IL CIBO MADE IN ITALY? PIACE (MA L’EXPORT DEVE FARE MEGLIO)
Il nostro agroalimentare vale tre volte l’automotive della Francia e ha tenuto anche nella pandemia. Ora può diventare più competitivo
Aormai più di un anno dallo scoppio della pandemia Covid-19, i principali indicatori confermano come il settore agroalimentare abbia avuto un ruolo chiave nel trainare l’economia del Paese, arginando le perdite economiche che sono state invece molto ingenti per la maggior parte dei comparti, e nel mantenere la competitività dell’italia sui mercati internazionali. Nell’ultimo anno, le imprese agroalimentari hanno realizzato 208 miliardi di euro di fatturato, un valore record di 46,1 miliardi di euro di esportazioni, grazie al lavoro di oltre 1,4 milioni di occupati coinvolti in 1,2 milioni di imprese.
Per riflettere sulla fotografia del settore alle prese con la ripartenza, The European House-ambrosetti ha organizzato il forum «La roadmap del futuro per il Food&beverage», giunto alla quinta edizione. Sul palco di Bormio, in Valtellina, si sono confrontati esperti del settore agroalimentare con sportivi, nutrizionisti ed economisti.
I numeri
L’agroalimentare rappresenta il primo settore industriale in Italia per valore aggiunto generato, una dimensione che può essere strettamente correlata al contributo diretto al prodotto interno lordo di un Paese. Con 64,1 miliardi di valore aggiunto al 2020, il nostro agroalimentare vale tre volte l’automotive di Francia e Spagna e più del doppio della somma dell’aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito. L’italia è il secondo Paese in Europa per quota del settore agroalimentare sul Pil (3,8%), preceduto solo dalla Spagna (4,0%). La quota è più alta di quella che si registra in Francia (3,0%) e Germania (2,1%). In aggiunta, ci posizioniamo al terzo posto per valore aggiunto, prima della Francia (con 39,2 miliardi) e della Spagna (con 35,4 miliardi). La performance in termini di export, seppur molto positiva e in crescita (è la prima volta negli ultimi dieci anni che il comparto agroalimentare registra un surplus del saldo commerciale, superiore a 3 miliardi) restituisce l’immagine di un settore con opportunità ancora inespresse. Infatti esportiamo meno in termini assoluti in confronto ai principali competitor europei. A fronte di 46,1 miliardi di esportazioni nel 2020, la Germania ha raggiunto un valore di 75,2 miliardi, seguita dalla Francia con 62,5 miliardi e dalla Spagna con 54,8 miliardi.
Esiste poi un possibile «effetto Brexit» che potrebbe avere delle ripercussioni negative sul nostro Paese: il Regno Unito assorbe oltre il 12% delle esportazioni agroalimentari italiane e nei primi due mesi dell’anno è stato protagonista di una contrazione pari al 15%.
Le criticità
Tra le criticità che l’italia deve affrontare per risultare più competitiva sui mercati internazionali c’è sicuramente quella relativa alla frammentazione del tessuto produttivo. Da un’analisi condotta dai consulenti di The European House – Ambrosetti sui bilanci di 19.941 aziende del settore, emerge come il comparto sia ancora largamente composto da piccole imprese che pesano per l’89,5% del totale, con conseguenze negative sulla propensione agli investimenti e sulle performance di redditività e autonomia finanziaria. La tendenza a investire delle grandi imprese nel settore è 2,8 volte superiore, con un indicatore pari a 7,8%, una quota che ulteriormente raddoppia guardando alle aziende molto grandi, fino al 14,1%. Per le aziende con fatturato superiore a 500 milioni, inoltre, la marginalità raggiunge il 9,1%, 1,7 punti percentuali superiore rispetto a quella delle piccole.
Un ulteriore aspetto da sottolineare è il ruolo chiave della filiera, per assicurare la ripresa dei consumi e quindi il rilancio dell’economia del Paese. Nel suo complesso, il settore agroalimentare ha generato nell’ultimo anno 214,1 miliardi di consumi da parte delle famiglie italiane, in calo del 10,8% rispetto al 2019, a causa della performance molto negativa dei consumi fuori casa, in contrazione del -36,5%.
I consumi rappresentano un indicatore importante del benessere individuale e della crescita economica di un Paese, in quanto componente essenziale della ricchezza nazionale (incidono per il 60% del Pil). In particolare, i consumi in beni alimentari spiegano il 23,5% dei consumi totali delle famiglie italiane nel 2020. Ecco perché senza far ripartire i consumi, alimentari e non, sarà difficile poter rilanciare l’economia.
Le sfide
A livello di format distributivi, il 2020 ha portato con sé una riscoperta dei piccoli negozi di prossimità, mettendo a segno una crescita a doppia cifra (+18,9%).
L’ecommerce è stato l’altro grande protagonista dell’ultimo anno e tra i comparti che hanno beneficiato di più di questa accelerazione vi è sicuramente il food (2,5 miliardi, in crescita del +56%). Nonostante l’impennata, la quota delle consegne online sul totale degli acquisti per la categoria è ancora molto bassa (1,7%).
Il settore agroalimentare ha davanti a sé numerose sfide da affrontare nei prossimi mesi ma dispone di tutte le risorse necessarie per trainare la ripresa del Paese, anche grazie all’occasione storica di poter beneficiare dei fondi europei e nazionali dedicati alla ripartenza.
Per individuare le priorità per il rilancio dell’agroalimentare, The European House-ambrosetti ha sottoposto una survey online a un campione di imprese che rappresentano il 14% del fatturato del settore (20 miliardi il fatturato complessivo). Sono sei i punti che emergono: favorire la sburocratizzazione come premessa per sbloccare gli investimenti e le opportunità nel settore; rafforzare la dimensione media delle aziende del settore food&beverage per incrementare la competitività a livello internazionale; sostenere la crescita del made in Italy attraverso la valorizzazione delle filiere nazionali e locali; combattere il fenomeno dell’«italian sounding» e promuovere le esportazioni delle eccellenze nazionali; adottare misure per il rilancio del comparto del fuori casa; costruire campagne di sensibilizzazione per i cittadini per promuovere stili di vita corretti grazie a una sana alimentazione e allo sport. *Managing partner ceo, The European House – Ambrosetti