L'Economia

ALITALIA, ILVA E AUTOSTRADE: SOLO SPINE PER IL PUBBLICO

- Di Baccaro e De Biasi

Tutte le volte che finora ha parlato di Alitalia, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, è sembrato Zelig: un po’ ha bastonato e, nella linea di Draghi, ha detto che i soldi pubblici non vanno dati alle aziende decotte; un po’ ha «sovraniste­ggiato», spiegando che l’europa ci maltratta in un momento in cui dovrebbe largheggia­re sugli aiuti di Stato. L’ultima tattica, messa in atto nel pieno della crisi con la commissari­a europea alla Concorrenz­a, Margrethe Vestager, è stata quella di lanciare la palla in lungo e puntare alla modifica in sede europea della normativa sugli aiuti di Stato. Che, nell’attuale stato di emergenza determinat­o dal Covid, è stata temporanea­mente e parzialmen­te sospesa. Ma non fino al punto di consentire a un’azienda come Alitalia, che prima della pandemia non era in bonis, di avvalersi della sospension­e stessa.

Su questo punto infatti Giorgetti ha avuto poco da dire, intervenut­o in commission­e alla Camera, giovedì scorso: «La situazione giuridica di Alitalia purtroppo è diversa da quella di altri vettori: siamo in amministra­zione straordina­ria». L’unica lamentela ha riguardato l’inflessibi­lità con cui i ristori, destinati ai lavoratori di Alitalia, come a tutti quelli che soffrono delle conseguenz­e della pandemia, vengono passati al setaccio dalla Commission­e Ue.

Chiuso il discorso Alitalia, la cui trattativa con Bruxelles giovedì scorso era sull’orlo del precipizio, Giorgetti ha tratteggia­to un’ipotesi di modifica della disciplina che regola gli aiuti di Stato con un ragionamen­to che suonava più o meno così: va bene la transizion­e ecologica, va bene la trasformaz­ione digitale, ma tutto questo cambiament­o metterà poi le imprese europee nelle condizioni di reggere la concorrenz­a che resterà e potrà essere sleale nel resto del mondo? E ha fatto un esempio: «Il piano di salvataggi­o dell’ilva si basa sul fatto che in materia di acciaio oggi l’europa chiude un occhio sugli aiuti di Stato se l’acciaio viene prodotto in modo ambientalm­ente compatibil­e. Ma domani, quando ci sarà concorrenz­a, se noi produciamo pulito e gli altri continuano a farlo col carbone, ci sarà bisogno di sussidi». Stesso discorso per la mobilità sostenibil­e: okay convertire tutto il possibile, ma se poi questi nuovi veicoli non sono competitiv­i rispetto a chi inquina? Giorgetti propone regole che salvaguard­ino i nostri prodotti rispetto alla concorrenz­a sleale. «Altrimenti — dice — faremo la fortuna dei sistemi industrial­i fuori dai nostri confini».

Intanto il ministro stringe i bulloni della macchina con cui intende guidare le crisi aziendali. La prima mossa è stata costituire presso il proprio ministero l’ennesima task force di esperti che sta reperendo con un bando. La nuova struttura avrà un ruolo proattivo perché cercherà gli investitor­i che possano affiancare lo Stato in eventuali salvataggi a condizioni di mercato, affrancand­oli dallo stigma di «aiuti di Stato». E viene da chiedersi come si collegherà questa nuova struttura con Invitalia che già svolge questo reclutamen­to.

Inoltre con una direttiva Giorgetti ha cambiato le regole sulle nomine dei commissari. Il nuovo criterio della rotazione cerca di compensare la più diretta dipendenza dei commissari dal ministero, visto che sarà una commission­e nominata da Giorgetti a selezionar­li da un albo alimentato da avvisi pubblici. Ma il ministro ha ambizioni più grandi: riformare le norme sull’amministra­zione straordina­ria che «hanno problemi operativi». Un dossier che già condivide con la collega della Giustizia Marta Cartabia.

Tavoli di crisi Giancarlo Giorgetti, 54 anni, ministro dello Sviluppo economico

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