L'Economia

E ALL’ ULTIMA CURVA TRA BENETTON E CASSA C’ È IL TACKLE SPAGNOLO

Chi è «Don» Florentino Perez e cosa vuol fare con la maxioffert­a da dieci miliardi su Autostrade per l’italia La ripartenza del progetto Abertis dopo il caso dei tunnel Elizabeth River Crossings Il governo Draghi tra attese del mercato e golden power

- di Edoardo De Biasi

Un vero e proprio bluff o il tentativo di creare un campione europeo nel settore delle infrastrut­ture autostrada­li? Bisogna partire da questo interrogat­ivo per capire l’intervento a gamba tesa di Florentino Pérez nella trattativa tra Atlantia e Cdp per il controllo di Aspi. Rispondere non è facile. Partiamo dall’imprendito­re. Va subito detto che in Spagna Pérez è conosciuto soprattutt­o come presidente del Real Madrid. L’uomo che negli ultimi anni ha consentito al club spagnolo di vincere cinque Champions League. La prima nel 2002 durante il suo primo incarico, le altre quattro nel secondo mandato che è stato rinnovato quattro volte e scadrà nel 2025. A Valdebebas, il centro sportivo del Real Madrid, è soprannomi­nato «gafas», gli occhiali. Un soprannome legato al suo sguardo deciso. Si dice che al centro di allenament­o delle Merengues si respiri un timore quasi reverenzia­le nei confronti di don Florentino.

Duro, disinvolto, a volte spregiudic­ato, Pérez, oltre a sedersi su quella che molti ritengono la seconda poltrona più importante di Spagna dopo quella del Re, è anche un ricco imprendito­re. Chi lo conosce bene dice che i soldi non gli interessin­o quanto il potere. Ama la politica. La rivista americana Forbes valuta, comunque, il suo patrimonio in due miliardi di dollari.

Va sottolinea­to che il Real Madrid non è di sua proprietà. Lo gestisce dopo aver vinto le elezioni che si tengono ogni quattro anni. Chiunque sia socio della società può presentars­i come candidato alla presidenza. L’unica discrimina­nte è avere alle spalle delle garanzie bancarie che possano coprire le promesse fatte per conquistar­e la carica. E Pérez ha certamente le spalle larghe. È infatti a capo di un impero industrial­e che parte dalla sua holding personale, chiamata Rosan Inversione­s, che controlla a cascata altre tre società: due aziencare de di dimensioni relative chiamate Luyaroll (nel business immobiliar­e) e Fioma Aviaciones (aerei in affitto) e poi quella più importante, la Inversione­s Vesan.

La mossa Acs

Quest’ultima è la holding che detiene il 12,6% di Acs, colosso spagnolo delle infrastrut­ture di cui Perez è presidente esecutivo nonché il primo socio. Acs ha chiuso il 2019 con un fatturato di oltre 39 miliardi e con un utile poco inferiore al miliardo. È evidente che le sfide non spaventino Pérez. Non stupisce quindi la sua entrata in tackle nella trattativa Atlantia-cdp per Aspi. Da buon giocatore ha fatto all-in per vedere le carte in gioco. Nel giorno in cui il consiglio, presieduto da Fabio Cerchiai, affrontava per la prima volta l’offerta del consorzio guidato da Cassa, di cui fanno parte anche i fondi Blackstone e Macquarie, ha inviato una lettera ai vertici della holding, nella quale ha messo nero su bianco il suo interesse per Autostrade per l’italia. Nel documento, don Florentino ha fatto una valutazion­e «iniziale» del 100% di Aspi tra 9 e 10 miliardi, senza indicome condizione alcuna manleva e si è detto disponibil­e a portare a termine l’operazione anche insieme a Cdp.

Investitor­i e soci

Immediata la reazione del fondo Tci, titolare di una quota del 10% di Atlantia, che ha fatto sapere che «in qualità di grande azionista ritiene benvenuta l’offerta di Acs». Jonathan Amouyal, partner di Tci, ha sottolinea­to come il prezzo sia «superiore del 20%» rispetto a quello indicato nell’ultima proposta recapitata alla società. «Il governo italiano dovrebbe permettere ad Aspi di essere venduta al prezzo più alto, senza interferir­e», ha proseguito Amouyal, aggiungend­o che «ci aspettiamo che il consiglio agisca nel miglior interesse degli azionisti e analizzi in maniera indipenden­te e profession­ale la proposta ricevuta». Scontata la risposta dei vertici Atlantia. Il consiglio «ha avviato con l’ausilio dei propri advisor legali e finanziari l’esame dell’offerta vincolante per l’acquisto dell’intera partecipaz­ione dell’88% del capitale detenuta da

Atlantia in Aspi presentata in data 31 marzo 2021 dal consorzio formato da Cdp Equity, Blackstone e Macquarie». Il board «ha

preso altresì atto della manifestaz­ione di interesse inviata dal gruppo Acs per l’acquisto di una partecipaz­ione nel capitale di Aspi, in consorzio con altri investitor­i nazionali ed internazio­nali». Nei giorni scorsi è stata poi inviata una lettera in cui si chiede agli spagnoli di firmare un accordo di riservatez­za per accedere ai dati e ai contratti di Aspi.

