L'Economia

«LA NUOVA VITA DI LUX VIDE: LE PROSSIME SERIE TV E QUEI CIOCCOLATI­NI PER DRAGHI. I POSSIBILI SOCI? NON SOLO SONY E FREMANTLE»

Il ceo Luca Bernabei: linea editoriale e contenuti positivi, garanzie al management per 5 anni e proiezione internazio­nale sono i perni del negoziato per la casa di produzione. Ma non ci sono solo Sony e Fremantle

- LUCA BERNABEI di Federico De Rosa

Non è solo una delle prime aziende in Italia ad aver investito sul mercato dei format, quando praticamen­te ancora non esisteva. Lux Vide, fondata nel 1992 da Ettore Bernabei è una mosca bianca in un mondo in cui i contenuti si stanno orientando verso nicchie spesso estreme. L’azienda di produzione romana è sempre andata in direzione opposta: ha iniziato producendo «La Bibbia», venduta in 144 Paesi, e «Guerra e Pace», a cui sono seguite serie popolariss­ime come «Don Matteo», «Che Dio ci aiuti», «Un passo dal cielo», «I medici», «Sotto copertura» fino al thriller finanziari­o «Diavoli» e alla serie evento «Leonardo» che si è appena conclusa. È stata la prima società italiana a vincere un Emmy Awards e con la co-produzione«coco Chanel» ha ricevuto una nomination ai Golden Globe e due nomination agli Emmy Awards. Lux Vide è una fabbrica integrata di contenuti e ha una sua nicchia molto precisa: «Quella che gli americani chiamano good feeling content» spiega Luca Bernabei, amministra­tore delegato dell’azienda, che guida insieme alla sorella Matilde, presidente. Questa specializz­azione non fa solo premio sui risultati — il 2020 si è chiuso con il valore della produzione in crescita a 80 milioni di euro — ma sembra interessar­e molto anche i competitor, che si sono fatti avanti per studiare possibili combinazio­ni. Sono circolati i nomi di Sony e Fremantle, «ma ce ne sono altri» ammette Bernabei, «la nostra è un’azienda particolar­e che da 30 anni fa un tipo di contenuti che altri non fanno e adesso sono molto ricercati dall’estero».

Lux Vide non è certamente la prima ad avere ricevuto avance dai produttori stranieri.

«È’ vero, ma Lux Vide è un’azienda diversa, è sempre stata coerente con la sua linea editoriale, ha una sua storia e un’idea che è rimasta quella del fondatore, mio padre Ettore Bernabei. Quando parlava di tv la paragonava agli acquedotti e diceva che ce ne sono molti, ma non c’è nessuno che produce acqua pulita. Lui voleva fare questo e a 73 anni trovò dieci amici illuminati tra cui Giovanni Bazoli, Giampiero Pesenti, Alberto Falck, Francesco Merloni e altri interessat­i al progetto di un’azienda che facesse prodotti per famiglie, che potessero essere visti da chiunque. Il primo progetto fu la Bibbia, visto che dai tempi di Gutenberg nessuno aveva fatto qualcosa di nuovo per rappresent­are il libro più bello del mondo. I finanziato­ri li trovò in America, mica tra i cattolici, fu un gruppo di ebrei a produrre la Bibbia con Ted Turner come coprodutto­re. Da allora la linea editoriale di Lux non è mai cambiata».

Non pensa che con dei nuovi soci potrebbe cambiare?

«Negli anni il mercato è andato sempre di più verso una direzione di nicchie: non si fa più la serie sull’eroe ma sull’antieroe, si fanno le fiction per target molto ristretti, la serie violenta, quella trasgressi­va. Lux Vide è rimasta sempre coerente e ha sviluppato un target preciso che è un valore dal punto di vista del marketing. Facciamo quello che in Usa chiamano “good feeling content” e “faith value content”, contenuti positivi e contenuti spirituali, ed è proprio questo che ci rende interessan­ti per le aziende straniere, perché non c’è chi fa questo tipo di contenuto. Il mercato americano è saturo e cerca la creatività europea. Noi sono 30 anni che intratteni­amo il pubblico senza sconvolger­lo».

Fremantle e Sony sono i possibili acquirenti?

«Ci sono anche altri gruppi interessat­i a noi perché non solo siamo abituati a fare bene il nostro lavoro e facciamo margini e utili, ma perché siamo produttori puri di contenuti. Chi arriva qui trova una fabbrica: dall’ideazione con lo sviluppo del soggetto nelle writers rooms, al casting che facciamo in-house, alle riprese nei quattro studi di cui siamo proprietar­i fino alla postproduz­ione in tutte le sue fasi. Abbiamo anche una “colorist” che si occupa i dare ai contenuti più importanti quell’impostazio­ne fotografic­a e di luce caratteris­tica di Lux Vide. Ecco perché arrivano qui. Siamo come la moda negli anni ‘70».

State cercando un compratore o un socio?

«Ci sono alcuni degli azionisti che avevano affiancato mio padre alla fondazione che dopo 30 anni vorrebbero veder valorizzat­o il loro capitale tenuto fermo, che nel frattempo ha moltiplica­to il suo valore, anche perché non abbiamo mai distribuit­o dividendi. Lo trovo giusto».

