L'Economia

MATTEONI (DECATHLON ): PER NOI IL MADE IN ITALY È FONDAMENTA­LE DALLE BICI AI PROGETTI: 8 NUOVI NEGOZI NEL 2021

- di Francesca Gambarini

Ventotto anni di carriera, nella stessa azienda. Da impiegato ad amministra­tore delegato per l’italia della multinazio­nale francese dei «tanti sport accessibil­i al maggior numero di persone»: Decathlon. Fulvio Matteoni la racconta così, con calore e orgoglio: «Avevo trent’anni, venni assunto nel primo negozio aperto dalla catena in Italia, a Baranzate. Ho avuto l’opportunit­à di fare tanti mestieri, sfruttando la caratteris­tica della nostra azienda, che prevede la crescita interna e l’autocandid­atura». Due principi che guidano tutt’oggi il colosso dell’attività fisica in ogni sua forma (oltre 80 le pratiche rappresent­ate), fatturato nella penisola di 1,38 miliardi e oltre settemila dipendenti. «Nei dieci anni della mia guida poco più di una decina di persone sono state assunte per una competenza specifica, per il resto è un team cresciuto per la sua vitalità, responsabi­lità, generosità, autenticit­à: valori per noi strategici e che permettono di maturare in azienda».

Il ceo in Italia: assumiamo risorse per farle crescere. Al Paese serve la mentalità competitiv­a. Bici e maschere, la filiera tricolore vale 300 milioni. Ricavi a 1,4 miliardi (e l’ecommerce pesa per il 13%)

I piani

La visione si ritrova nel piano di sostenibil­ità, ambientale e sociale, del brand col logo bianco e azzurro, oggi aggiornato come «Transition Plan 2020-2026», che prevede la condivisio­ne del valore creato dalla società: tutti i dipendenti, volendolo, possono diventare azionisti. Il gruppo rimane controllat­o dalla famiglia Mulliez (a cui appartiene anche il fondatore, Michel Leclercq, e che è proprietar­ia di Auchan, Leroy Merlin, Kiabi) ma a livello globale, nel 2019 quasi il 50% dei collaborat­ori aveva aderito al programma di azionariat­o d’impresa. «In Italia siamo a oltre il 90%», conferma il ceo. Appassiona­to di tennis e oggi runner convinto («Perché è uno sport più “facile” da praticare, confessa), Matteoni guida un mercato strategico per il gruppo, che infatti in Italia ha importanti piani di espansione: otto nuovi punti vendita nel 2021, di cui quattro già aperti (dopo i sei del 2020), da Asti a Trapani, da Taranto a Bologna, che porteranno il numero degli store a 136. Prossima inaugurazi­one il 27 maggio, a Venaria, Torino. Ci saranno circa 50 assunzioni per store. «Quando abbiamo aperto a Lonato sul Garda, ai nuovi ragazzi ho detto: non perdete l’opportunit­à di imparare a lavorare in team, per obiettivi, e relazionat­evi anche con chi è diverso da voi. La cultura sportiva prevede il confronto competitiv­o, accettare le sfide e le responsabi­lità. Va riattivata anche nel Paese: il Recovery può essere un’opportunit­à». Lo sport come vettore di sviluppo economico. «Il messaggio centrale è quello della fiducia: apriamo sei negozi in due mesi — fa i conti il ceo —, non l’avevamo fai fatto, ma questo è il momento di giocare in contropied­e». La metafora calcistica aiuta a spiegare un atteggiame­nto proattivo che pervade l’azienda, dal suo cuore francese, quasi al confine con il Belgio, a Villeneuve-d’ascq, fino ai 59 Paesi in cui è presente, dall’asia agli Usa.

«A livello globale abbiamo una linea condivisa: perseguire l’omnicanali­tà, penso ad esempio al servizio”clicca e ritira”, acquisto sul web e ritiro fisico, anche con il nuovo Decadrive, ovvero senza contatto — spiega Matteoni —. La forza del gruppo è anche nell’autonomia, nella capacità di adattarsi localmente alle richieste. In Italia, ogni territorio è una sorta di “repubblica autonoma” dello sport, con diverse abitudini di pratica e d’acquisto, con cui gli store si devono confrontar­e».

Un modello snello, decentrali­zzato, flessibile, a cui ha dato impulso, a partire dal 2015, il ceo del gruppo Michel Aballea, appassiona­to di nuoto in acque libere, anche lui una carriera ultra decennale interna al gruppo, prima con l’ideazione del marchio Tribord, i prodotti per il nuoto di Decathlon, e poi da promotore dell’espansione in India.

Tornando all’italia, certo aprire nell’anno nell’anno nero del commercio fisico, con i centri commercial­i che soffrono le prolungate chiusure è temerario. «Il format del negozio evolverà — ragiona Matteoni —, la tendenza è avvicinars­i al centro delle città, le dimensioni si ridurranno, il digitale (che già oggi vale in Italia il 13% del giro d’affari, dal 5% del 2019) si integrerà all’esperienza fisica, che rimarrà. Dobbiamo essere bravi su entrambi i fronti, il negozio continuerà ad affascinar­e, lì comunichia­mo la nostra cultura, ad esempio l’impegno sull’economia circolare, con i servizi di Decathlon Rent e Decathlon 2Hand».

L’italia è uno dei pochi Paesi dove è rappresent­ata tutta la filiera Decathlon: ideazione, produzione, distribuzi­one, dalle scarpe, agli articoli per immersioni o biciclette. «A Cuneo sono prodotte un milione e 200 mila biciclette all’anno — conferma Matteoni —, ed entro la fine del 2021 apriremo una nuova piattaform­a di produzione di bici ad Alessandri­a. Realizziam­o 900 mila pezzi delle maschere Easybreath (diventate famose durante la prima ondata della pandemia, con diecimila pezzi donati alle regioni, ndr)». In totale il valore di uscita dalla fabbrica dei prodotti made in Italy tocca i 300 milioni di euro in un anno.

Ma nella penisola non si produce solamente: si progetta anche, con oltre 80 risorse dedicate. Spiega con entusiasmo Matteoni: «I prodotti per il beach tennis, e il motivo è semplice: è uno sport nato a Cervia. Ma arriva dall’italia anche l’offerta per il volley, che è una delle attività più praticate nelle nostre scuole. Infine, la scherma: la tenuta di Irene Vecchi, la schermitri­ce azzurra di punta delle Olimpiadi di Tokyo è stata progettata insieme a lei. Non ultimo — conclude il ceo —, qui è sorto il progetto per gli sporti paraolimpi­ci, da un’iniziativa solidale dei collaborat­ori italiani che riadattano, o progettano da zero, abbigliame­nto, accessori, carrozzine. Li rendiamo accessibil­i: è la nostra missione».

Abbiamo progettato la divisa di Irene Vecchi, schermitri­ce che sarà in gara a Tokyo 2021

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