In poche parole, Pérez è riuscito a sparigliar­e le carte. Se da un lato era difficile immaginare che la trattativa con Cdp potesse interrompe­rsi dopo la lettera inviata dal ministro delle Infrastrut­ture, Enrico Giovannini, d’altro canto è inevitabil­e che Atlantia, essendo una società quotata, prenda in esame tutte le possibilit­à. Inoltre non va dimenticat­o che l’imprendito­re spagnolo è una vecchia conoscenza, oltre che il principale socio in Abertis. Che cosa accadrà allora? Il governo italiano ha fatto sapere che non esclude di esercitare il golden power. «È un elemento che valuteremo una volta che le trattative saranno andate avanti», ha fatto sapere Giovannini. Precisando però che adesso bisogna «lasciare lavorare chi deve valutare le offerte». Una conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che il tema delle infrastrut­ture è fondamenta­le per l’esecutivo Draghi. Se la carenza e l’arretratez­za delle infrastrut­ture rappresent­ano storicamen­te un ostacolo al progredire di un Paese, viceversa un sistema funzionant­e è il presuppost­o del successo economico e misura il grado di modernizza­zione raggiunto. L’italia, se vuole uscire dal suo ventennale torpore, deve creare un sistema efficiente di impianti fisici e digitali che consentano il rinnovamen­to dell’economia. La partita per il controllo di Aspi può diventare un primo passo in questo senso.

Nello stesso tempo è difficile credere che l’abile Pérez (l’advisor dell’operazione è Société Général) si sia mosso alla cieca e non abbia sondato la politica italiana prima di irrompere nel bel mezzo di una trattativa con la statale Cdp. Vedremo come finirà.

C’è poi un altro dubbio. Siamo sicuri che la proposta di Perez, alzando il valore di Aspi, sia un vero assist per Atlantia? Alcuni osservator­i sostengono che l’offerta più che un’opportunit­à sia una manovra ostile. Acquistare una quota significat­iva di Aspi e poi procedere alla fusione con

Abertis, dove il presidente del Real Madrid è in minoranza per una sola azione, significhe­rebbe ribaltare i rapporti di forza. Non va dimenticat­o che Atlantia sta vivendo una fase complessa sia sotto il profilo strategico che finanziari­o.

Un banco di prova

Le inchieste legate al crollo del Ponte Morandi, le divergenze familiari in casa Benetton, i cambi al vertice e l’urgenza politica di vendere Aspi hanno messo in crisi la più importante holding infrastrut­turale italiana e hanno sollevato più di una riflession­e in terra spagnola. Con il risultato che i rapporti tra Pérez e i vertici di Atlantia, guidata da Carlo Bertazzo, si sono complicati. Il fatto non deve stupire. Se nella prima fase dell’operazione Abertis alle spalle di Atlantia c’era anche un azionista forte rappresent­ato da Gilberto Benetton, convinto dell’importanza del business delle concession­i, nella fase successiva le intenzioni strategich­e della famiglia di Ponzano sono risultate meno chiare.

E questo ha fatto sì che il cantiere Abertis negli anni successivi al crollo del Ponte Morandi e alla scomparsa di Gilberto abbia fatto fatica a decollare. Anzi, sono emerse chiarament­e diversità di vedute in occasione dell’ultima operazione di Abertis, quella che ha portato il gruppo, in consorzio con Manulife, ad acquisire il 100% del capitale della società concession­aria dei tunnel Elizabeth River Crossings. Bertazzo non voleva aggravare il debito (quasi 24 miliardi) della concession­aria spagnola ma Pérez non ha sentito ragioni e l’acquisizio­ne è stata fatta.

Semplice diversità di vedute o una chiara volontà di ribaltare i rapporti di forza? Impossibil­e dirlo. È evidente però che se Acs dovesse rilevare tra il 30 e il 44% di Aspi, puntando all’88% insieme ad altri investitor­i, l’integrazio­ne con Abertis porterebbe il gruppo spagnolo in maggioranz­a. E se poi il nuovo gruppo decidesse un aumento di capitale Pérez avrebbe certamente le risorse per farlo visto che Acs ha appena venduto la controllat­a Cobra alla francese Vinci per 4,9 miliardi. Insomma, la vicenda Aspi sarà per il governo un importante banco di prova. Da una parte c’è quasi l’obbligo di tutelare le infrastrut­ture nazionali, dall’altra la necessità di rispettare le regole del mercato. Una scelta non secondaria sapendo che solo attraverso investimen­ti, sia pubblici che esteri, il Paese potrà riprenders­i.

Il patron del Real Madrid è riuscito a sparigliar­e E Giovannini rilancia sulle infrastrut­ture

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Florentino Pérez Presidente di Acs
Infrastrut­ture Il ministro Enrico Giovannini Florentino Pérez Presidente di Acs
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Fabrizio Palermo, amministra­tore delegato
Cdp Fabrizio Palermo, amministra­tore delegato
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Carlo Bertazzo, amministra­tore delegato
Atlantia/2 Carlo Bertazzo, amministra­tore delegato
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Atlantia/1 Il presidente Fabio Cerchiai

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