Emergenti, una scommessa sul risveglio di Cina Co.
Il 2023 dei mercati azionari ha sorpreso al rialzo molti investitori, almeno fin qui: a fronte di aspettative poco incoraggianti, le borse globali hanno guadagnato l’8% in 9 mesi, al netto della recente correzione. In controtendenza si sono mossi, invece, i listini emergenti: dalla prima seduta dell’anno, le performance sono negative (-3%), schiacciate, ancora una volta, dall’andamento negativo del Dragone (Msci China, -12%).
La Cina, del resto, vale un terzo del paniere principale rappresentativo dei mercati in via di sviluppo. «Pechino rappresenta un grande punto interrogativo per il prossimo anno», premette Manuel Pozzi, direttore investimenti di M&G. Lo stato di salute del mercato immobiliare e quello del sistema bancario ombra continuano a destare preoccupazioni. «Ma in termini valutativi i mercati emergenti scambiano a multipli di 10/12 volte gli utili, sotto le medie storiche», sottolinea Pozzi.
Le proiezioni di Robeco sui rendimenti attesi a cinque anni si collocano sopra il 7% su base annua, per le azioni dei Paesi emergenti. «Ci aspettiamo una rivalutazione di questa classe di attivo, per effetto del ciclo di allentamento monetario che avverrà prima nei Paesi in via di sviluppo rispetto alle economie più mature — dice Peter van der Welle, strategist multi asset di Robeco —. Un esempio tipico è il Brasile: l’inflazione è sotto controllo, ci sono le condizioni per una riduzione dei tassi d’interesse». Un’ipotesi che appare ancora lontana sulle due sponde dell’oceano Atlantico, dove la maggior parte degli analisti propende per uno scenario di tassi alti più a lungo. «A sua volta, anche un dollaro più debole, a tendere, dovrebbe giocare a favore di chi sceglie le Nuove Economie: ogni volta che il biglietto verde si deprezza, i mercati emergenti tipicamente sovraperformano — ricorda van der Welle —. Ci sono opportunità in America Latina, ma anche in Europa dell’est, per esempio la Polonia o anche la Turchia».