L'Economia

Il tempo del Monte, tra il Tesoro e l’europa

- Di Nicola Saldutti

La Borsa ha una modo tutto suo di reagire agli scenari incerti. Prendiamo il Monte dei Paschi. La sua storia recente è legata ormai ad una ristruttur­azione permanente, che va oltre la vicenda dell’acquisto Antonvenet­a. Da allora sono trascorsi molti anni e se sicurament­e quello è stato il passaggio cruciale, molti altri sono arrivati dopo. Lo Stato ha partecipat­o alla ricapitali­zzazione d’emergenza con 5,4 miliardi, ne è il primo azionista circa al 64 per cento.

Adesso per assicurarn­e la continuità aziendale sono necessari altri 2,5 miliardi ed è cominciata la solita questione che in situazioni come le banche venete sappiamo come è andata: la Banca centrale europea chiede un rafforzame­nto patrimonia­le, la Direzione generale concorrenz­a dell’ue, secondo i principi degli aiuti di Stato, deve autorizzar­e questo tipo di operazione. Lo farà? A quali condizioni? Come si concilia con il percorso di privatizza­zione? Una situazione incerta che in Borsa si è tradotta in un altro crollo. Risultato: Mps capitalizz­a quattro volte meno dei soldi messi dallo Stato per il salvataggi­o, circa 1,2 miliardi. Eppure questo forse è il momento, forse l’ultima occasione, nel quale la svolta potrebbe arrivare.

Al ministero del Tesoro c’è Daniele Franco, che come direttore generale della Banca d’italia, il dossier Mps conosce in profondità. Alla presidenza Patrizia Grieco, una lunga carriera dentro l’industria, dall’olivetti all’enel, ha tutte le capacità per gestire un’eventuale aggregazio­ne e soprattutt­o il nodo centrale, il rapporto tra banca e imprese. E naturalmen­te, alla presidenza del Consiglio, Mario Draghi. Il tempo non è un fattore che gioca più a favore delle questioni aperte, dunque il calendario è stretto. C’è chi arriva ad ipotizzare che alcuni stanno studiando un modello di bad bank da un lato e di una Nuova Mps dall’altra.

Ipotesi, scenari. Una cosa è certa: i via libera Ue saranno tanto più semplici quanto più il percorso di privatizza­zione sarà chiaro. Allo stesso tempo però l’urgenza di capitale è troppo forte e dunque il Tesoro resta l’attore principale. Forse servirà un salto triplo tra Stato e mercato per uscire da questa situazione. Andrea Orcel, ceo di Unicredit, ha fatto intendere che le operazioni possono essere a geometria variabile, includendo anche Banco Bpm. A sua volta Banco Bpm ha fatto intendere che è aperta a tutti gli scenari. Ora dalle impression­i bisogna passare ai fatti. Alle decisioni. E la prima mossa spetta allo Stato.

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