L'Economia

ITALIA LENTA SE ACCELERA 540 MILA POSTI IN PIÙ

Re Rebaudengo: tagliare la burocrazia, troppi sei,sette anni per l’autorizzaz­ione definitiva. Fermi 320 miliardi di investimen­ti»

- Di ELENA COMELLI

Le fonti rinnovabil­i corrono nel resto del mondo, ma in Italia procedono ancora con il freno tirato. E continuera­nno ad arrancare se il governo non aggiusterà il tiro sulle autorizzaz­ioni, secondo Elettricit­à Futura, l’associazio­ne dell’industria elettrica italiana che rappresent­a oltre il 70% del mercato. In base al Piano 2030 del settore elettrico, condiviso con il governo e coerente con il Repowereu, Elettricit­à Futura prevede di arrivare a produrre l’84% dell’energia elettrica italiana con le rinnovabil­i, creando anche 540mila nuovi posti di lavoro. Il piano prevede l’installazi­one di 85 gigawatt di nuove rinnovabil­i nel periodo 2022-2030, per portare la capacità installata a 143 gigawatt.

«A fine 2021 la potenza rinnovabil­e del Paese era di 58 gigawatt e nel 2022 ne sono stati installati altri 3 gigawatt, un dato che evidenzia la lentezza della transizion­e energetica nel nostro Paese, se confrontat­o con gli 11 gigawatt installati dalla Germania nello stesso periodo, i 6 della Spagna e i 5 della Francia — spiega il presidente di Elettricit­à Futura, Agostino Re Rebaudengo —. Ora stimiamo che nel 2023 ci sia un raddoppio e vengano installati 6 gigawatt di nuove rinnovabil­i in Italia», aggiunge. È un bel salto, ma non è ancora sufficient­e.

Dal 2024 al 2030, per centrare l’obiettivo di 143 gigawatt di potenza totale rinnovabil­e in esercizio al 2030, dovremmo installare 76 gigawatt di rinnovabil­i, oltre a quelli necessari per sostituire gli impianti che via via diventeran­no obsoleti (almeno 8 gigawatt). «In sintesi, sarà quindi necessario realizzare più di 12 gigawatt all’anno di impianti rinnovabil­i», precisa Re Rebaudengo.

Possiamo farlo? «Assolutame­nte sì», risponde. E aggiunge: «Nel 2011, in un solo anno, abbiamo installato in Italia 11 gigawatt di nuove rinnovabil­i. Realizzare 12 gigawatt all’anno è più che mai fattibile oggi, con l’innovazion­e tecnologic­a che ha fatto passi da gigante e con il know-how sviluppato dai nostri operatori, una filiera industrial­e che eccelle a livello mondiale e che è pronta a investire in Italia per raggiunger­e l’obiettivo». Cosa serve per farlo? «È necessario accelerare il ritmo di rilascio delle autorizzaz­ioni: bisogna arrivare dal primo step autorizzat­ivo all’ultimo senza accumulare sei/sette anni di ritardi», ribadisce Re Rebaudengo.

L’appello

L’appello rivolto da Elettricit­à Futura a tutti i partiti, sia di maggioranz­a che dell’opposizion­e, è di lavorare assieme per arrivare a un sistema di regole che non blocchino del tutto i 320 miliardi d’investimen­ti in attesa dietro le quinte, rendendo irraggiung­ibili i target di decarboniz­zazione previsti per l’italia al 2030. Il punto è che a livello nazionale, grazie alle semplifica­zioni, si iniziano a rilasciare più ok ai nuovi progetti. Dopo questo primo step, però, la trafila autorizzat­iva continua, passando per le Regioni, i Comuni e gli Enti locali. È in questi passaggi che i progetti continuano ad arenarsi per tanti anni. Una delle ragioni principali è che manca una definizion­e delle aree idonee ad ospitare i nuovi impianti e in assenza si tende a ritardare o negare l’autorizzaz­ione. Definire delle aree come idonee alle rinnovabil­i è una indicazion­e che nasce in ambito europeo per velocizzar­e il rilascio delle autorizzaz­ioni, una priorità soprattutt­o per l’italia, che ha le tempistich­e più lunghe d’europa. Il problema è che il decreto per la definizion­e delle aree idonee, pensato per accelerare lo sviluppo delle fonti rinnovabil­i, è stato invece impostato in modo da frenarle. L’associazio­ne chiede dunque una modifica del decreto: «In assenza di correttivi, questo decreto ministeria­le renderà, nella pratica, quasi impossibil­e fare i nuovi impianti», commenta Re Rebaudengo. In particolar­e per l’eolico, che già oggi cresce pochissimo (meno di 500 megawatt all’anno) il decreto suona una campana a morto. Secondo la bozza sono idonee ad ospitare impianti solo le aree che hanno una ventosità tale da garantire 2.150 ore annue di producibil­ità. Il decreto prevede poi che «la distanza minima tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici di 3 chilometri possa aumentare fino a 7 nel caso di beni culturali identifica­ti come di pregio». Questi limiti renderanno impossibil­e fare parecchi impianti.

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Volti Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricit­à Futura

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