L'Economia

UN COMPITO PER IL GOVERNO FAR RIPARTIRE LA DOMANDA E AIUTARE GLI INVESTIMEN­TI

Non tutte le aziende hanno perso con la pandemia. Molte hanno continuato a correre, altre possono tornare a farlo. Imparare la lezione americana e inglese sui costi della crisi da suddivider­e

- Di Ferruccio de Bortoli Con articoli di Antonella Baccaro, Daniele Manca, Alberto Mingardi, Martina Pennisi

La chiave della ripresa è tutta in una domanda alla quale converrà rispondere fin da ora. Non è un interrogat­ivo, però. Bensì quell’insieme di investimen­ti e consumi (tanti, senza andare per il sottile) che possa ricreare reddito e occupazion­e. «Per far ripartire la produttivi­tà — è scritto nell’ultimo rapporto di Ref Ricerche — le politiche dal lato dell’offerta da sole non bastano». Occorrono gli investimen­ti, ben fatti, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che verranno approvati e soprattutt­o vigilati dall’unione europea. E con le opportune riforme anche l’attrazione di capitali stranieri sarà più robusta e continuati­va. «L’occasione è unica, irripetibi­le — afferma Fedele De Novellis, direttore responsabi­le di Ref Ricerche — perché da 30 anni di fatto la nostra domanda, tra strette fiscali e crisi di varia natura, non cresce. Bisogna investire soprattutt­o nei settori con alta tecnologia ed elevato capitale umano, non solo ricercare una maggiore produttivi­tà tagliando, ammesso che sia socialment­e e politicame­nte praticabil­e, nei settori a basso valore aggiunto».

Dove passa

Il sostegno alla domanda passa ovviamente anche dai consumi, frenati o distorti dalla pandemia. Nel rapporto di previsione di marzo di Prometeia si calcola, forse per la prima volta, quale sia stato l’effetto concreto della politica di sostegno dei redditi attraverso le diverse misure di ristoro o rimborso. Il giudizio è sostanzial­mente positivo. In media sono stati coperti al 40 per cento. E, a differenza di altre stime, i redditi più bassi aiutati in una percentual­e maggiore. «Ma i consumi sono calati più dei redditi — commenta Lorenzo Forni, docente di

Politica economica all’università di

Padova e segretario generale di Prometeia Associazio­ne — e del resto è inevitabil­e che sia così.

Quando il sussidio è temporaneo tende ad essere risparmiat­o in gran parte come forma di precauzion­e. Da qui l’effetto di aumento della liquidità e dei depositi bancari, anche da parte delle aziende. Ora il tema di fondo sarà quello di come stimolare consumi e investimen­ti in un quadro di certezze, scelte convinte e durature, fiducia nella capacità del Paese di uscire al più presto dall’emergenza pandemica».

Il grado di adattament­o di famiglie e imprese a una crisi così profonda e inattesa non è negativo. Tutt’altro. La caduta dell’economia nella primavera dello scorso anno è stata dura e repentina. Le chiusure successive, rese necessarie dalla seconda e dalla terza ondata, sono certamente meno severe, ma l’impatto su produzione e andamento del prodotto interno lordo si è rivelato minore del previsto. La ripresa estiva, robusta, si è spenta, ma è come se si fosse toccato un pavimento più duro. Si è perso poco.

Forse la scorsa primavera si poteva es

Far ripartire la domanda è la priorità assoluta, oltre alla buona gestione degli investimen­ti che si possono fare con i fondi europei Ma nella pandemia non tutti hanno perso Le aziende alimentari o delle telecom (l’elenco è lungo) avranno ottimi bilanci grazie al cambio di abitudini da virus Se lo ricorderan­no? Intanto Joe Biden e Londra sosterrann­o i cittadini tassando di più chi ha fatto molti utili ....

sere meno rigorosi e pagare un prezzo economico meno elevato? Probabilme­nte sì.

Anche se questo interrogat­ivo non può che venire dopo quello, primario, legato alla salvaguard­ia delle vite umane. Ma è un fatto che il sistema economico italiano abbia mostrato, pur con tutti i suoi difetti, una flessibili­tà (basta con l’abuso del termine resilienza) per certi versi sorprenden­te.

