E ALL’ ULTIMA CURVA TRA BENETTON E CASSA C’ È IL TACKLE SPAGNOLO
Chi è «Don» Florentino Perez e cosa vuol fare con la maxiofferta da dieci miliardi su Autostrade per l’italia La ripartenza del progetto Abertis dopo il caso dei tunnel Elizabeth River Crossings Il governo Draghi tra attese del mercato e golden power
Un vero e proprio bluff o il tentativo di creare un campione europeo nel settore delle infrastrutture autostradali? Bisogna partire da questo interrogativo per capire l’intervento a gamba tesa di Florentino Pérez nella trattativa tra Atlantia e Cdp per il controllo di Aspi. Rispondere non è facile. Partiamo dall’imprenditore. Va subito detto che in Spagna Pérez è conosciuto soprattutto come presidente del Real Madrid. L’uomo che negli ultimi anni ha consentito al club spagnolo di vincere cinque Champions League. La prima nel 2002 durante il suo primo incarico, le altre quattro nel secondo mandato che è stato rinnovato quattro volte e scadrà nel 2025. A Valdebebas, il centro sportivo del Real Madrid, è soprannominato «gafas», gli occhiali. Un soprannome legato al suo sguardo deciso. Si dice che al centro di allenamento delle Merengues si respiri un timore quasi reverenziale nei confronti di don Florentino.
Duro, disinvolto, a volte spregiudicato, Pérez, oltre a sedersi su quella che molti ritengono la seconda poltrona più importante di Spagna dopo quella del Re, è anche un ricco imprenditore. Chi lo conosce bene dice che i soldi non gli interessino quanto il potere. Ama la politica. La rivista americana Forbes valuta, comunque, il suo patrimonio in due miliardi di dollari.
Va sottolineato che il Real Madrid non è di sua proprietà. Lo gestisce dopo aver vinto le elezioni che si tengono ogni quattro anni. Chiunque sia socio della società può presentarsi come candidato alla presidenza. L’unica discriminante è avere alle spalle delle garanzie bancarie che possano coprire le promesse fatte per conquistare la carica. E Pérez ha certamente le spalle larghe. È infatti a capo di un impero industriale che parte dalla sua holding personale, chiamata Rosan Inversiones, che controlla a cascata altre tre società: due aziencare de di dimensioni relative chiamate Luyaroll (nel business immobiliare) e Fioma Aviaciones (aerei in affitto) e poi quella più importante, la Inversiones Vesan.
La mossa Acs
Quest’ultima è la holding che detiene il 12,6% di Acs, colosso spagnolo delle infrastrutture di cui Perez è presidente esecutivo nonché il primo socio. Acs ha chiuso il 2019 con un fatturato di oltre 39 miliardi e con un utile poco inferiore al miliardo. È evidente che le sfide non spaventino Pérez. Non stupisce quindi la sua entrata in tackle nella trattativa Atlantia-cdp per Aspi. Da buon giocatore ha fatto all-in per vedere le carte in gioco. Nel giorno in cui il consiglio, presieduto da Fabio Cerchiai, affrontava per la prima volta l’offerta del consorzio guidato da Cassa, di cui fanno parte anche i fondi Blackstone e Macquarie, ha inviato una lettera ai vertici della holding, nella quale ha messo nero su bianco il suo interesse per Autostrade per l’italia. Nel documento, don Florentino ha fatto una valutazione «iniziale» del 100% di Aspi tra 9 e 10 miliardi, senza indicome condizione alcuna manleva e si è detto disponibile a portare a termine l’operazione anche insieme a Cdp.
Investitori e soci
Immediata la reazione del fondo Tci, titolare di una quota del 10% di Atlantia, che ha fatto sapere che «in qualità di grande azionista ritiene benvenuta l’offerta di Acs». Jonathan Amouyal, partner di Tci, ha sottolineato come il prezzo sia «superiore del 20%» rispetto a quello indicato nell’ultima proposta recapitata alla società. «Il governo italiano dovrebbe permettere ad Aspi di essere venduta al prezzo più alto, senza interferire», ha proseguito Amouyal, aggiungendo che «ci aspettiamo che il consiglio agisca nel miglior interesse degli azionisti e analizzi in maniera indipendente e professionale la proposta ricevuta». Scontata la risposta dei vertici Atlantia. Il consiglio «ha avviato con l’ausilio dei propri advisor legali e finanziari l’esame dell’offerta vincolante per l’acquisto dell’intera partecipazione dell’88% del capitale detenuta da
Atlantia in Aspi presentata in data 31 marzo 2021 dal consorzio formato da Cdp Equity, Blackstone e Macquarie». Il board «ha
preso altresì atto della manifestazione di interesse inviata dal gruppo Acs per l’acquisto di una partecipazione nel capitale di Aspi, in consorzio con altri investitori nazionali ed internazionali». Nei giorni scorsi è stata poi inviata una lettera in cui si chiede agli spagnoli di firmare un accordo di riservatezza per accedere ai dati e ai contratti di Aspi.
