IL DISCOUNT TEDESCO SI BATTE PER IL CARRELLO TRICOLORE
A una settimana dal lancio, il presidente di Lidl Italia, Massimiliano Silvestri, promuove l’operazione: c’è bisogno di sostenere i consumi. L’incontro con Urso: da noi mille assunzioni l’anno. Ed esportiamo 2,3 miliardi di prodotti agroalimentari
Con 730 punti di vendita, 22 mila dipendenti e 6,8 miliardi di fatturato Lidl Italia è diventato un protagonista di primo piano della grande distribuzione nazionale. E in quest’ottica sta partecipando attivamente all’operazione Carrello Tricolore, il trimestre anti-inflazione (ottobre-dicembre) lanciato dal governo Meloni in accordo con le associazioni del settore e appoggiato da una lettera di intenti delle industrie produttrici. Al presidente di Lidl Italia, Massimiliano Silvestri, abbiamo chiesto un giudizio sull’operazione, cosa intende fare prossimamente Lidl in Italia e se è vero che l’affermazione dei discount è una sorta di attentato all’identità alimentare dei nostri connazionali.
Come giudica l’accordo con il governo per il Carrello Tricolore?
«Penso che sia un messaggio positivo della grande distribuzione italiana nei confronti dei consumatori. In un momento particolare nel quale c’è obiettivamente bisogno di sostenere i consumi. Lidl fa parte di una delle associazioni firmatarie, Federdistribuzione e ci siamo mossi di conseguenza. Il carrello tricolore per noi si lega temporalmente alla “Carta dedicata a te”, iniziativa sulla quale avevamo creduto al punto da aggiungere un 15% di sconto sui singoli prodotti. Complessivamente per Lidl è stato un investimento di 2 milioni di euro, non poco dunque. È la dimostrazione di quanto crediamo nella responsabilità sociale».
Si può fare un bilancio della prima settimana del Carrello Tricolore? E voi cosa farete concretamente?
«È prematuro, qualsiasi numero le dicessi sarebbe approssimativo. Noi proporremo ai consumatori un paniere a 20 euro con pane, latte, uova, zucchero e farina. E terremo fissi per tre mesi i prezzi di 300 articoli che abbiamo ribassato nei mesi scorsi a seguito del calo del costo delle materie prime».
Gli articoli di cui sta parlando sono tutti a marchio vostro?
«L’80% dei prodotti che vendiamo sono a marchio nostro e la differenza di prezzo rispetto a un prodotto premium è circa del 50 per cento. Tenga presente che la marca del distributore è cresciuta non solo nei discount ma in tutta la grande distribuzione, arrivando a una quota del 30 per cento».
Finito il trimestre anti-inflazione cosa succederà? Un liberi tutti?
«Non credo, il nostro impegno a tenere i prezzi bassi è partito prima del trimestre e continuerà anche dopo. La responsabilità sociale non è a tempo, offriremo comunque il miglior rapporto possibile qualità/prezzo».
Come giudica il comportamento dell’industria di marca che si è limitata a sottoscrivere una lettera di intenti?
«Mi sarei aspettato di più, una maggiore collaborazione dall’industria, sarebbe stato importante che avesse fatto squadra con il governo e la grande distribuzione. Non ho visto un approccio costruttivo a valle di un anno turbolento come quello che abbiamo passato». Che importanza ha il mercato italiano per Lidl? il quinto mercato per fatturato. Esportiamo dall’italia nel nostro network internazionale 2,3 miliardi di prodotti agro-alimentari e il 10% dell’ortofrutta made in Italy che va all’estero passa da noi».
Ma quanto importate dalla Germania?
«Le dico che il saldo commerciale è sproporzionatamente a favore dell’italia».
Come sono andati i primi 9 nove mesi del 2023?
«Sono stati mesi complicati e i nostri risultati sono in linea con il mercato della grande distribuzione in Italia. In valore +7-7,5% e in volumi attorno allo zero. Ci sono stati molti cambiamenti nelle scelte dei consumatori: dalla carne rossa sono andati verso la bianca, il pesce è calato, mentre nell’ultimo trimestre c’è stato un incremento di frutta e verdura».
Si dice che l’hard discount di una volta non esista più e che anche i punti vendita siano stati profondamente rinnovati…
«Abbiamo investito 400 milioni per migliorare la rete commerciale. Da superfici di 800-900 metri quadri siamo passati a 1.200. Abbiamo investito su uno stile architettonico moderno e abbiamo puntato sull’italianità. Puntiamo ad essere un supermercato con il cuore discount. E del resto il fatto che i discount siano arrivati complessivamente al 23% di quota di mercato in Italia dimostra l’apprezzamento dei clienti verso i cambiamenti di cui le parlo».
È mutato anche il tipo di consumatore che viene nei vostri punti vendita?
«Il consumatore ha percepito le nostre intenzioni e oggi da noi viene la famiglia media italiana, siamo saliti verso l’alto. Chi era scettico si è avvicinato. Del resto ci sono primarie industrie che lavorano per il nostro private label e a Milano, per fare un esempio, ci siamo posizionati in strade di facile accesso e di grande visibilità. Il resto l’ha fatto l’innovazione».
Che vuol dire in concreto innovazione per un discount?
«Carta fedeltà, articoli proteici e bio, niente lattosio, tanto gluten free. Abbiamo reso democratico il nostro assortimento. E abbiamo anche creato i sac«siamo chetti anti-spreco a 3 euro con la frutta non più perfetta».
Lei ha incontrato di recente il ministro Urso. Che cosa vi siete detti?
«Ho raccontato al ministro il nostro ruolo nell’economia italiana. E cosa apportiamo. Creiamo mille posti di lavoro l’anno, sosteniamo le Pmi e i nostri dipendenti sono per l’84% a tempo indeterminato. Oltre il contributo all’export di cui ho già detto».
Il governo italiano però spesso è polemico con le multinazionali, le mette nel mirino e nel contempo ha un rapporto complicato con i nostri maggiori partner, tra cui la Germania. Queste oscillazioni non vi generano timori?
«Non faccio il politico, gestisco un’azienda. E per me contano i fatti: non respiro un clima avverso alle multinazionali. Noi crediamo in questo Paese e reinvestiamo qui gli utili».
Però avete sospeso la sponsorship con la Nazionale di calcio italiana.
«Dopo un lungo periodo di collaborazione con la Figc, otto anni, abbiamo scelto di comune accordo di non rinnovare il contratto».
Per far crescere i consumi bisogna anche sostenere il reddito dei lavoratori. Che posizione avete nei confronti del contratto del commercio?
«In Federdistribuzione sosteniamo che sia giusto adeguare gli stipendi dei nostri collaboratori. Più reddito, più consumi e Lidl farà la sua parte. La formula giusta è un mix tra taglio del cuneo fiscale e aumenti retributivi».
L’ultimo Rapporto Coop sui consumi degli italiani sosteneva che il rafforzamento dei discount sul mercato crea un problema di identità alimentare del Paese, colpisce al cuore la dieta mediterranea.
All’industria è mancato un approccio costruttivo Mi sarei aspettato una maggiore collaborazione, sarebbe stato importante fare squadra
«L’80% dei nostri prodotti viene da aziende italiane. Collaboriamo con Coldiretti e Gambero Rosso. Non abbia alcun timore che la crescita della quota discount vada a discapito della dieta mediterranea. Al contrario.