Le bibite di Niasca, dal Tigullio alle tavole globali
Distribuzione estera dopo l’alleanza con Velier, obiettivo 10 milioni di ricavi
Una limonata alla vecchia maniera, come quelle che preparava la nonna per rinfrescarsi nei giorni di calura estiva, magari con l’aggiunta di acqua frizzante per «vestirla» ai più piccoli da bevanda commerciale. Niasca Portofino riparte da qui, dall’infanzia, dal vintage. E nel doppio anno della pandemia, che più di tutti ha colpito il settore Ho.re.ca, questa piccola azienda del Tigullio — famosa per i soft drinks come chinotto e mandarinata — stringe un’alleanza con Velier, storico importatore genovese di spirits e vini blasonati. Una mossa «in direzione ostinata e contraria», come canterebbe un altro famoso ligure, Fabrizio De Andrè.
«In questo momento particolarmente difficile persino per noi, abbiamo cercato di rimboccarci le maniche, anche intellettualmente da una prospettiva diversa, per ripensare paradigmi che fino a metà del 2020 erano consolidati», osserva Luca
Baffigo Filangieri, socio di Niasca Portofino che l’ha vista nascere, nonché vicepresidente di Eataly. «In questa riflessione ci siamo incontrati con Luca Gargano, presidente e direttore generale di Velier, e abbiamo deciso di mettere insieme le forze per andare a nozze e dare uno slancio al prodotto Niasca Portofino oltre che una migliore distribuzione e una gestione commerciale più professionale». Un punto di partenza e arrivo. È stato siglato un accordo di distribuzione e non è escluso che in futuro possa evolvere in affitto di ramo d’azienda o nuova società. Gargano non è uno sconosciuto: è l’inventore nel 2001 dei vini «Triple A» (lieviti indigeni, niente chimica in vigna) e con Velier ha insegnato agli italiani a bere bene. A lui si deve lo sbarco nei bar del gin scozzese Hendrick’s, ha scoperto rum perduti e ne ha pure scritto un atlante per la francese Flammarion. La sua azienda affonda le radici nel 1947, quando Casimiro Chaix, attaché commerciale del consolato francese di Genova, crea una società di importazione. «Abbiamo 160 agenti in Italia, da Lampedusa a Campione, siamo il più grande bar-ristorante d’italia e riusciremo a posizionare meglio il prodotto di Niasca Portofino facendo leva su organic marketing, informazione onesta e alleanza con grossisti regionali», conferma Gargano.
Niasca Portofino si trova già sugli scaffali di Eataly e con Velier comincerà anche un percorso di internazionalizzazione basato su nuovi prodotti. Come la nuova gamma di soft drink senza zucchero — limonata e mandarinata — pensati non solo per l’italia ma anche per il resto d’europa. «L’alleanza nasce per migliorare il business — racconta ancora il direttore generali di Velier —. Oggi il mondo è più piccolo, noi abbiamo già una distribuzione in Europa, Usa e Canada, vogliamo affrontare Niasca non come un hobby, ma come un’eccellenza italiana». Lo spazio sul mercato non manca: negli ultimi anni, come censiva il
Gambero Rosso, abbiamo assistito al ritorno della bibite vintage, quelle del Carosello e dell’aperitivo di un tempo: la spuma, il chinotto, la cedrata. Nuove aziende si sono affacciata e i valori sono in lenta ma costante crescita dal 2017: dagli oltre 22 milioni di litri prodotti ai 25,3 del 2019, dai 20,5 milioni di litri consumati ai 22 del 2019.
«Le nuove bibite vedranno la luce tra qualche settimana, con Velier contiamo di passare da 3 a 10 milioni nell’arco di cinque anni» annuncia Simona Mussini, fondatrice di Niasca Portofino, nonché titolare del ristorante a Portofino Ö Magazin, ai tavoli del quale, cinque anni fa, è iniziata l’avventura Niasca con Baffigo Filangieri. Oggi infatti la società produce 2 milioni di bottiglie e ha un fondaco ristrutturato e dipinto da David Tremlet, con frantoio e foresteria, circondato da colture di limoni. «All’inizio i contadini dei dintorni erano diffidenti a darci i loro limoni poi si sono convinti — ricorda Mussini —. Siamo partiti con 10mila bottiglie e in un mese sono finite, eravamo sulla via giusta, oggi usiamo ancora quell’infuso di limoni, ma nei nuovi prodotti lo mescoleremo all’acqua senza addizionare zucchero, sarà un’ “acqua e limone come a Portofino”».