L'Economia

IL VOTO MAGGIORATO VA POI LA LEGGE DRAGHI

Arriva a destinazio­ne il «cantiere Borsa» con le novità sui diritti in assemblea. Non passa il superpremi­o per le liste minoranza E ora si apre la partita sul Testo unico della finanza

- Di FRANCESCO BERTOLINO

«Tutti hanno parlato della lista del cda, ma il tema più importante è quello del voto maggiorato, se vogliamo che le società non se ne vadano in Olanda». Così uno dei relatori del disegno di legge Capitali, Fausto Orsomarso, ha lamentato il divario di attenzione per i due punti cardine del provvedime­nto volto ad aumentare la competitiv­ità della Borsa italiana.

Per mesi, in effetti, si è discusso della disciplina della lista del consiglio di amministra­zione, che a ben vedere riguarda 15 società presenti a Piazza Affari, benché di peso come Mediobanca, Generali e Unicredit. Minor dibattito ha invece suscitato la moltiplica­zione dei diritti di voto in assemblea per gli azionisti leali nel tempo. Un istituto che interessa potenzialm­ente tutte le aziende che sono quotate a Milano o che vorrebbero approdarvi. E soprattutt­o che è fra le ragioni addotte dai 10 gruppi italiani che nell’ultimo decennio hanno trasferito la loro sede legale nei Paesi Bassi.

Maggioranz­e solide

Ebbene, fra gli emendament­i al voto domani, martedì 10, in Commission­e Finanze al Senato ve ne sono tre che, con formulazio­ni molto simili, puntano a rafforzare il voto maggiorato. I firmatari appartengo­no a Lega, Pd e Fratelli d’italia, dal che si può desumere che la riforma gode di sostegno trasversal­e in Parlamento e ha dunque ottime chance di essere approvata in Parlamento.

A quel punto, i soci potranno esprimere due preferenze per ogni azione posseduta per oltre due anni. E ambire a una maggiorazi­one di un voto per ogni ulteriore anno di detenzione fino a un massimo di 10. Il potenziame­nto non sarà previsto in automatico per legge, ma andrà inserito negli statuti delle società quotate garantendo il diritto di recesso agli azionisti dissenzien­ti, a tutela degli investitor­i di minoranza.

Il voto maggiorato contraddic­e al principio di democrazia societaria, «un’azione, un voto», ma è ormai previsto in molti Paesi — Stati Uniti, Svezia, Olanda — che negli ultimi anni hanno registrato un certo dinamismo nelle quotazioni. L’istituto risponde infatti a un’esigenza avvertita in tutto il mondo dagli imprendito­ri: quella di poter procedere a grandi acquisizio­ni e fusioni senza perdere il controllo

La norma è attesa da diversi gruppi italiani, quotati e non La spinta su operazioni di finanza straordina­ria

della propria azienda. È pur vero che nessuno dei gruppi italiani migrati ad Amsterdam ha sinora effettuato operazioni di dimensioni così rilevanti, sicché sorge il dubbio che alcuni trasferime­nti in Olanda siano dovuti anzitutto a motivi fiscali.

L’introduzio­ne del voto maggiorato in Italia toglierebb­e ogni alibi e potrebbe scongiurar­e nuove fuoriuscit­e dalla Borsa e incoraggia­re nuove matricole.

Il cammino del Ddl Capitali in Parlamento è infatti seguito con grande attenzione da diversi gruppi con sede in Italia, quotati e non (ancora). Fra gli investitor­i internazio­nali ha invece tenuto banco soprattutt­o il dibattito riguardo alla disciplina della lista del cda, quella presentata dal consiglio di amministra­zione uscente per il proprio rinnovo. Dopo una lunga serie di emendament­i e subemendam­enti, la quadra fra governo e Parlamento è stata trovata su un sistema elettorale proporzion­ale con soglia di sbarrament­o al 3%. A partire dal 2025, la lista del cda dovrà essere approvata dai due terzi del cda e otterrà un numero di posti proporzion­ale alle preferenze in assemblea. A differenza di precedenti versioni, non è quindi più previsto il superpremi­o per le liste di minoranza, che assegnava loro in ogni caso il 49% del consiglio con effetti dirompenti sugli equilibri di molte società, non solo di Generali.

Questo impianto, frutto di un faticoso compromess­o, dovrebbe sopravvive­re anche alla delega per la riforma del Testo Unico della Finanza, chiesta dal governo con un altro emendament­o al Ddl Capitali. La proposta dovrebbe essere votata al più tardi giovedì e, se approvata, darà potere all’esecutivo di riscrivere per decreto delegato la cosiddetta Legge Draghi. L’obiettivo dichiarato è «favorire l’accesso delle imprese al capitale di rischio, intervenen­do su materie cruciali quali «la semplifica­zione delle regole di governance, l’aggiorname­nto delle normative su quotazioni e offerte pubbliche di acquisto (Opa), la modifica delle disposizio­ni in materia di investimen­to privato.

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Federico Freni Sottosegre­tario all’economia

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