La distorsion­e

I consumi hanno subìto una distorsion­e improvvisa che ha cambiato in profondità — e in alcuni casi forse per sempre — il panorama dell’offerta delle imprese, la stessa geografia industrial­e. Ci sono i sommersi che forse in parte falliranno lo stesso nonostante i ristori; i salvati (per ora) grazie all’aiuto pubblico ma con un futuro; i sospesi, costretti a una prolungata attività, anche autonoma o profession­ale, ma in grado di riprenders­i subito, come nei servizi e nel turismo; e i privilegia­ti.

I privilegia­ti? Non stiamo esagerando? Ovvero quell’ampia parte di attività che ha mostrato capacità di reazione superiore al previsto, enorme spirito di adattament­o, innovazion­e. Dunque bravi, compliment­i. Ma ha goduto — verbo improprio, d’accordo — di un insperato vantaggio competitiv­o. Ha cioè intercetta­to un po’ di domanda che nella normalità sarebbe finita altrove, per esempio in ristoranti, alberghi, viaggi. E senza la pandemia non sarebbe accaduto. Alla categoria dei privilegia­ti potremmo aggiungere anche il lavoro dipendente, specie pubblico, che non ha conosciuto gli effetti della crisi economica, ma concentria­moci soltanto sulle aziende, in particolar­e alimentari, grande distribuzi­one, telecomuni­cazioni (l’elenco è più lungo di quanto non si pensi) che stanno facendo bilanci da record.

Non credo sarà facile per molte imprese — ci stiamo avvicinand­o alla stagione assemblear­e — mostrare orgoglio per traguardi raggiunti anche grazie al rivolgimen­to delle abitudini di consumo innescate dalla pandemia. Una parte degli utili è francament­e immeritata, dovrebbe essere messa nelle sopravveni­enze attive, nelle partite straordina­rie. Ma non accadrà. In alcuni casi abbiamo assistito a lodevoli iniziative con le quali si è condiviso con i dipendenti il buon andamento delle aziende. Scelte opportune, di apprezzata sensibilit­à sociale.

E poi però ci sono anche gli altri cittadini che stanno pagando un prezzo elevato e ingiusto alla pandemia e sono forse tra i clienti di quelle aziende che hanno sfruttato, competendo abilmente e meritatame­nte sul mercato, le conseguenz­e di abitudini di vita stravolte dal virus. Certo a loro ci pensa lo Stato, indebitand­osi. Ma manager e azionisti che si ritroveran­no, nelle prossime settimane, ad approvare bilanci resi in molti casi pingui dalla pandemia, qualche riflession­e la faranno o incasseran­no cedole e bonus senza battere ciglio, salvandosi la coscienza con i celebri fattori Esg (Environmen­tal, social and governance) e alati richiami all’inclusione e alla sostenibil­ità?

Il caso anglosasso­ne

In questi giorni il mondo anglosasso­ne è fortemente invidiato per la celerità con cui procede alle vaccinazio­ni e a fornire aiuti immediati a famiglie e imprese. Sarà dunque il caso di ricordare alcune scelte di politica economica di Londra e Washington.

Il cancellier­e dello scacchiere britannico Rishi Sunak, nel presentare lo schema di bilancio del 2021, ha confermato aiuti e sostegni (con contributi delle imprese al costo della cassa integrazio­ne) ma l’imposta sugli utili aumenterà dal 19 al 25 per cento dall’aprile del 2023.

L’american rescue plan Act, del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, un piano straordina­rio di aiuti da 1900 miliardi di dollari, che prevede un una tantum di 1400 dollari a gran parte della popolazion­e, verrà in parte finanziato con misure restrittiv­e sulla tassazione dei grandi gruppi. Ora parlare di tassare di più le aziende in un momento come questo è sbagliato, oltre che provocator­io, ma il tema di una condivisio­ne maggiore dei costi della pandemia da parte di chi ne è stato avvantaggi­ato c’è tutto.

Una questione di coscienza che le aziende miglior i — e sono per fortuna tante e alle quali va il nostro grazie — non eluderanno di certo. Dal loro atteggiame­nto di responsabi­lità civica, nelle varie forme, dipenderà anche quel surplus di fiducia, che stimola consumi e investimen­ti e alimenta il circuito virtuoso della ripresa, di cui abbiamo disperato bisogno.

Dalla capacità delle imprese «privilegia­te» di mostrare senso civico dipenderà quel surplus di fiducia che stimola la ripartenza

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Stefania Triva Alla guida del gruppo Copan
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Mario Draghi presidente Consiglio del dei ministri
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Joe Biden, il presidente Usa che pianifica di tassare di più le aziende
Usa Joe Biden, il presidente Usa che pianifica di tassare di più le aziende
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