Valute digitali e speculazione: servono educazione e trasparenza
Parlare di criptovalute mentre i mercati finanziari sono in piena turbolenza può sembrare eccentrico. Ma poche cifre possono dare la dimensione di un fenomeno da tenere d’occhio. E, al tempo stesso, far capire quanto si sia in territori ancora molto poco trasparenti. Le recenti crisi di Terra Luna (una stable coin, quelle valute digitali che dovrebbero avere delle riserve sottostanti), ma anche di Celsius (il più grande deposito di cripto al mondo) hanno iniziato a preoccupare non poco. L’intera capitalizzazione del settore è di circa 1.000 miliardi di dollari, solo a fine aprile era di 1.300. Quando esplose lo scandalo dei subprime che portò al fallimento di Lehman, quei mutui valevano attorno ai 1.300 miliardi di dollari. Come si vede cifre quasi analoghe. Ma, se si pensa che lo scorso autunno la capitalizzazione del mondo cripto era pari a 3 mila miliardi di dollari, e all’inizio dell’anno si superavano abbondantemente i 2 mila, si capisce quanto la volatilità sia la caratteristica principale di quelle che spesso vengono chiamate valute, ma altrettanto spesso sono in realtà delle commodity il cui valore dipende dalla domanda e dall’offerta. E in un mercato non semplice e dalla trasparenza relativa. Per di più ammantato da una sorta di ideologia della «finanza utopica» e decentralizzata dove le grandi istituzioni finanziarie non hanno diritto di cittadinanza. Cosa che ha attratto soprattutto i giovani. E non solo, visto che un recente sondaggio ha rivelato che il 14% degli italiani sarebbe pronto a investire in criptovalute. In un mondo cioè dove i regolatori sono stati finora alla finestra, salvo avvertire verbalmente i risparmiatori dell’opacità del sistema cripto. O annunciare possibili ingressi nel settore. L’innovazione deve sicuramente applicarsi anche al sistema finanziario. Ma ricordando che il primo bitcoin ebbe luce ormai 13 anni fa, è tempo che le istituzioni finanziarie ricordino che hanno un ruolo anche in termini di educazione dei risparmiatori, affinché non si ingenerino né false illusioni né tantomeno recriminazioni a posteriori.