In poche parole, Pérez è riuscito a sparigliare le carte. Se da un lato era difficile immaginare che la trattativa con Cdp potesse interrompersi dopo la lettera inviata dal ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, d’altro canto è inevitabile che Atlantia, essendo una società quotata, prenda in esame tutte le possibilità. Inoltre non va dimenticato che l’imprenditore spagnolo è una vecchia conoscenza, oltre che il principale socio in Abertis. Che cosa accadrà allora? Il governo italiano ha fatto sapere che non esclude di esercitare il golden power. «È un elemento che valuteremo una volta che le trattative saranno andate avanti», ha fatto sapere Giovannini. Precisando però che adesso bisogna «lasciare lavorare chi deve valutare le offerte». Una conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che il tema delle infrastrutture è fondamentale per l’esecutivo Draghi. Se la carenza e l’arretratezza delle infrastrutture rappresentano storicamente un ostacolo al progredire di un Paese, viceversa un sistema funzionante è il presupposto del successo economico e misura il grado di modernizzazione raggiunto. L’italia, se vuole uscire dal suo ventennale torpore, deve creare un sistema efficiente di impianti fisici e digitali che consentano il rinnovamento dell’economia. La partita per il controllo di Aspi può diventare un primo passo in questo senso.
Nello stesso tempo è difficile credere che l’abile Pérez (l’advisor dell’operazione è Société Général) si sia mosso alla cieca e non abbia sondato la politica italiana prima di irrompere nel bel mezzo di una trattativa con la statale Cdp. Vedremo come finirà.
C’è poi un altro dubbio. Siamo sicuri che la proposta di Perez, alzando il valore di Aspi, sia un vero assist per Atlantia? Alcuni osservatori sostengono che l’offerta più che un’opportunità sia una manovra ostile. Acquistare una quota significativa di Aspi e poi procedere alla fusione con
Abertis, dove il presidente del Real Madrid è in minoranza per una sola azione, significherebbe ribaltare i rapporti di forza. Non va dimenticato che Atlantia sta vivendo una fase complessa sia sotto il profilo strategico che finanziario.
Un banco di prova
Le inchieste legate al crollo del Ponte Morandi, le divergenze familiari in casa Benetton, i cambi al vertice e l’urgenza politica di vendere Aspi hanno messo in crisi la più importante holding infrastrutturale italiana e hanno sollevato più di una riflessione in terra spagnola. Con il risultato che i rapporti tra Pérez e i vertici di Atlantia, guidata da Carlo Bertazzo, si sono complicati. Il fatto non deve stupire. Se nella prima fase dell’operazione Abertis alle spalle di Atlantia c’era anche un azionista forte rappresentato da Gilberto Benetton, convinto dell’importanza del business delle concessioni, nella fase successiva le intenzioni strategiche della famiglia di Ponzano sono risultate meno chiare.
E questo ha fatto sì che il cantiere Abertis negli anni successivi al crollo del Ponte Morandi e alla scomparsa di Gilberto abbia fatto fatica a decollare. Anzi, sono emerse chiaramente diversità di vedute in occasione dell’ultima operazione di Abertis, quella che ha portato il gruppo, in consorzio con Manulife, ad acquisire il 100% del capitale della società concessionaria dei tunnel Elizabeth River Crossings. Bertazzo non voleva aggravare il debito (quasi 24 miliardi) della concessionaria spagnola ma Pérez non ha sentito ragioni e l’acquisizione è stata fatta.
Semplice diversità di vedute o una chiara volontà di ribaltare i rapporti di forza? Impossibile dirlo. È evidente però che se Acs dovesse rilevare tra il 30 e il 44% di Aspi, puntando all’88% insieme ad altri investitori, l’integrazione con Abertis porterebbe il gruppo spagnolo in maggioranza. E se poi il nuovo gruppo decidesse un aumento di capitale Pérez avrebbe certamente le risorse per farlo visto che Acs ha appena venduto la controllata Cobra alla francese Vinci per 4,9 miliardi. Insomma, la vicenda Aspi sarà per il governo un importante banco di prova. Da una parte c’è quasi l’obbligo di tutelare le infrastrutture nazionali, dall’altra la necessità di rispettare le regole del mercato. Una scelta non secondaria sapendo che solo attraverso investimenti, sia pubblici che esteri, il Paese potrà riprendersi.
Il patron del Real Madrid è riuscito a sparigliare E Giovannini rilancia sulle infrastrutture