I PIANI DI NICE CON FSI «CI APRIAMO PER CRESCERE PIÙ FORTI NELLE CASE USA»
Lauro Buoro, fondatore della multinazionale veneta di domotica, oltre 800 milioni di fatturato, racconta il progetto d’espansione internazionale dopo l’accordo con il fondo di Maurizio Tamagnini
Nice come bello, piacevole. Soprattutto Nice come Nizza, dove tutto è incominciato, anche se in realtà il Dna è veneto. Per la precisione di Oderzo, rive gauche del Piave, mezz’ora di auto da Treviso e quindi distretto del mobile, cultura della casa e dei suoi afferenti. Come serramenti, serrande e cancelli, anche elettrici.
Lauro Buoro, figlio di un muratore emigrato in Svizzera (dove è nato), ha fondato Nice nel 1993 cavalcando la crescita della domotica nelle costruzioni. Aveva trent’anni e i suoi primi trasmettitori elettronici per l’automazione dei cancelli e delle porte dei garage finirono in Costa Azzurra, a Nizza appunto.
Oggi, attraverso la Benice Holding, guida un agglomerato di 13 aziende e altrettanti centri R&D sparsi per il mondo che nel 2021 (ultimo esercizio disponibile per il bilancio consolidato) hanno sfiorato i 600 milioni di ricavi (ormai da rivedere al rialzo di altri 200 milioni per effetto dell’allargamento del perimetro societario) per un Ebitda del 16,5% e un utile di 48,8 milioni di euro. Una crescita sostenuta dall’ampliamento dei mercati internazionali, ma generata sostanzialmente da un radicale cambio di pelle che ha dirottato progressivamente il core business verso un’offerta completa di soluzioni connesse e integrate per applicazioni residenziali, commerciali e industriali che spazia dalla sicurezza all’illuminazione fino ai livelli più cutting edge di gestione da remoto degli ambienti.
Sfida stelle e strisce
E sono proprio le potenzialità ancora inespresse di questa traiettoria di sviluppo (nonché il suo ritmo, che nemmeno la parentesi pandemica ha rallentato) ad aver convinto il Fondo strategico italiano guidato dall’amministratore delegato Maurizio Tamagnini a entrare nella holding con una quota di 100 milioni di euro corrispondente a circa il 16 per cento del capitale sociale del gruppo veneto.
Sulla linea dell’orizzonte c’è innanzitutto la sfida americana, inaugurata nell’autunno 2021 con l’acquisizione per 285 milioni di dollari della Nortek Security & Control ma che ora va messa a terra integrando la nuova realtà nelle logiche di gruppo per ricercare la leva moltiplicatrice. «Questo accordo — ragiona Buoro — ci permetterà di effettuare ulteriori investimenti in mercati e tecnologie strategiche per la nostra crescita, migliorando così la qualità della vita delle persone e generando un impatto positivo sull’ambiente. Queste sono le direttrici di sviluppo in cui crediamo e in cui siamo pronti a impegnarci finanziariamente, sia internamente sia esternamente, come avvenuto negli ultimi anni con l’importante acquisizione negli Usa».
Ecco quindi la ratio dell’ultima operazione: la finanza al fianco del family business per sostenere il processo di internazionalizzazione e accelerare - da piano industriale - la svolta tecnologica che conduce al mercato effervescente (soprattutto dopo il Covid) della smart home, accreditandosi come fornitore di un ecosistema il più completo possibile di prodotti integrati per la casa e gli edifici. «Abbiamo investito in Nice — conferma lo stesso Tamagnini — perché è una azienda con presenza globale ed eccellenti tecnologie. È al centro di un trend di crescita molto importante come quello dell’automazione della casa, ed è guidata da un imprenditore lungimirante e dinamico che ha deciso di aprire il capitale mettendo la crescita dell’azienda come priorità. In noi Nice troverà un partner che metterà a disposizione carburante per la crescita, al fine di valorizzare gli investimenti fatti negli ultimi anni e continuare il consolidamento».
L’esperienza in Borsa
Per Nice, in verità, quella con Fsi non è la prima esperienza finanziaria: l’inizio del processo di crescita verticale attraverso l’apertura di filiali in Turchia, Australia, Portogallo, Sudafrica e Brasile è stato infatti sostenuto dalla sua quotazione a Piazza Affari, dal 2006 fino al delisting del 2018.
Sintetizza il cambiamento di pelle il Ceo di Nice, Roberto Griffa: «Da fast follower capaci di conquistare fette di mercato ma ancora dipendenti dalle soluzioni tecnologiche imposte dai leader di mercato, la Borsa ci ha trasformato in sfidanti dei big internazionali del settore. Oggi possediamo un portafoglio di prodotti in crescita e risorse per lo sviluppo di nuove soluzioni. Ci apriamo così a nuove opportunità di business con l’intelligenza artificiale e la digital personal health». Per la verità l’uscita di Nice dalle contrattazioni aveva fatto discutere per le critiche di Buoro nei confronti della politica economica dell’allora governo Lega-cinque Stelle, poco «appealing», secondo l’imprenditore, nei confronti degli investitori stranieri: «Gli investitori non credono nel Paese, ed è un problema per un’azienda come la nostra che esporta per il 95%. Non lo ritengono un luogo sicuro su cui investire». Ora, in quel di Oderzo, si volta pagina un’altra volta. Tanto che il rinnovato piano di apertura ai mercati internazionali basato sulle tecnologie responsive dell’ai ha già un suo primo esempio concreto: l’inaugurazione a Limeira, nello stato brasiliano di San Paolo, di un complesso industriale e di ricerca avanzata di 20 mila metri quadrati progettato dallo studio Mario Cucinella Architects. Un investimento di 20 milioni di euro per il lancio dei nuovi prodotti domotici 4.0 di Nice oltreoceano.
«L’intesa ci permetterà di effettuare ulteriori investimenti in mercati e tecnologie strategiche e a impatto positivo»