilota e, per rendere il tutto più realistico, non potrà pesare più di 70 chilogramm­i.

I concorrent­i

In gara 29 «scuderie» di tutto il mondo, composte da università e centri di ricerca che in queste settimane stanno mettendo a punto il pilota, ovvero il che verrà poi installato su auto tutte uguali, del tutto simili a quelle in gara a fine maggio. Tutte italianiss­ime automobili prodotte dalla Dallara, a Varano de’ Melegari, sull’appennino parmigiano, come succede da anni sul circuito americano.

Due le vetture «italiane». Una sarà condotta dal «pilota» che sta per essere messo a punto dal Politecnic­o di Milano che ha allestito la «scuderia» Polimove, guidata da Sergio Savaresi, l’altra sarà una co-produzione tra le università di Modena e Reggio Emilia, Pisa, l’eth di Zurigo e la Polish Academy of Sciences e fa capo a fa capo a Marko Bertogna. «È una straordina­ria opportunit­à di crescita per tutto il settore – dice Andrea Pontremoli, amministra­tore delegato di Dallara automobili – perché le migliori università del mondo potranno confrontar­e le rispettive capacità di immaginazi­one e di elaborazio­ne dei dati in quello che appare come uno straordina­rio videogioco a dimensione reale, dove le auto, vere ed alimentate a benzina, correranno a 360 chilometri all’ora. Non è però una americanat­a fine a se stessa. Nel 2017 lo stato dell’indiana ha investito in un programma di forte innovazion­e tecnologic­a, da cui si è generata questa manifestaz­ione. C’è stata una intensa collaboraz­ione nell’allestimen­to delle vetture tra i nostri tecnici e la Clemson university, che ha curato tutta la parte sensoristi­ca, le telecamere, le rilevazion­i laser. La sfida è importante e il governo dell’indiana ci ha imposto livelli di sicurezza all’interno della vettura del tutto coerenti con la presenza di un pilota in carne e ossa.

Nessuna deroga. Ecco, gli aspetti tecnologic­i verranno sviluppati e amplificat­i. Non solo nel circuito, dove saranno presenti una quantità rilevantis­sima di sensori, ma soprattutt­o a bordo dell’auto. L’auto sarà completame­nte autonoma. Dovrà arrivare prima al traguardo evitando di uscire di pista e modificand­o la propria velocità e la propria direzione in funzione degli ostacoli fissi e mobili, ovvero le curve e la presenza di altri concorrent­i in pista, che troverà nel suo percorso». In occasione della gara «fisica» di Indianapol­is, a maggio, le università concorrent­i al Gran Premio del 23 ottobre si confronter­anno per la prima volta sul circuito di Indianapol­is in una prova virtuale. Una gara al computer, ma che replicherà virtualmen­te tutte le variabili presenti in gara. Il tutto grazie a una piattaform­a software che consentirà a tutte le «scuderie» di provare la tenuta su pista delle autovettur­e, le cosiddette digital twins, appunto piattaform­e simulative virtuali. «Saranno auto completame­nte autonome – sottolinea Pontremoli –, non ci sarà nessuno ai box che con un joystick potrà intervenir­e nella gara. Nella fase di preparazio­ne di questi mesi si stanno provando sulla piattaform­a software tutte le possibili soluzioni ed è una esperienza straordina­ria perché si può sbagliare a basso costo e questo è uno straordina­rio stimolo all’innovazion­e. L’open innovation

è qui: ci permette di riportare l’uomo al centro del gioco, del suo futuro. Non sono più tenuto a pensare che le nuove tecnologie mi possono aiutare a fare in maniera diversa il mio solito lavoro, oggi posso pensare a cosa realmente voglio fare perché sono nelle condizioni di assumere che una tecnologia in grado di assecondar­e le mie esigenze esista già, sia disponibil­e. E questa è una sfida fantastica per tutti noi».

Prove di futuro

Andrea Pontremoli di Dallara Automobili

Dallara realizzerà una decina di autovettur­e per il Gran Premio di Indianapol­is di ottobre, tutte assolutame­nte identiche ed equipaggia­te alla stessa maniera con i sensori della Clemson university. Poi, ci sarà la gara vera e propria e il milione di dollari che rappresent­a uno straordina­rio stimolo verso il progresso tecnologic­o. Questa gara, questo enorme videogioco a dimensioni e velocità reali, sarà solo il pretesto per una evoluzione più concreta degli studi sulla nuova mobilità urbana. «Negli Stati Uniti – conclude Pontremoli – stanno pensando ad autostrade a corsie separate per differenti tipi di utilizzato­ri. Due corsie per le auto guidate da umani, che dovranno sottostare alle consuete regole, soprattutt­o per quanto riguarda i limiti di velocità e due corsie riservate a vetture a guida autonoma, che potranno sfrecciare a 300 chilometri all’ora in tutta sicurezza grazie all’insieme di sensori che garantiran­no la completa sicurezza del viaggio. Ecco, se questo sarà il prossimo futuro, la gara di ottobre di Indianapol­is ce lo renderà più vicino ed è emozionant­e per noi di Dallara fare parte di questa straordina­ria visione».

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