IL VOTO MAGGIORATO VA POI LA LEGGE DRAGHI
Arriva a destinazione il «cantiere Borsa» con le novità sui diritti in assemblea. Non passa il superpremio per le liste minoranza E ora si apre la partita sul Testo unico della finanza
«Tutti hanno parlato della lista del cda, ma il tema più importante è quello del voto maggiorato, se vogliamo che le società non se ne vadano in Olanda». Così uno dei relatori del disegno di legge Capitali, Fausto Orsomarso, ha lamentato il divario di attenzione per i due punti cardine del provvedimento volto ad aumentare la competitività della Borsa italiana.
Per mesi, in effetti, si è discusso della disciplina della lista del consiglio di amministrazione, che a ben vedere riguarda 15 società presenti a Piazza Affari, benché di peso come Mediobanca, Generali e Unicredit. Minor dibattito ha invece suscitato la moltiplicazione dei diritti di voto in assemblea per gli azionisti leali nel tempo. Un istituto che interessa potenzialmente tutte le aziende che sono quotate a Milano o che vorrebbero approdarvi. E soprattutto che è fra le ragioni addotte dai 10 gruppi italiani che nell’ultimo decennio hanno trasferito la loro sede legale nei Paesi Bassi.
Maggioranze solide
Ebbene, fra gli emendamenti al voto domani, martedì 10, in Commissione Finanze al Senato ve ne sono tre che, con formulazioni molto simili, puntano a rafforzare il voto maggiorato. I firmatari appartengono a Lega, Pd e Fratelli d’italia, dal che si può desumere che la riforma gode di sostegno trasversale in Parlamento e ha dunque ottime chance di essere approvata in Parlamento.
A quel punto, i soci potranno esprimere due preferenze per ogni azione posseduta per oltre due anni. E ambire a una maggiorazione di un voto per ogni ulteriore anno di detenzione fino a un massimo di 10. Il potenziamento non sarà previsto in automatico per legge, ma andrà inserito negli statuti delle società quotate garantendo il diritto di recesso agli azionisti dissenzienti, a tutela degli investitori di minoranza.
Il voto maggiorato contraddice al principio di democrazia societaria, «un’azione, un voto», ma è ormai previsto in molti Paesi — Stati Uniti, Svezia, Olanda — che negli ultimi anni hanno registrato un certo dinamismo nelle quotazioni. L’istituto risponde infatti a un’esigenza avvertita in tutto il mondo dagli imprenditori: quella di poter procedere a grandi acquisizioni e fusioni senza perdere il controllo
La norma è attesa da diversi gruppi italiani, quotati e non La spinta su operazioni di finanza straordinaria
della propria azienda. È pur vero che nessuno dei gruppi italiani migrati ad Amsterdam ha sinora effettuato operazioni di dimensioni così rilevanti, sicché sorge il dubbio che alcuni trasferimenti in Olanda siano dovuti anzitutto a motivi fiscali.
L’introduzione del voto maggiorato in Italia toglierebbe ogni alibi e potrebbe scongiurare nuove fuoriuscite dalla Borsa e incoraggiare nuove matricole.
Il cammino del Ddl Capitali in Parlamento è infatti seguito con grande attenzione da diversi gruppi con sede in Italia, quotati e non (ancora). Fra gli investitori internazionali ha invece tenuto banco soprattutto il dibattito riguardo alla disciplina della lista del cda, quella presentata dal consiglio di amministrazione uscente per il proprio rinnovo. Dopo una lunga serie di emendamenti e subemendamenti, la quadra fra governo e Parlamento è stata trovata su un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 3%. A partire dal 2025, la lista del cda dovrà essere approvata dai due terzi del cda e otterrà un numero di posti proporzionale alle preferenze in assemblea. A differenza di precedenti versioni, non è quindi più previsto il superpremio per le liste di minoranza, che assegnava loro in ogni caso il 49% del consiglio con effetti dirompenti sugli equilibri di molte società, non solo di Generali.
Questo impianto, frutto di un faticoso compromesso, dovrebbe sopravvivere anche alla delega per la riforma del Testo Unico della Finanza, chiesta dal governo con un altro emendamento al Ddl Capitali. La proposta dovrebbe essere votata al più tardi giovedì e, se approvata, darà potere all’esecutivo di riscrivere per decreto delegato la cosiddetta Legge Draghi. L’obiettivo dichiarato è «favorire l’accesso delle imprese al capitale di rischio, intervenendo su materie cruciali quali «la semplificazione delle regole di governance, l’aggiornamento delle normative su quotazioni e offerte pubbliche di acquisto (Opa), la modifica delle disposizioni in materia di investimento privato.