Lei uscirà?

«Sono 31 anni che faccio il produttore, vedremo quali saranno le soluzioni ma il management rimarrà. È una delle tre condizioni che abbiamo posto: mantenere inalterata la linea editoriale; confermare il management per almeno 5 anni e mantenere una connotazio­ne che non sia solo nazionale ma transnazio­nale, perché vogliamo continuare a fare un prodotto che va in giro per il mondo. Siamo l’unica casa di produzione in Italia, con Wild Side, che produce in inglese, l’anno scorso il 40% delle serie. E reinvestia­mo il tax credit».

Il tax credit è stato un bel sostegno, anche se a volte un po’ asimmetric­o verso alcuni produttori stranieri che hanno ottenuto gli sgravi portandosi però via i diritti.

«Da manager e imprendito­re il tax credit lo intendo come un’agevolazio­ne che riducendo il capitale necessario per le produzioni, permette di reinvestir­e e creare futuro. Investire in struttura per creare nuove idee, e in property intellettu­ali».

Quanto conta il valore della library nel vostro bilancio?

«La library è importante ma rappresent­a quello che hai fatto, il passato. Noi qui produciamo il futuro: in casa abbiamo progetti per i prossimi 6 anni con inclusi i diritti. E continuiam­o a investire per acquisire diritti. Abbiamo appena preso quelli per una delle storie più note e amate d’italia: Trinità. Faremo un prequel e raccontere­mo un segreto che lega i due fratelli, Bud Spencer e Terence Hill. Lux Vide mette un’attenzione al prodotto come nessun altro».

La contrazion­e della pubblicità per i broadcaste­r tradiziona­li che impatto ha avuto?

Alcuni azionisti che avevano affiancato mio padre vogliono uscire

Abbiamo progetti per i prossimi sei anni con inclusi i diritti E investiamo

«La flessione ha messo pressione, ma c’è stata una grande curiosità per l’italia dall’estero e il mercato straniero ha compensato la contrazion­e dei broadcaste­r tradiziona­li. Questo grazie anche a una avveduta politica imprendito­riale da parte del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi­ni che ha permesso al settore di strutturar­si e diventare industria».

Dove i broadcaste­r tradiziona­li arretrano, quelli nuovi avanzano, vedi Netflix e Amazon Prime, Disney +. Concorrent­i da temere o partner con cui ampliare gli orizzonti?

«Non li considero concorrent­i, ma rappresent­ano un’opportunit­à anche per imparare. Lux sta per iniziare un progetto importante con una delle grandi piattaform­e di streaming. Da mio padre ho ereditato la curiosità e sono quindi curioso di lavorare con Amazon o Netflix. Con loro puoi capire meglio come funziona quel sistema. Sono i numeri uno al mondo, ma io posso portargli artigianal­ità e freschezza italiana, che rappresent­ano un unicum nel mondo, se solo sapessimo valorizzar­lo».

Non lo è abbastanza?

«L’italia deve imparare a fare sistema. Si parla solo di piccole

querelle e mai di Sistema Paese, cioè di una visione prospettic­a. Mio padre ha sempre avuto un atteggiame­nto positivo, prospettic­o, caratteris­tico dei democratic­i cristiani di sinistra, quel gruppo formato da Fanfani, Moro, Dossetti, La Pira, che ha fondato il cristianes­imo sociale realizzand­o il piano casa, il piano agricoltur­a. Ora sono orgoglioso che ci sia Mario Draghi a guidare il governo. Io spero davvero che ce la facciano a risollevar­e il Paese e a salvare posti di lavoro, e per

farlo serve fare sistema. Le rivelo un segreto…».

Prego...

«Quando il governo si è insediato abbiamo mandato a tutti un regalo di buon auspicio. Un cofanetto con scritto “Whatever it takes” contenente la prima stagione dei “Diavoli”, la serie sulla finanza in cui c’è un passaggio fondamenta­le attorno alla frase con cui Draghi ha salvato l’euro e l’europa. Ora deve salvare l’italia e poiché per farlo serve energia, abbiamo riempito la scatola di cioccolati­ni».

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Bassetti, country manager Italia di Banijay, nell’intervista del 23 marzo su L’economia
Television­i Paolo Bassetti, country manager Italia di Banijay, nell’intervista del 23 marzo su L’economia
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Matilda De Angelis e Aidan Turner, protagonis­ti della serie tv iniziata il 21 marzo su Rai 1 e prodotta da Luca Bernabei
Leonardo Matilda De Angelis e Aidan Turner, protagonis­ti della serie tv iniziata il 21 marzo su Rai 1 e prodotta da Luca Bernabei
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Patrick Dempsey e Alessandro Borghi nella serie tv su Sky
Diavoli Patrick Dempsey e Alessandro Borghi nella serie tv su Sky
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Terence Hill, protagonis­ta della serie tv su Rai 1 dal 2000
Don Matteo Terence Hill, protagonis­ta della serie tv su Rai 1 dal 2000

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